L’11 Giugno del 1984 moriva Enrico Berlinguer, oggi il suo popolo si è disperso
Berlinguer. L’11 Giugno del 1984, a cinque giorni dal malore dell’ultimo comizio, il segretario del Partito Comunista Italiano lasciò il mondo orfano di un uomo che visse molte volte e morì una soltanto.
Una storia intensa, quella di Berlinguer, che scorre ancora nei valori e negli ideali trasmessi al popolo del PCI. Un popolo che si è disperso nelle sue diversità, dimenticando ciò che lo teneva unito: un pugno alzato, dalla parte degli ultimi.
Berlinguer, una missione da compiere
Nato a Sassari, nel Maggio del ’22, Berlinguer si è diplomato al liceo classico senza sostenere gli esami, sospesi a causa della guerra, e ha tentato la strada dell’università nella facoltà di legge.
A 21 anni aveva già letto Voltaire, Lenin e Bakunin, ma decise di interrompere gli studi per dedicarsi completamente alla politica: sentiva il bisogno di combattere per ciò in cui credeva. Iscrittosi al PCI, fondò a Sassari la sezione della Gioventù Comunista, di cui divenne segretario.
Nel Giugno del ’44, Berlinguer conobbe Palmiro Togliatti, un incontro decisivo per la sua storia politica e umana. Togliatti, infatti, lo volle con sé a Roma, come funzionario del movimento giovanile. Nel 1948 entrò ufficialmente nella Direzione del partito, come responsabile del movimento Giovanile.
Nel Maggio del 1968, alle elezioni politiche, il PCI candidò Berlinguer come capolista nel Lazio (secondo il verbale, il suo fu l’unico voto contrario): venne eletto con 150mila voti.
Nel XIII congresso del PCI, nel 1972, divenne segretario nazionale del partito.
Dallo strappo di Mosca al compromesso storico
A capo del partito, mostrò subito di avere le idee chiare sul ruolo del PCI.
Alle celebrazioni del 60esimo anniversario dalla Rivoluzione d’Ottobre, tenutesi a Mosca, di fronte ai maggiori leader comunisti del mondo, Berlinguer pronunciò le parole che sancirono il definitivo strappo da Mosca e dal comunismo sovietico.
“L’esperienza compiuta ci ha portato alla conclusione che la democrazia è oggi non soltanto il terreno sul quale l’avversario di classe è costretto a retrocedere, ma è anche il valore storicamente universale sul quale fondare un’originale società socialista. Ecco perché la nostra lotta unitaria è rivolta a realizzare una società nuova che garantisca tutte le libertà personali e collettive, civili e religiose, il carattere non ideologico dello Stato, la possibilità dell’esistenza di diversi partiti, il pluralismo della vita sociale, culturale, ideale” Enrico Berlinguer
Una svolta epocale, dunque, che portò il PCI ad allontanarsi dal carattere radicale e totalitario del comunismo filo-sovietico, in favore di un Eurocomunismo fondato sulla democrazia e sulla libertà.
Una rottura col passato perseguita anche con la politica del compromesso storico: il tentativo del PCI di collaborare per la prima volta con la Democrazia Cristiana per realizzare un governo che ponesse da parte le differenze di partito, per il primario interesse della nazione.
Berlinguer si incontrò più volte in segreto con Aldo Moro, segretario della DC, per discutere i tratti della futura alleanza, ma le trattative furono bruscamente interrotte dal rapimento di Moro, il 16 marzo 1978, ad opera delle Brigate Rosse. Il presidente della DC venne ucciso il successivo 9 maggio.
L’ultimo comizio
Il 7 giugno 1984 Berlinguer si trovava a Padova, tappa fondamentale della campagna elettorale europea. Durante il suo intervento, dal palco di Piazza della Frutta, il segretario del PCI venne colpito da un ictus.
Nonostante il malore, nonostante la folla lo invitasse a smettere, lui continuò il proprio discorso fino alla fine: affaticato e visibilmente sofferente.
“Compagni, lavorate tutti, casa per casa, strada per strada, azienda per azienda” Enrico Berlinguer al comizio di Padova
Rientrato in albergo, entrò in coma e venne trasportato all’ospedale Giustinianeo. Cinque giorni dopo, l’11 Giugno del 1984, un’emorragia cerebrale si prese la vita di Enrico Berlinguer.
L’effetto Berlinguer
Ci sono storie difficili da raccontare.
Frammenti di vita che senti inviolabili, distanti, personali: che appartengono solo a chi li ha vissuti. Si può scrivere di un emozione che non si è vissuta? Si può, si deve provare, perché ricordare è ciò che ci rende vivi. Un milione di persone parteciparono al funerale di Enrico Berlinguer: in ognuna di loro, lui continua a vivere.
Tra le strade di Roma non c’erano solo parenti, amici e compagni di partito, ma anche avversari politici. Persino Giorgio Almirante, segretario del Movimento Sociale Italiano, politicamente il più distante da Berlinguer, partecipò al funerale.
“Lo porto via come un amico fraterno, come un figlio, come un compagno di lotta” Sandro Pertini
Alle successive elezioni europee, il PCI lasciò Berlinguer come capolista. La prematura scomparsa del segretario portò il Partito Comunista Italiano, per la prima e unica volta nella storia, a superare la Democrazia Cristiana: il PCI divenne il primo partito italiano con il 33,3% delle preferenze, contro il 33% della DC. Un successo, passato alla storia come effetto Berlinguer.
Enrico Berlinguer, il più amato
Questo e molto altro è stato Enrico Berlinguer. Non basterebbe un fiume di inchiostro per descriverne le mille sfaccettature.
Il piccolo uomo che affrontava i giganti sovietici. Il marito di Letizia Laurenti e il padre di Maria, Bianca, Marco e Laura. Il tifoso del Cagliari, follemente innamorato della sua Sardegna. Il compagno di milioni di compagni, in grado di portare un italiano su tre a votare il Partito Comunista Italiano. L’uomo che rimase fedele agli ideali della sua gioventù.
Al compagno Berlinguer l’addio non è stato mai dato.
Sarà sempre un arrivederci.