Big Mouth ci aveva sorpresi un po’ tutti quando un anno fa ha mostrato come un linguaggio diretto, in cui la volgarità era smorzata e giocosa, potesse essere un ottimo veicolo per messaggi più profondi. I due autori della serie, Nick Kroll e Andrew Goldberg, avevano ripensato e rivisitato le proprie biografie adolescenziali con un intento che spaziava da una buona educazione sessuale e ai sentimenti a una critica sociale spietata.

(Photo credits: Rye’s Daily Voice)

Quale imbarazzo più grande di sentire la propria zia dirci che eravamo diventati dei begli ometti indicando i nostri baffetti puberali? Per non parlare dell’apprensione intorno al ciclo mestruale delle donzelle con i primi accenni di seno. I nostri autori ci scherzano su e tramite lo scherzo portano avanti tre tipi di filoni narrativi che si intersecano in modo organico:

  • Una critica sociale (non è possibile non notare il riferimento critico al femminismo 3.0 nel momento in cui si perde dietro estremismi che sono dannosi alla causa);
  • Un’educazione ai sentimenti (si nota un certo interesse nella serie per affrontare tematiche come il consenso e i rapporti famigliari devianti);
  • Un’educazione sessuale (una delle parti che ho più adorato della prima stagione è stata quando il dubbio di essere gay da parte di Andrew sia stato affrontato dal suo mostro degli ormoni, Maurice, solo con la necessità di cambiare tipo di pornografia).
(Credits: Netflix)

Nella seconda stagione ritroviamo i nostri simpatici amici adolescenti accompagnati nelle loro avventure dai mostri degli ormoni Maurice e Connie, questa volta però insieme anche ad altri personaggi. Infatti ritroveremo Rick, l’anziano e un po’ patetico mostro degli ormoni di Steve, il coach sprovveduto e stralunato della scuola; e insieme a lui altri nuovi mostri, ognuno con delle proprie caratteristiche, pronti a mostrarci i vari lati delle pulsioni e dell’affettività umana che – nonostante qualche debolezza narrativa in alcuni tratti – si integrano molto bene sia nell’ironia che nella storia generale dello show. Una seconda stagione quindi che ha deciso di andare oltre il binomio mostro degli ormoni femmina/mostro degli ormoni maschio, introducendo anche la possibilità che non tutti abbiano le stesse caratteristiche sessuali e sentimentali (con il messaggio ribadito anche nel finale di stagione).

(Credits: Netflix)

Tra i nuovi personaggi introdotti poi ne abbiamo uno che accompagnerà i nostri adolescenti e non per tutto l’arco narrativo: il Mago della Vergogna. Chi in un modo e chi in un altro ha provato e proverà vergogna per qualcosa, e si può immaginare come nella nostra società uno degli argomenti tabù per eccellenza sia proprio la sessualità con tutte le sue componenti (basta vedere come sia osteggiata l’educazione sessuale nelle scuole).

(credits: Netflix)

Per quanto il primo ad essere approcciato dal nostro nuovo “mostro” sia Andrew, il quale cercherà di trovare risposte persino nel rabbino che segue da tempo la sua famiglia (dando nuova verve alla comicità autoironica che gli autori e produttori, tutti di origini ebraiche, hanno voluto concedersi ogni tanto fin dalla prima stagione), esso cospirerà alle spalle di tutti personaggi minando le fondamenta emotive di ognuno dei presenti. Il lottare e provare a sconfiggere questo mago sarà uno dei temi guida di Big Mouth 2, poiché sarà solo sconfiggendo la vergogna, veicolata il più delle volte da induzioni culturali, famigliari e religiose, che si potrà avere una giusta educazione al rapportarsi con se stessi e con gli altri.

(Credits: Netflix)

Anche in Big Mouth 2 permangono quindi i tre filoni prima citati che avevano caratterizzato il lavoro di esordio della prima stagione, anche se concentrandosi in modo meno velato e più esplicito sul tema della critica sociale (sempre con le frecciatine agli estremismi di certi filoni del femminismo made in USA); e un esempio fra tutti è la lezione di educazione sessuale gestita dal coach Steve in cui saranno i ragazzi a prendere la parola dando vita a un dibattito su temi scottanti come i consultori e il diritto alla libera scelta. Questo stile comunicativo in cui sembrava prevalere la spiegazione piuttosto che il riferimento ha reso i dialoghi di questa seconda stagione un po’ più artificiali e pilotati rispetto alla prima, ma tutto ciò non toglie nulla al risultato finale che comunque è più che gradevole.

Tra più o meno due settimane dovrebbe essere confermata o meno la terza stagione dello show, se lo fosse vedremo dove ci condurrà!