“Canto di Natale”: la genesi del libro nel film “Dickens – L’uomo che inventò il Natale”

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Di Redazione Metropolitan

Sembra esserci un prima e un dopo “Canto di Natale” di Charles Dickens, pubblicato il 19 dicembre 1843, a pochissimi giorni da Natale. In questo libro la forza evocativa e la potenza dei personaggi di Dickens sposano la sua causa di autore impegnato, in un racconto che cede al fantastico senza dimenticare il realismo. Ma da dove nasce questa storia di fantasmi, messa su carta da uno degli autori più realisti dell’Ottocento? Per ripercorrere la genesi di “Canto di Natale” ci volgiamo al film “Dickens – L’uomo che inventò il Natale”, pellicola del 2017 con Dan Stevens.

La base biografica del film

Fu il critico letterario e scrittore Antony Burgess a scrivere che Dickens “inventò il Natale” ed in effetti, con questa ballata natalizia, l’autore britannico rivivifica una festa non molto popolare e la lega a doppio filo con una serie di significati morali. Questo non sfugge al film di Bharat Nalluri, che si ispira a fatti reali della vita dell’autore.

Il regista sceglie infatti di basarsi sul testo biografico di Les Standiford intitolato, non a caso, “L’uomo che inventò il Natale. Come Canto di Natale di Dickens salvò la sua carriera e ravvivò lo spirito natalizio”.

La genesi di “Canto di Natale” secondo “Dickens”

Ne risulta un film che si discosta poco dalla realtà storica dei fatti. La narrazione si colloca subito dopo il viaggio fatto dall’autore in America nel 1842, in un momento in cui sta accumulando insuccessi editoriali. Dickens si trova in ristrettezze economiche e nella necessità di scrivere per sanare i debiti che lo stanno soffocando.

Questo aspetto emerge in maniera molto evidente nel film. Allo stesso modo riemerge il passato dello scrittore: un padre arrestato per debiti e il suo finire a soli dodici anni a lavorare alla Warren’s Blaking Warehouse, una fabbrica di lucido da scarpe. Questo luogo ritorna quasi ossessivamente nel film, riprendendo un aspetto della storia del Dickens storico, che certamente incide sulla scrittura di “Canto di Natale”, come degli altri suoi romanzi.

Il film si sofferma anche sullo scetticismo degli editori rispetto a un libro sul Natale e sulla decisione di Dickens di autofinanziarsi il libro, scritto effettivamente in sole sei settimane, con dei rischi altissimi.

È interessante invece osservare come Nalluri sceglie di rappresentare, qui sì, romanticizzando un po’ la biografia, la costruzione del racconto da parte dell’autore. Innazi tutto ci sono citazioni sparse lungo tutto il film e l’apparire di figure sconosciute che sappiamo destinate a entrare nella storia. Quest’impostazione sembra alludere al fatto che la realtà sia un immancabile punto di riferimento per Dickens e alla sua vocazione a rappresentare il popolo reale.

Il regista però mette in scena anche dei veri e propri dialoghi tra l’autore e i propri personaggi. Questi gli appaiono davanti agli occhi e pretendono di essere ascoltati, in un’interessante drammatizzazione del processo di scrittura del genio britannico, che continua ad affascinarci ancora oggi con una capolavoro che parla di Natale, di cambiamento e di umanità.

Debora Troiani

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