Ci risiamo. Per ogni passo in avanti fatto nella lotta al femminicidio arriva una sentenza che ci riporta al punto di partenza. Ad una concezione della donna e del suo ruolo di altri tempi e alle prerogative inalienabili dell’uomo che può disporne come vuole.
Perché sentire ancora parlare di “delirio di gelosia” in una sentenza nel 2020 in Italia non può non scuotere le coscienze e lanciare un campanello di allarme.
Antonio Gozzini, un 80enne di Brescia che uccise la moglie Cristina Maioli a coltellate il 4 ottobre 2019, è stato assolto per incapacità di intendere e volere in preda, appunto, ad un “delirio di gelosia”.
A spiegare il presunto movente è stato il consulente di parte nominato dal difensore, l’avvocato Jacopo Barzellotti. Gozzini avrebbe “tenuto per sé questa parte dolorosa della vicenda, per non mettere in cattiva luce la moglie, ma ha poi sviscerato i comportamenti non consoni“.
Comportamenti inaccettabili, come andare a mangiare una pizza coi colleghi o prendere un caffè con un’amica.
Proprio la folle reazione a questi episodi ritenuti normali è alla base della motivazione della sentenza di assoluzione, in quanto “stava delirando”.
“Non doveva farmi questo, io l’amavo. Ho cambiato la mia vita per lei” avrebbe detto Gozzini agli inquirenti, che ha poi affermato di non aver avuto alternative.
Farà discutere la sentenza di assoluzione della Corte d’Assise di Brescia a carico di Antonio Gozzini, che uccise la moglie il 4 ottobre 2019
«Siamo soddisfatti perché la sentenza, l’unica possibile all’esito del contraddittorio, rispecchia quanto emerso nel dibattimento e cioè che il mio assistito non era capace di intendere e volere», le dichiarazioni della difesa. Gozzini sarà temporaneamente collocato una struttura sanitaria per autori di reato affetti da disturbi mentali e ritenuti socialmente pericolosi.
A poco allora servono le iniziative a favore di telecamera, con i calciatori pitturati di rosso in difesa delle donne e gli spot “progresso” che servono principalmente agli sponsor per fare bella figura. I veri progressi sociali passano necessariamente dalle aule di tribunale e dalle piazze. E fino a quando ci saranno questo tipo di sentenze bisognerà scendere, ancora una volta, in strada a protestare. O perlomeno riuscire a non perdere la capacità di indignarsi.
Valerio Altieri