Chi ben comincia è già a metà dell’opera. Il Teatro Brancaccino ha colto alla lettera questa massima, allestendo l’inaugurazione della stagione 2019/2020 proprio sul palco, con tutti gli addetti ai lavori di ben ventuno spettacoli programmati.
I classici del Brancaccino
In una sala da centocinque posti che nella forma appare la sorella minore del Teatro Brancaccio, struttura adiacente, sembra che la sostanza non intenda essere da meno: una programmazione così fitta che abbraccia una grande varietà di argomenti, tutti di estrema attualità. Condotti dalla bravissima Eleonora Di Fortunato, rompe il ghiaccio Anna Mazzantini con la presentazione di Anna Cappelli, spettacolo di Annibale Ruccello per la regia di Giancarlo Fares. Con lei il Brancaccino apre la presentazione dei “classici”, ognuno con un’impronta registica chiara e accurata, come Paura d’Amare di Terence McNally diretto da Giulio Manfredonia, con Massimiliano Vado e Maria Rosaria Russo, e Mistero Buffo di Dario Fo, con Ugo Dighero. Non può mancare Samuel Beckett, con Primo Amore, diretto da Giuseppe Marini e interpretato da Salvo Germano.
Drammaturgia contemporanea e giovane
La drammaturgia contemporanea si esprime in Mi inviti a nozze di Valerio Groppo da un’idea di Linda Barani, con Ketty Roselli e Alberto Bognani per la regia di Siddhartha Prestinari; Il sole in tasca di e con Tomas Leardini, Marcello Mocchi, Daniele Pitari e Giacomo Ciarrapico; Nel mezzo del casin di nostra vita di e con Maurizio Lastrico; Due soli al comando di Gianni Clementi con Camillo Grassi e la regia di Massimo Venturiello.
Particolare nota di merito è per una giovane presenza che già trasmette tutta la sua forza nella presentazione di Bolle di sapone, spettacolo contemporaneo scritto e diretto da Lorenzo Collalti, con Daniele Paoloni e Grazia Capraro; un’intera squadra giovane che fa ben sperare per il teatro di domani. Lo stesso può dirsi per la presenza di Miriam Galanti, attrice di After the end di Dennis Kelly in coppia con Federico Rossi, per la regia di Marco Simon Puccioni.
Il Teatro Civile del Brancaccino
In una commistione tra il classico e il contemporaneo, il teatro civile trova il suo spazio in Il mio nome è Caino di Claudio Fava, interpretato da Ninni Bruschetta e diretto da Laura Giacobbe. L’attenzione sulle figure femminili nel teatro, di cui non è mai troppo parlare, trova l’apice in D. La principessa Diana e la palpebra di Dio di Cesare Catà, per la regia di Luigi Moretti e interpretato da Paola Giorgi; una ricostruzione storica coraggiosa e interessante, come Schiava di Picasso di Osvaldo Guerrieri con Monica Rogledi e Rossana Casale, per la regia di Blas Roca Rey. L’attenzione del regista per la pittura è evidente anche in Le lettere a Theo, spettacolo incentrato sul rapporto epistolare tra Vincent Van Gogh e suo fratello.
L’attenzione per i ruoli femminili
La contemporaneità della figura femminile a teatro è rappresentata da L’Angelo di Kobane di Henry Naylor, diretto da Simone Toni e interpretato da Anna Della Rosa, da Pietà di Fabrizio Sinisi con Alessandra Fallucchi, da Isabel Green di Emanuele Aldrovandi e con Maria Pilar Pérez Aspa, per la regia di Serena Sinigaglia, e da Lezione da Sarah di Pino Tierno con Galatea Ranzi e Martina Galletta, diretto da Ferdinando Ceriani.
Sono numerosi anche i lavori contemporanei propensi a offrire uno sguardo originale su grandi opere del passato, come Lady Macbeth – Scene da un matrimonio di Michele De Vita Conti e Gian Manuel Rau, con Maria Alberta Navello, Shakespea Re di Napoli, scritto e diretto da Ruggero Cappuccio con Claudio Di Palma e Ciro Damiano, ed Edipo… Seh! di e con Andrea Tidona.
Nella realtà frenetica del 2019 è più che mai necessario offrire una grande varietà di spettacoli perché il pubblico possa comprendere l’immortalità del teatro; perché l’artista possa esprimersi in un luogo idoneo e perché lo spettatore possa cogliere l’occasione di scoprirsi testimone del proprio tempo. E in questo, il Brancaccino, sembra aver colto nel segno.