Politica

Caso Bibbiano, un papà: “Mi hanno portato via due bimbi, mi dissero che ero omofobo”

“Mi hanno portato via i miei due bambini più piccoli, che all’epoca avevano 3 anni e mezzo e 5 anni e mezzo, il 18 giugno 2018. Quel giorno mi convocarono presso la sede dei servizi sociali dove Federica Anghinolfi, ex responsabile dei servizi sociali della Val d’Enza (oggi tra gli imputati in aula per il processo sui presunti affidi illeciti del ‘sistema Bibbiano’, ndr) mi comunicò che da quel giorno non avrei potuto vedere i miei figli se non in forma protetta un‘ora ogni 20 giorni”. E’ il racconto che un papà, entrato nella seconda fase dell’inchiesta ‘Angeli e demoni’ conosciuto come il caso di Bibbiano, fa all’Adnkronos.

“Rimasi basito da quell’affermazione – continua – mancando il contesto socio-economico disagiato, anzi tutt’altro, non essendoci violenza su minore, denuncia o maltrattamento. A quell’epoca ero separato, mia moglie si è accompagnata con una donna. La Anghinolfi, che era responsabile dei servizi sociali e anche del movimento Lgbt, pensò bene di accusarmi di omofobia e di togliermi i figli perché, mi disse, dovevo adeguarmi ad accettare le relazioni di genere. I miei due bambini li collocarono così presso la mia ex moglie e la sua compagna, mentre il più grande 13enne è sempre rimasto con me, evidentemente meno propenso per l’età al plagio e alla manipolazione”.

E, al tribunale di Reggio Emilia in attesa della sentenza, dice: “Il 18 giugno 2019, precisamente un anno più tardi, c’è stata l’udienza di divorzio e la palla è passata al tribunale ordinario dove fortunatamente ho avuto la possibilità di avere un contraddittorio. Il magistrato mi ha voluto credere, il 27 giugno ci sono stati gli arresti e i miei figli sono tornati a casa”.

“I bambini sono stati molto traumatizzati, al piccolo di 5 anni e mezzo hanno attaccato la famosa ‘macchina dei ricordi’ – ricorda il papà – gli davano la scossa per fargli dire cose non vere, quando diceva che voleva tornare a casa dal papà gli rispondevano che non li volevo, che preferivo il più grande rimasto con me, che la nonna non voleva né lui né il fratello. Il risultato è che mio figlio ha ancora ricominciato a farsela addosso. La sentenza di oggi magari ci darà giustizia, ma i traumi che questi bambini si portano addosso sono da valutare”.

Il caso di Bibbiano

Sono attese per oggi le prime due sentenze del processo legato all’inchiesta Angeli e Demoni, che vede al centro la presunta rete di falsi abusi su bambini allontanati dalle proprie famiglie e dati in affido ad amici e conoscenti di alcuni operatori che gravitavano intorno ai servizi sociali della Val D’Enza e del comune di Bibbiano. Oggi il giudice Dario De Luca dovrebbe esprimersi sia sulle posizioni di Claudio Foti, gestore della Onlus Hansel e Gretel finita al centro dello scandalo, e Beatrice Benati, assistente sociale, sia su altre 22 richieste di rinvio a giudizio presentate dal pubblico ministero.

Secondo quanto scritto nell’ordinanza del tribunale, come venne riportato da ilGiornale.it, i responsabili dei servizi sociali avrebbero falsificato alcuni documenti e relazioni, per poter allontanare i bambini dalle proprie famiglie e affidarli ad amici e conoscenti. Un sistema, secondo le accuse, costruito sia per fini economici che per un “fattore ideologico”, che avrebbe coinvolto assistenti sociali, psicoterapeuti, avvocati e politici in una serie di accordi e favoritismi. È emersa così una rete di presunte manipolazioni e falsificazioni, che avrebbe generato un giro d’affari da migliaia di euro, a scapito dei bimbi allontanati dalle proprie famiglie.

Tutto iniziò nell’estate del 2018, quando il pm Valentina Savi decise di far partire le indagini, insospettita dai numeri anomali di sospetti abusi sessuali registrati dai servizi sociali. In generale le segnalazioni erano statisticamente simili a quelle delle altre province italiane. Ma in Val d’Enza, i bambini e le bambine allontanati dalle proprie famiglie a causa di abusi sessuali maltrattamenti erano nettamente più elevati. Inoltre per questi bambini era stata privilegiata l’idea dell’affido a un’altra famiglia, invece che la collocazione in una struttura. Infatti, stando a quanto riporta la Provincia Pavese, nel 2015, su 18 minori nessuno sarebbe stato dato in affido. Il dato sarebbe aumentato drasticamente l’anno dopo, con 33 minori accolti in struttura e 104 affidati ad altre famiglie, e ancora nel 2017, con 50 minori in struttura e 110 in affido.

Numeri che sarebbero quasi raddoppiati nel primo semestre del 2018. Un andamento anomalo, che fece insospettire il pm Savi, la quale iniziò a indagare sulla situazione, portando alla luce “una serie interminabile di falsi, prodi processuali e depistaggi”, come riferì lei stessa, secondo quanto scritto dalla Provincia Pavese. Scoppiò così il “caso Bibbiano”, che coinvolse i servizi sociali della Val D’Enza, il comune di Bibbiano e il centro Hansel e Gretel, accusati di aver falsificato le relazioni per il tribunale dei minori e aver influenzato le menti dei bambini, con lo scopo di allontanarli dalle proprie famiglie, per darli in affido ad amici e conoscenti.

Domande pressanti, giochi di ruolo, disegni modificati e persino l’uso della “macchinetta dei ricordi”. Così gli psicologi a cui erano stati affidati i bambini avrebbero, stando alle accuse, manipolato la mente dei piccoli per spingerli ad addebitare genitori e parenti abusi sessuali e violenze. IlGiornale.it aveva esaminato le 277 pagine dell’inchiesta, in cui erano state riportate le intercettazioni fatte dai carabinieri di Reggio Emilia, che mostravano le presunte pressioni sui minori, indotti a confessare episodi mai avvenuti. Il tutto iniziava con una segnalazione ai servizi sociali, che prendevano in carico il caso e facevano inziare al bambino o alla bambina un percorso di terapia con gli psicologi. Proprio durante queste sedute i minori sarebbero stati portati a confessare violenze inesistenti, a seguito delle quali venivano allontanati dalle proprie famiglie e dati in affido.

Secondo l’accusa, il modus operandi sarebbe stato sempre lo stesso: continue domande poste in modo da suggerire ai piccoli la risposta, giochi di ruolo in cui i genitori erano rappresentati come i cattivi delle fiabe intenti a far del male ai propri figli e l’uso di un macchinario che trasmette piccole vibrazioni. In questo modo i piccoli sarebbero stati convinti a confessare prima agli psicologi e poi al giudice abusi e violenze inesistenti. Per rendere più credibili le relazioni e convincere il giudice del tribunale ad allontanare il minore e affidarlo a un’altra famiglia, assistenti sociali e psicologi avrebbero anche alterato i disegni dei bambini, aggiungendovi connotazioni sessuali.

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