“Capri-Revolution”, massima espressione artistica di Mario Martone

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Di Redazione Metropolitan

Marianna Fontana in Capri-Revolution, Mario Martone - Ph. credit: web
Marianna Fontana in Capri-Revolution, Mario Martone – Ph. credit: web

Chiariamolo subito, Capri-Revolution non è un film facile, da guardare per riempire due ore di tempo. Non è nemmeno soltanto cinema, è un’esperienza artistica complessa che richiede tutta l’attenzione e la dedizione possibile.

Ambientato in una Capri rurale alle porte della Prima Guerra Mondiale, il film è ispirato a una reale comune di artisti che nel primo Novecento risiedevano sull’isola. Faceva capo al pittore tedesco Karl Wilhelm Diefenbach, a cui è chiaramente ispirata la figura di Seybu (Reinout Scholten van Aschat).

 In primo piano, Reinout Scholten van Aschat, Capri-Revolution - Ph.credit: IMDB.com
In primo piano, Reinout Scholten van Aschat, Capri-Revolution – Ph.credit: IMDB.com

L’arte e la ricerca artistica sono dunque uno dei punti focali di Capri-Revolution, insieme all’indomabile desiderio di libertà e ribellione allo status quo. Protagonista è infatti Lucia (Marianna Fontana), unica figlia femmina, ventenne, in una famiglia patriarcale. Tutt’altro che mite, Lucia è mossa da una curiosità instancabile, una fame per la vita che la porta ad avvicinarsi a Seybu.

La comune, “dall’altro lato della montagna” è un altro mondo, un mondo a lei inizialmente precluso, ma di cui sente l’inevitabile richiamo. È così che avviene lo scontro fra le due anime del film, una storica, antropologica, radicata nell’immaginario italiano e meridionale. L’altra di pura sperimentazione artistica e soprattutto teatrale.

Marianna Fontana e Reinout Scholten van Aschat, Capri-Revolution - Ph. credit: web
Marianna Fontana e Reinout Scholten van Aschat, Capri-Revolution – Ph. credit: web

“Capri-Revolution”, ritorno alle origini

Non bisogna dimenticare, infatti, che Martone nasce nel teatro-danza e in questo film torna in un certo senso alle sue origini. Immagina la comune come una moderna residenza artistica, in cui protagonista è la performance, la fisicità del corpo. O come dice Seybu in una battuta “il calore che si genera dall’energia, dall’intimità e dalla vicinanza con l’Altro”.

In alcuni momenti sembra di vedere teatro filmato, più che cinema. Gli esercizi di recitazione e di contatto fra i corpi degli attori diventano in Capri-Revolution un elemento concettuale. Rompono le barriere che impediscono a Lucia liberarsi dalle vesti pesanti di chi non vuole essere, permettendole di diventare chi è davvero.

Marianna Fontana e Antonio Folletto, Capri-Revolution - Ph. credit: IMDB.com
Marianna Fontana e Antonio Folletto, Capri-Revolution – Ph. credit: IMDB.com

Tutto il film, a ben vedere, ruota attorno alla sua idea di indipendenza. Lucia crede di ritrovarla nella comunione primitiva con la natura, con la pelle nuda a contatto con il mondo. La coscienza collettiva, impersonata dal dottor Carlo Rocco (Antonio Folletto) pensa che sia invece da ricercare nella cultura e nell’educazione. In realtà ciò che desidera la protagonista è qualcosa di ancor più profondo, di intimo e personale. Un’irrequietezza che nessuno può effettivamente placare o colmare tranne lei stessa.

Esattamente come l’opera Capri-Battery (titolo provvisorio del film) di Joseph Beyus, Lucia si nutre della sua stessa ansia di libertà, della sua vitalità, scoprendosi poco a poco. Riuscendo a disegnare per sé il percorso che realmente desidera.

 Capri-Battery, opera d'arte concettuale di Joseph Beyus - Ph.credit: web
Capri-Battery, opera d’arte concettuale di Joseph Beyus – Ph.credit: web

Articolo di Valeria Verbaro

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