Barbie, la bambola che ha fatto la fortuna della Mattel, debuttava 59 anni fa alla fiera del giocattolo. Un investimento azzardato, evolutosi in una fonte di guadagno sicura, che non ha mai deluso le generazioni di tutto il mondo.

 

Di qualsiasi pasta tu sia fatta, da tiratrice eccelsa di caccole con la cerbottana a campionessa di precisione di smalto su unghie, avrai ricevuto una Barbie, almeno una volta sola nella vita per puro caso fortuito. La suddetta, in una delle migliaia di versioni in cui è comparsa, sarà arrivata a destinazione diventando una co-abitante della tua stanza. Volente o nolente. Lei, perfetta nella sua linea, con un’espressione ascetica sul volto e un’accettazione masochistica alla sofferenza, data dal tacco di 15 cm di cui è quasi sempre stata provvista, ti osservava dignitosamente dall’alto della mensola su cui veniva riposta. 

 

Barbie nacque da un’idea pungolante il senso critico di Ruth Handler: moglie di Elliot Handler, uno dei fondatori della casa di giocattoli Mattel. In un settore di bambole pullulante neonati, di cui Ciccio Bello ne è il più longevo esponente, mancavano delle donne in miniatura che potessero solleticare in una bambina esigenze di gioco diverse dal classico istinto materno da seguire. 

 

Fu la piccola Barbara, figlia dei coniugi, a rendere evidente una possibile realtà fino a quel momento trascurata. La sua tendenza a conferire ruoli da “adulti” alle bambole di carta che animava, nella dimensione ludica che si ritagliava, spinsero Ruth a proporre questa idea allo scettico marito. 

 

 

Fu così che la signora Handler, in collaborazione con l’ingegnere Jack Ryan, concepì la prima Barbie, a cui fu dato il nome della sua bambina. Il giorno del battesimo fu proprio il 9 marzo del 1959: vestita di un costume zebrato e la coda di cavallo, nella variante mora e bionda. 

 

Un colpo di genio che diventò la punta di diamante della casa produttrice che l’aveva originata. Ma pochi, pochissimi sanno che Barbie trae ispirazione diretta da un’altra bambola diffusa in Germania in quegli anni: la Bild Lilli. Chi era? Ebbene, in origine l’avvenente signorina di plastica celebrava la versione cartacea di cui era protagonista diretta. Reinhard Beuthien era l’autore delle strisce a fumetti che raccontavano la condotta di Lilli: una femme fatale, acuta e sveglia, consapevole del proprio potere seduttivo sugli uomini.

 

 

WTF?! La mamma di Barbie era una…donna che aveva capito come provvedere in maniera gratificante e redditizia al proprio sostentamento? Sì, grosso modo. 

 

La proliferazione di Barbie, che dal 1959 fruttò successi importanti alla Mattel, portò all’acquisto dei diritti di produzione in Germania. Da quel momento, la bambola “erotica” Lilli cessò di esistere. 

 

Negli anni a seguire, il tutto è diventato leggenda fruibile. Svariate le tipologie di Barbie, perfettamente aderenti alla moda del periodo che le vedeva nascere. Altrettanto molteplici gli outfit e il kit di accessori in dotazione.

 

 

Le scarpe di Barbie, puntualmente, erano dotate di una sorta di potere di smaterializzazione tale per cui, se osavi toglierle, tempo pochi minuti e sparivano dalla circolazione. Un quesito, pregnante e senza risposta, che avrebbe potuto accostarsi benissimo al classico “Che fine ha fatto Carmen Sandiego – con le scarpe di Barbie?”. Suonava bene, in fondo. Tra donne, si sa, lo spirito competitivo è direttamente proporzionale al sorriso falso di circostanza che si sfoggia quando si scopre di indossare lo stesso abito nella medesima ricorrenza.

 

Ma la bambola, oggetto diretto anche di critiche malpensanti su quanto potesse essere di cattivo esempio per la sua forma esente da difetti di sorta (“ma mi faccia il piacere” cit), ha avuto anche una vera e propria biografia, distribuita da casa Mattel. Barbara Millicent Roberts, nome completo e altisonante, è una giovane donna americana con al seguito una numerosa famiglia, una schiera di amici vari e un fidanzato con il quale pare non sia mai convolata a nozze. 

 

Ken e Barbie, dopo 43 anni di amore, si separano nel 2015 per un anno. In quel periodo, la bella bionda, si lascia irretire da Blaine: un aiutante surfista con il quale ha avuto una brevissima liaison. Ma, nell’assecondare il detto “mai lasciare la strada vecchia per quella nuova”, il ritorno di fiamma con Ken sarà definitivo.

 

 

Usata, spesso e talvolta impropriamente, per apostrofare donne dal quoziente intellettivo discutibile con un attaccamento morboso per la propria immagine, non dimentichiamoci che Barbie ha avuto una carriera professionale florida e camaleontica: medico veterinario, astronauta, hostess e addirittura Presidente degli Stati Uniti!

 

 

Alta, magra, bassa, formosa, nera, bianca, gialla, Barbie ha accontentato, specie negli ultimi anni, i gusti di tutti. In perfetta antitesi con un modello apparentemente frivolo di donna, la nostra icona ha dimostrato uno spirito di adattamento innato ed è diventata la portabandiera di un modo diverso di approcciarsi al gioco e alla creatività. Lunga vita a lei!

 

 

 

ALESSIA LIO