Con l’imminente inizio di una delle stagioni NBA più equilibrate ed entusiasmanti degli ultimi anni, andiamo a vedere 3 squadre che possono sorprendere quest’anno.
New Orleans Pelicans
Dopo il 28 gennaio 2019, giorno in cui Anthony Davis ha deciso di andare via chiedendo di essere scambiato, nessuno dei tifosi dei Pelicans avrebbe mai immaginato di ritrovarsi a settembre entusiasta per l’inizio della stagione NBA. Eppure da quando David Griffin è stato proclamato nuovo GM della franchigia, il destino della squadra è passato dall’essere nero a quasi roseo.
Prima la Draft lottery che praticamente porta Zion Williamson a New Orleans e poi Griffin che riesce a ottenere il massimo possibile dallo scambio per Anthony Davis: da Los Angeles, infatti, arrivano Ball, Ingram, Hart e un asset di scelte future, tra cui quella che diventerà la quarta scelta che Griffin tramuta in ottava e diciassettesima, in uno scambio con Atlanta. I Pelicans escono dal Draft NBA 2019 con Zion Williamson, Jaxson Hayes e Nickeil Alexander-Walker.
Si ritrovano ora con una squadra giovane, piena di talento e di potenziale. In quintetto, ad affiancare Jrue Holiday – reduce dalla sua migliore stagione, su entrambi i lati del campo – per formare un backcourt tutto difesa e dishes c’è Lonzo Ball. Il figlio di Lavar è chiamato a mostrare tutto il potenziale che aveva fatto intravedere durante gli anni del college e che non è riuscito ad esprimere veramente finora. Discorso analogo per Brandon Ingram. Anche lui talento indiscutibile ma discontinuo e con un’etica lavorativa da rivedere. In ogni caso sarà lui che partirà tra i cinque come ala piccola.
Accanto a lui, come ala grande, la promessa più splendente dai tempi di Lebron James. Zion ha il potenziale per essere un giocatore che passa ogni 50 anni. È tecnico, è esplosivo (tremendamente esplosivo), passa bene, va forte a rimbalzo, ha la testa da campione. Insomma, se mantiene le promesse e non viene interrotto da infortuni, il prodotto di Duke ce ne farà vedere delle belle, delle bellissime.
A chiudere il quintetto c’è Derrick Favors, il meno talentuoso ma il più esperto, insieme a Holiday, tra i cinque. Reduce da un’esperienza di otto anni non particolarmente entusiasmanti in quel di Utah, quest’estate durante la free agency ha deciso di cambiare aria, firmando insieme a un altro veterano, JJ Reddick. L’ex Sixers non ha mai mancato i playoff in tredici anni con quattro squadre diverse. Raggiungere un posto ai playoff NBA non è certo cosa semplice quest’anno, soprattutto ad ovest, dove assisteremo a una lotta agguerritissima.
New Orleans di talento però ne ha anche tra le seconde linee: dopo il già citato Reddick, troviamo gli altri due rookie, Hayes e Alexander-Walker (centro atletico con una buona difesa e guardia con mani educatissime), Josh Hart (in cerca di rivalsa dopo essere stato scaricato dai Lakers senza essere stato avvertito), Jahlil Okafor (passato dall’essere considerato l’ennesimo bust limitato dagli infortuni a riaffermarsi come un centro potenzialmente di alto livello) e, infine, il nostro Nicolò Melli (terzo italiano nella lega a stelle e strisce).
La franchigia della Lousiana non è certo tra i favoriti per vincere il titolo, e probabilmente nemmeno tra quelli per approdare ai playoff; se, però, il potenziale (enorme) di ogni giocatore trova espressione nel campo di gioco, questa è una squadra che può davvero andare lontano.
Sacramento Kings
Alzi la mano chi due anni fa ha pensato che la dirigenza di Sacramento non sarebbe stata in grado di costruire una squadra capace di sfiorare i playoff. Alzi la mano poi chi ha pensato che De’Aaron Fox e Buddy Hield non avrebbero avuto le spalle abbastanza larghe per trascinare la squadra al suo miglior record dopo dodici anni (anno dell’ultima apparizione nella postseason dei Kings). Se inizia a farvi male il braccio, vuol dire che i ragazzi di coach Walton vi hanno fatto ricredere. Sì, perché il salto di qualità di parte del roster è stato non trascurabile.
Basti pensare che il simbolo della ricrescita della squadra, De’Aaron Fox, è stato candidato per il MIP, giocatore più migliorato della lega. La volpe di Sacramento ha aggiunto alla sua fulminea velocità migliori abilità da passatore (8° in NBA per assist a partita) e un più affidabile arsenale in jump shot con cui ha mantenuto discrete percentuali dall’arco.
Percentuali che salgono se si passa a parlare di Buddy Hield. La guardia bahamense è passata dai 13.5 punti di media della stagione 2017/2018 ai 20.7 della scorsa annata. Senza dubbio uno dei migliori tiratori della lega. Altra bocca di fuoco di non poca importanza è Harrison Barnes. Sarà lui a partire in quintetto come ala piccola, aprendo ancora di più il campo, dando consistenza in difesa e dando una mano a rimbalzo.
Ambito, quest’ultimo, in cui ci si aspetta un po’ di più da Marvin Bagley III. I 7.6 rimbalzi presi quest’anno dall’ex Blue Devil non sono pochi ma non sono neanche tanti, considerando la sua altezza e il suo atletismo. Il suo primo anno in NBA resta comunque molto positivo, essendosi guadagnato un posto nel primo quintetto dei rookie. I margini di miglioramento per essere un futuro big man di grande spessore ci sono tutti. Intanto il figlio di coach Bagley jr. si sta allenando per migliorare il tiro dalla distanza.
Unico centro di ruolo in squadra (e infatti sarà titolare) è Dewayne Dedmon che porterà centimetri e forte presenza sotto canestro, soprattutto in difesa. Anche nel supporting cast non manca il talento e la capacità di segnare da tre. Primo fra tutti Bogdan Bogdanovic, reduce da un ottimo mondiale (per lui, meno per la sua squadra) in cui ha messo a referto una serie di prestazioni che hanno convinto a inserirlo nel migliore quintetto del mondiale. Il serbo sembra crescere costantemente, ambientandosi sempre più nella realtà NBA. Perché no, quest’anno potrebbe anche provare ad ambire al premio come miglior sesto uomo.
Ad abbassare un po’ l’età media ma ad aumentare il bagaglio d’esperienza c’è Trevor Ariza, che all’età di 34 anni si appresta a calcare i parquet NBA per il 15esimo anno. Compito da non sottovalutare sarà sicuramente quello di far crescere il giovane roster a disposizione di Luke Walton. È quest’ultimo che rappresenta la vera scommessa del GM Vlade Divac. Walton è reduce da tre stagioni fallimentari con i Los Angeles Lakers, avendo avuto, se vogliamo, la sfortuna di essere arrivato a cavallo delle due tormentate direzioni gialloviola (Kupchak-Buss e Magic-Pelinka). Il dirigente serbo, tuttavia, ha visto ancora del potenziale nell’ex compagno di squadra (i due hanno giocato insieme ai Lakers nella stagione 2004/2005) e ha deciso di affidargli la squadra per fargli fare il definitivo salto di qualità.
Dallas Mavericks
Se Zion Williamson è considerato l’uomo che può cambiare il destino dei New Orleans Pelicans, lo stesso vale per Luka Doncic ai Mavs. E da quando a Dallas è arrivato uno scontento Kristaps Porzingis, i tifosi texani hanno cominciato a sognare ad occhi aperti.
Se l’Unicorno recupera completamente dall’infortunio che l’ha tenuto fermo un anno intero e torna ai livelli di due anni fa, quando a New York era considerato, come i due sopra un uomo franchigia, allora sì che ci sarà da divertirsi. Con il lettone in forma e lo sloveno con una maturità ancora superiore, potremmo vedere una delle coppie europee più forti di sempre. Sicuramente la più forte dai tempi di Vlade Divac e Peja Stojakovic.
Basta dare un’occhiata ai numeri per rendersi conto del potenziale di questi due ragazzi. Doncic ha affrontato la sua prima stagione NBA da veterano, viaggiando a medie lebroniane con 21 punti, 6 assist e quasi 8 rimbalzi a partita, conditi da ben 8 triple doppie (3° rookie all-time) e prestazioni straordinarie. Prima che il ginocchio facesse crack, Kristaps metteva a referto 22.7 punti, 6.6 rimbalzi e ben 2.4 stoppate, sparando quasi due triple a partita, mostrando un atletismo davvero surreale per un giocatore alto 221 cm. Adesso immaginate un pick and roll tra due giocatori del genere. Potenzialmente devastante per qualunque difesa.
Discorso difesa non tanto facile anche per coach Carlisle. A parte la presenza sotto canestro dei lunghi, a Dallas non ci sono difensori puri in squadra. Uno che però può dare una grossa mano da questo punto di vista è Delon Wright. Il play arrivato da Memphis proprio per la sua propensione difensiva probabilmente sarà preferito in quintetto a Jalen Brunson, il quale ha comunque giocato una grande seconda metà di stagione lo scorso anno. A livello offensivo però la squadra sarà condotta da Doncic, che ottimo difensore sicuramente non è. Wright rappresenta dunque un’ottima pedina per equilibrare il backcourt bianco azzuro.
Justin Jackson, Tim Hardaway Jr. e Finney-Smith si giocheranno un posto da titolare nel ruolo di ala piccola, con il primo favorito sugli altri due. Carlisle sicuramente sarà in grado di gestire le rotazioni, vista la profondità del roster nel ruolo. Certezza invece nel ruolo di 5 con Dwight Powell, il quale l’hanno scorso non ha trovato tantissimo spazio a causa della presenza ingombrante di DeAndre Jordan. Ha comunque mantenuto buone medie, sia in attacco (quasi il 60% la percentuale dal campo) che in difesa, affermandosi come un solido rimbalzista e stoppatore
Sua riserva è un altro scherzo della natura dopo Porzingis, ovvero Boban Marjanovic. Al lungo (in tutti i sensi) serbo non serve nemmeno saltare per schiacciare a canestro. Con i suoi 221 cm e 132 kg rappresenta un problema sotto canestro non solo in attacco ma anche in difesa. Poi i centimetri di Max Kleber e l’abilità da dietro la linea dei tre punti di Seth Curry, JJ Barea e Courtney Lee saranno gli ulteriori fattori che possono dare un contributo dalla panchina. Una squadra, anche questa, potenzialmente da playoff, obiettivo che in Texas non si raggiunge da quattro stagioni. Come le altre due ha però la sfortuna di essere in una conference estremamente competitiva. Nella lega più spettacolare al modo però niente deve essere dato per scontato (Golden State docet) e le sorprese sono sempre ben accette.