Barbara Gallavotti: le audaci dichiarazioni della biologa sulla genitorialità

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Di Maria Paola Pizzonia

La biologa Barbara Gallavotti si sbilancia nella difesa della causa LGBT. E lo fa con quel piglio provocatorio che lascia di stucco tutti. Le dichiarazioni sulla famiglia e sulla sua costruzione tradizionale della professionista sono molto prorompenti, a tratti quasi inaccettabili. Si potrebbe dire, se si volesse essere in malafede, che stia goffamente tentando di plasmare la scienza a convenienza dell’agenda Lgbt. Agenda a cui è palesemente affezionata, come vedremo.

Le pesanti dichiarazioni su La7

La polemica nasce ieri sera, precisamente durante il DiMartedì, programma su La7 condotto da Floris. Si discute di un argomento molto in voga e che sta caratterizzando un cambio di società verso una ancora maggiore tendenza al progressismo: l’omogenitorialità negli esseri umani.

Barbara Gallavotti inizia parlando di ruoli genitoriali diversificati nelle varie specie animali, ed è qui che pronuncerà una frase molto controversa, le cui conseguenze dovrà certamente affrontare.

«Ogni specie si organizza secondo ciò che le ha consentito l’evoluzione, per esempio il cavalluccio marino accoglie nel ventre duemila uova fecondate dalla femmina e poi le partorisce. Il ruolo tipicamente materno in certe specie è svolto dai maschi».

Baqrbara Gallavotti

Intendendo che ogni specie animale alleva la propria prole secondo specifiche modalità, accordando e diversificando i ruoli all’interno della coppia genitoriale. La premessa, per quanto articolata in un bizzarro paragone, non ha nulla di cui polemizzare. Ma andiamo avanti.

L’eccezione umana: la tesi della Gallavotti sulla genitorialità

La dichiarazione più controversa sarebbe quella secondo cui esisterebbero ruoli genitoriali (anche legati al genere) che sono sviluppati in natura e che sono validi tutte le specie.

Tutte… tranne quella umana. In questo caso la Gallavotti parla d’altro: non più di natura ma di cultura, per la precisione.

«Qual è nella nostra specie, il ruolo del maschio e il ruolo della femmina? Non è definito per natura ma dalla cultura».

Barbara Gallavotti

Molte sono state le polemiche per questa dichiarazione. Tuttavia, per quanto possa sembrare poco ortodossa e per quanto la scelta del paragone sia un po’ infelice, dovremmo analizzarne i contenuti profondi per scoprirne la legittimità.

Barbara Gallavotti: scienza al servizio dell’ideologia? 

Le dichiarazioni continuano. Le analisi della Gallavotti sono, per quanto potrebbero sembrare difficili da digerire, legate da una logica analisi di tipo sociologico. Cosa possiamo trarre?

Non è più tempo di negare che la definizione dei ruoli di genere limita la molteplicità e la variabilità delle inclinazioni e dei temperamenti individuali. Sulla base di tali ruoli non sono più considerati socialmente leciti tutti i comportamenti. Sulla base di tali considerazioni si orientano gli studi del sociologo tedesco Schelsky. Possiamo evincere da dottrina sociologica, quindi, che l’agire sociale determinato dai ruoli di genere produce tensioni culturali. Tali elementi di cultura possono essere trasformati in senso socialmente produttivo.

Ancora è molto presto per trarre conclusioni: in che modo operi in concreto questo duplice effetto di modifica sociale e quali siano le sue conseguenze specifiche sui detentori dei rispettivi ruoli, è un problema aperto che va indagato sul terreno empirico.

«Sono stati fatti studi su bambini diventati adulti e cresciuti da genitori dello stesso sesso e non si è vista alcuna differenza nel loro sviluppo rispetto a bambini cresciuti da famiglie composte da madre e padre. Non esiste quindi ruolo maschile e femminile in biologia, è solo culturale».

Barbara Gallavotti

Articolo di Maria Paola Pizzonia

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