Intorno alla mezzanotte del 3 luglio del 1969, il corpo di Brian Jones fu ritrovato sul fondo della piscina di casa sua a Hartfield, nel Sussex. Il rapporto del coroner registrò “morte per incidente”. A cinquantuno anni da quella sera, le pietre rotolanti sono la band rock più longeva di sempre e continuano ad infiammare i palchi di tutto il mondo, ma la pietra di Brian ha smesso di rotolare troppo presto e la verità sulla sua morte è ancora sul fondo di quella piscina.
“Lascereste uscire vostra figlia con un Rolling Stone?”
Andrew Loog Oldham
Brutti, sporchi e cattivi
Jagger-Richards sono ormai un marchio di fabbrica. Una delle coppie compositive più prolifiche della storia della musica: al pari di Lennon-McCartney, hanno donato al mondo alcune fra le gemme più preziose del rock’n’ roll. Ma non v’è dubbio alcuno che, nei primi anni dei Rolling Stones, l’anima vera della band fosse Brian Jones. Non soltanto dal punto di vista organizzativo e manageriale: era lui ad organizzare le serate, era lui a contrattare la paga, lui trovava i contatti.
Il suo carisma, il suo spirito ribelle in anticipo su qualsiasi corrente hippie, la sua curiosità e la continua ricerca musicale, lo resero il leader naturale del gruppo. Inoltre, era bello e amava vestire in maniera originale, fino a dettare egli stesso le mode. A diciannove anni aveva già tre figli da altrettante donne (ne nasceranno ancora tre). In altre parole, nei primi anni ’60 Brian Jones era la piena incarnazione del rocker.
La provocazione, l’anticonformismo e l’eccesso si affermarono presto come la cifra distintiva della band, soprattutto dal momento in cui Andrew Loog Oldham ne divenne manager e decise che i ragazzi sarebbero stati l’alternativa brutta sporca e cattiva ai più eleganti Beatles.
La pietra in caduta libera
Nell’estate del ’62 Brian, Mick e Keith si trasferirono in un appartamento a Fulham e ci rimasero per un anno, durante il quale rafforzarono il loro rapporto e soprattutto passarono il tempo a studiare e suonare per intere giornate. Fu in quel periodo che Brian e Keith elaborarono la loro “tessitura di chitarre”, suonando contemporaneamente la parte ritmica e la parte solista.
Dal momento in cui Oldham spinse Jagger e Richards a scrivere i testi del gruppo, in modo da abbandonare progressivamente le cover di altri artisti, Brian vide il proprio ruolo diventare sempre più marginale. E mentre la parabola del gruppo impennava, inanellando un successo dopo l’altro, quella personale di Jones iniziò la sua pericolosa curva discendente. Il ragazzo incrementò notevolmente l’uso di alcol e droghe. Perse sempre più interesse nei confronti della band, spesso non si presentava alle registrazioni o abbandonava il gruppo nel mezzo di un tour. A questo si sommarono i guai con la giustizia: fu arrestato nel ’67 e nel ’68 per possesso di stupefacenti.
Probabilmente il colpo di grazia lo incassò quando l’unica donna che avesse mai realmente amato, Anita Pallenberg, lo lasciò, dopo una storia tormentata, per mettersi con Keith Richards.
Oldham ricorda un episodio in particolare nel ’66, in cui la band era negli studi della RCA e Jones collassò sul pavimento a cavalcioni della chitarra che iniziò ad emettere un forte ronzio che interferiva con il suono. Dovettero staccargli il jack e, secondo Oldham, quel gesto simbolicamente lo mandò definitivamente alla deriva.
Nel giugno del ’69 Mick, Keith e Charlie comunicarono a Brian che era fuori dal gruppo. Alla stampa fu annunciata come una decisione di Jones dettata dal suo non condividere più le scelte musicali del resto della band.
I dubbi sulla morte
Per molto tempo, Anna Wohlin, la fidanzata di Brian che era con lui la sera che è morto, ha dichiarato che il musicista fosse stato ucciso e ha tentato di far riaprire il caso. Nel 2010 ci ha riprovato un poliziotto, convinto anche lui che non potesse trattarsi di una morte accidentale. Ciò che ha trovato sono dei file sul caso Brian Jones con l’obbligo di essere secretati per 75 anni. Le teorie che vogliono il giovane vittima di un omicidio, e non di una tragica casualità, sono svariate.
C’è chi sostiene che Jones stesse scherzando in piscina con Frank Thorogood, l’uomo che si stava occupando dei lavori di ristrutturazione in casa sua e, accidentalmente, è annegato. Per qualcun altro non si trattò di un gioco ma di un vero e proprio litigio, visti i rapporti abbastanza tesi che intercorrevano fra i due. Un’altra ipotesi sostiene che fu ucciso fuori dall’acqua e fu buttato in piscina per inscenare un incidente.
Addirittura c’è chi incolpa l’altro manager degli Stones, Klein, che in qualche modo si sarebbe reso responsabile del suo assassinio con l’intento di non continuare a pagare a Jones la sua quota sui brani del gruppo.
Di recente, Danny Garcia ha trattato di nuovo l’argomento in un documentario dal titolo Rolling Stone: Life and Death of Brian Jones.
A distanza di così tanti anni da quella notte, ancora troppe ombre permangono sull’accaduto. Quello che è certo, però, è che negli anni ’60 la diffusione e l’abuso di sostanze stupefacenti nel Regno Unito stavano raggiungendo livelli preoccupanti e le rockstar con la loro immagine ribelle e anticonformista erano ritenute responsabili di veicolare modelli comportamentali di perdizione e autodistruttivi.
La morte di Brian Jones, per annegamento accidentale causato dallo stato di incoscienza psicofisica del musicista, dovuta all’abuso di alcol e droghe, si rivelò estremamente funzionale alla causa di chi voleva far passare il messaggio “ecco cosa ti aspetta se conduci questo tipo di vita”. E inaugurò tristemente la tragica scia di musicisti morti a 27 anni, ricordati spesso come il Club27.
Nelle mani di Brian Jones
Per rendere in qualche modo giustizia ad un artista tragicamente scomparso prematuramente, è fondamentale ricordare l’enorme apporto che Brian Jones ha dato all’essenza del gruppo. Il suo era vero e proprio genio musicale. Suonava una moltitudine di strumenti sia a corda che a fiato. La sua continua sperimentazione ha forgiato dal primo momento il suono che sarà quello caratteristico degli Stones. Anche quando la sua presenza alle sessioni di registrazione divenne sempre più sporadica, la sua creatività e la sua abilità all’apprendimento lo portarono a suonare spesso strumenti poco noti, antichi o esotici.
Jones era un ragazzo dalla spiccata intelligenza ed estremamente sensibile. La sua anima probabilmente non ha retto alle vicissitudini che la vita ha messo sulla sua strada, nonostante all’apparenza fosse una strada pavimentata di lustrini, fama e folle idolatranti. Negli ultimi anni divenne sempre più paranoico e tendente ad isolarsi. All’indomani della sua scomparsa, George Harrison lo descrisse come un ragazzo simpatico e un buon amico.
“Io spesso sentivo che ci trovavamo nei momenti di difficoltà. Non c’era niente nei suoi problemi che un po’ di amore in più non avrebbe curato. Io penso che non abbia avuto abbastanza amore e comprensione. Era molto carino, sincero e sensibile, e noi dobbiamo ricordarci che era così.”
Emanuela Cristo
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