Foggia: l’8 marzo sono scese per le strade le donne braccianti, lavoratrici che hanno denunciato l’assenza di diritti e contratti non rispettati.

“Le donne braccianti si vedono negare il diritto all’iscrizione anagrafica, nonostante abbiano i requisiti. Questo le impedisce di avere un medico di base ed effettuare visite ginecologiche. Queste donne sottopagate sono scese in piazza oggi #8marzo per rivendicare i diritti negati”, scrive Aboubakar Soumahoro, attivista sindacale e sociale.

Donne braccianti - Photo credits: web
Donne braccianti – Photo credits: web

Manifestazione delle braccianti l’8 marzo

Nel servizio per RAI 3 le donne lavoratrici che hanno preso la parola denunciano una pratica comune in Italia: si lavora 8-10 ore al giorno, ma sulla busta paga si trova il compenso per cinque ore; giorni di assenza e malattia inseriti dal datore, ma non reali. Sono queste le condizioni di lavoro. O così o non si lavora, non si mangia, non si vive.
La Lega Braccianti (LB) richiede “lavoro-salario-casa” perché, come hanno scritto sugli striscioni, “Siamo degli esseri umani”.
I nostri diritti sono negati. L’iscrizione all’anagrafe non possiamo averla. Non possiamo avere neanche il medico di base. Non possiamo affittare una casa perché la paga è misera – hanno gridato le donne braccianti – Non possiamo rinnovare il permesso di soggiorno perché non fanno il contratto di lavoro. Anche noi siamo degli esseri umani”.

Emerge così una verità taciuta: “Senza residenza tu non puoi avere un medico di base, un medico che è importante, soprattutto per noi donne“, racconta una lavoratrice. Non si ha diritto neppure a un ginecologo, spiegano le donne per le strade di Foggia. Eppure il nostro è un paese che sta invecchiando e ne siamo consapevoli, se ne parla spesso. L’Europa intera sta vivendo un calo demografico, è una preoccupazione comune alla quale bisogna rispondere tanto favorendo la natalità, quanto l’immigrazione.
Dalle parole ai fatti però la strada è lunga e gli aiuti pochi. Nel 2019 l’Istat rileva che le cittadine straniere residenti, che finora hanno parzialmente riempito i ‘vuoti’ di popolazione, stanno a loro volta ‘invecchiando’ e facendo meno figli. In Italia il 22% dei nati sono figli di famiglie straniere o miste, ma è un dato in calo.

Situazione braccianti

Un anno fa la filiera agro-alimentare lamentava la mancanza di 250mila braccianti. Si propose un’eventuale regolarizzazione dei migranti attualmente in Italia senza permesso di soggiorno, l’apertura di corridoi con i paesi da cui provengono i lavoratori stagionali e di voucher agricoli semplificati per offrire opportunità a lavoratori in cassa integrazione, pensionati e studenti. 
Solo un anno fa le aziende agricole lamentavano l’assenza di manodopera e si organizzavano corridoi aerei per portare cittadini stranieri a lavorare nei campi del paese. Si parlava allora di lavoratori essenziali, mentre un provvedimento emergenziale mirava a far emergere quante più persone possibili -tra quelle che già lavoravano nella filiera agro-alimentare – dall’irregolarità“, ricorda Filippo Poltronieri nel report di “Ero Straniero” e dell’Associazione Terra!.

Ma in sei mesi, su 207 mila domande di regolarizzazione presentate nel quadro della sanatoria inclusa nel decreto rilancio di maggio 2020, sono solo 1.480 i permessi di soggiorno rilasciati, lo 0,71% delle pratiche inoltrate.
Regolarizzati pochi, al sicuro anche meno. Questi lavoratori e lavoratrici abitano solitamente ai confini delle città, nelle periferie e in zone dove il comune non ha bisogno di guardare. Veri e propri ghetti, baracche in fila dove i beni primari rischiano ogni giorno di mancare. In piena stagione arrivano ad abitarci 5mila e più persone “che si trovano a convivere in baracche autocostruite con materiali di risulta, spesso pericolosi come l’eternit, roulotte in dismissione, case di campagna abbandonate”, scrive la giornalista Ilaria Romano. Luoghi, questi, dove la criminalità e le mafie allungano le mani anche sul diritto di avere acqua e cibo.

Legge anti-caporalato:

A 5 anni dalla legge anti-caporalato, le legge 199 contro lo sfruttamento del lavoro, quali sono i risultati ottenuti? L’impatto della legge è stato consistente: sono aumentati i contratti, il tasso di regolarizzazione è cresciuto. Ma questa costatazione vuole omettere volutamente altri dati. Vediamoli insieme. Sono aumentate le denunce di caporalato (forma illegale di reclutamento), evidenziando il settore agricolo come quello maggiormente macchiato dal crimine. Allo stesso tempo però sono aumentati i lavoratori in nero o con contratti definibili “grigi”. Un modo nuovo di schiavizzare le persone: costringerle al silenzio per pochi euro l’ora. Il bisogno annienta lo spirito.

Stiamo volutamente ignorando degli esseri umani che vengono trattati come forza lavoro, muli da carico o poco più. Ma a differenza delle macchine da lavoro, queste persone parlano, urlano la richiesta di diritti. Pescano il nostro pesce, raccolgono le nostre verdure, trasportano il nostro cibo. Quando smetteremmo di divere “nostro” e “loro”? Quando regolarizzeremo i lavoratori invisibili e saremmo pari in dignità e salario tanto da permettere loro una vita adeguata allo status di essere umano?
Non deve essere per forza così, esistono realtà positive che andrebbero raccontate e trasformate nella normale amministrazione: come il caso di Ghetto Out-Casa Sankara.

Fonti: https://www.associazioneterra.it/wp-content/uploads/2021/02/EUxploitation_WEB.pdf
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Articolo di Giorgia Bonamoneta.