Il 1° marzo del 1986 veniva scoperta la radioattività dallo scienziato francese Antoine Henri Becquerel. Nato a Parigi nel 1852, Becquerel proveniva da una famiglia di docenti di fisica. Conseguì la laurea presso la più antica istituzione formativa per ingegneri del mondo, l’École Nationale des Ponts et Chaussées nei pressi di Parigi. Giovanissimo si dedicò alla professione di ingegnere e contemporaneamente all’insegnamento.
Anche lui infatti, come il nonno e il padre, occupò la cattedra di fisica al Dipartimento di Storia Naturale del Museo di Parigi. Nel frattempo proseguì gli studi conseguendo nel 1888 il dottorato di ricerca alla Facoltà di Scienze di Parigi, discutendo una tesi sull’assorbimento della luce nei cristalli.
Becquerel e la radioattività, l’esperimento con i sali di uranio
Incuriosito dalla recente scoperta dei raggi X fatta da Wilhelm Conrad Röntgen, nel 1895, Becquerel iniziò a ipotizzare delle correlazioni tra raggi X e fluorescenza. In particolare era incuriosito dall’ipotesi che i materiali fluorescenti emettessero, oltre alla radiazione visibile, anche raggi X. Lo studioso si mise dunque al lavoro con dei sali di uranio che, se esposti alla luce solare, emettevano luce fluorescente.
Pose delle lastre fotografiche all’interno di un involucro di carta nera per non lasciar passare la luce e posizionò i cristalli di sali di uranio sullo stesso involucro. Sviluppando le lastre fotografiche apparvero chiaramente le sagome dei cristalli di urano di cui le radiazioni, grazie all’esposizione solare, avevano attraversato l’involucro di carta per imprimersi sulle lastre.
L’intuizione e la scoperta
Come per molte altre grandi scoperte, anche la scoperta della radioattività fra parte di Becquerel fu il risultato di un’intuizione e di una buona dose di casualità. Becquerel aveva infatti preparato un’altra lastra pulita e i sali ma a causa di una fitta coltre di nebbia che stava avvolgendo Parigi in quei giorni, sospese l’esperimento. Dopo diversi giorni, il 1° marzo, lo scienziato riprese i sali e la lastra dal cassetto dove erano stati riposti insieme a una piccola croce di ferro.
Spinto dalla sua acuta curiosità, sviluppò la lastra nonostante non fosse stata ancora impiegata per l’esperimento. Con grande meraviglia scoprì che i sali avevano ugualmente impresso la loro sagoma, lasciando anche la traccia della piccola croce di ferro. L’effetto non poteva essere conseguenza della radiazione solare, dunque l’impressione che aveva oltrepassava l’involucro opaco non poteva che provenire dalla sostanza stessa dei sali.
Immagine di copertina: Antoine Henri Becquerel – Photo credits: wikipedia.org
di Flavia Sciortino
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