E se Babbo Natale fosse gay? La risposta è “perché no?!”. Due settimane fa Posten, l’equivalente delle Poste Italiane norvegese, ha pubblicato un corto dal titolo: When Harry met Santa. Il corto, ben confezionato e molto natalizio, racconta la storia, anche un po’ travagliata possiamo dirlo, tra Harry e Santa, appunto Babbo Natale.

Una storia romantica, per intenderci meglio. Perché lo scopo di Posten non era solo quello di creare uno spot a tema natalizio, ma anche quello di ricordare un traguardo significativo per la comunità LGBTQIA norvegese: mezzo secolo da quando l’omosessualità è stata depenalizzata.

Babbo Natale: tra tradizione e rappresentatività

Si avvicina il Natale e fioccano, come la prima neve, spot pubblicitari natalizi, i Babbi Natale si moltiplicano sui canali social e nei media tradizionali. Una ghirlanda lì, un festone di qua. Semplicemente il Natale, ovvero quel lungo periodo (quasi due mesi e mezzo) nel quale l’immaginario festoso e natalizio assume il controllo di ogni piattaforma. Sì, perché lo vediamo ovunque quell’uomo barbuto, su ogni scatola di cioccolatini e in ogni piazza italiana. Babbo Natale è diventato il simbolo di questa festa, molto più della sua controparte cristiana, ma questo non sembra essere un problema per i cristiani.

Una lunga tradizione, che si perde nella storia di molti Paesi occidentali e orientali. Un vero e proprio archetipo quella della figura che porta i doni, presente in moltissime culture. Babbo Natale, che per molti è sposato con Mamma Natale, non ha mai davvero avuto un orientamento sessuale. È una figura sulla quale si sono scritti numerosi film e anche molti libri per bambini. In pratica, si può dire tutto, scrivere di tutto, rappresentarlo in qualsiasi modo. Tranne gay, disabile o con un tutù (che per molti è come dire “gay”).

Lo spot natalizio per ricordare la strada dei diritti

Non sono molti i Paesi che possono vantare di aver raggiunto gli stessi obiettivi della Norvegia per quanto riguarda il riconoscimento dei diritti alle persone LGBTQIA. Facciamo una breve, ma decisamente più lunga di quella italiana, lista dei diritti civili riconosciuti in Norvegia.

  • L’omosessualità è legalizzata dal 1972;
  • Gli omosessuali possono servire apertamente nelle Forze Armate dal 1979;
  • Viene approvata la legge contro l’omofobia nel 1981;
  • Vengono legalizzare le unioni civili il 30 aprile 1993;
  • Il 1° gennaio del 2009 le coppie omosessuali ottengono il riconoscimento al diritto di matrimonio (in chiesa), di adozione e fecondazione assistita.

La strada percorsa dalla Norvegia è quella del riconoscimento dei diritti civili, specchio di una società favorevole e aperta. In questo scenario, molto diverso da quello italiano, lo spot natalizio di Posten non ha creato scandali, ma al contrario ha commosso ed è stato apprezzato per quello che è: un esempio, anche un po’ sdolcinato, di un amore non solo omosessuale, ma anche rappresentativo della terza età.

Ecco lo spot di Posten:

When Harry met Santa – Youtube: Posten

Babbo Natale gay in Norvegia, ma lo scandalo è tutto italiano e cristiano

Potevano mancare le critiche italiane di uno spot norvegese? Potevano, ma non è andata così. Infatti mentre una parte di mondo continua a percorrere la strada dei diritti, in Italia siamo ancora impantanati nell’idea che delle presunte “lobby gay” vogliamo arcobalenizzare il mondo intero.

C’è chi lo definisce “discutibile”, ma probabilmente non avrebbe detto la stessa cosa se ci fosse stata una cinquantenne ad aspettare ogni anno Babbo Natale; chi aspetta con trepidazione (ironica purtroppo) una rilettura della befana in chiave lesbica e chi invece grida allo scandalo. La domanda urlata è sempre la stessa: “Chi ci pensa ai bambini?!”.

Tra questi, è un’esponente di Popolo della Famiglia a scrivere uno dei commenti più ricolmo di inesattezze. La consigliera scrive che lo spot (NdR. norvegese) è un crimine per “sabotare la mente dei bambini e stuprare la loro anima“, come riporta la Stampa. Presto salta a delle conclusioni particolari. Viene, per esempio, dato per scontato che un bambino italiano arrivi a vedere uno spot delle poste norvegesi o che abbia un’anima, cioè che sia cristiano e che creda nel concetto dell’anima.

Il commento continua parlando di “imposizione dell’ideologia gender” voluta da élite come ONU e UE. E ancora: “Dobbiamo proteggere i bambini e trasmettere loro la fede, unico antidoto a questo veleno satanico

L’incoerenza è dura da comprendere quando si è da una parte specifica della barricata, ma la conclusione ne è un esempio. Infatti si fa riferimento al bisogno di pregare, ma soprattutto di “convertire a Cristo” per sconfiggere il demonio. Convertire, sì.

Perché parole brutali provengono da un ambiente che professa amore? Non sorprende allora leggere i dati sulla religione in Norvegia, il cui orientamento è luterano, la presenza di cattolici ridotta principalmente agli stranieri e, nella realtà dei fatti, solo il 5% è praticante. Da una parte inni contro il demonio, dall’altra solo lo spot per ricordare il traguardo raggiunto dai diritti civili.

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Articolo di Giorgia Bonamoneta.