«Prigionieri di Israele e in ostaggio di Hamas», dice un uomo che ha pagato 15 mila dollari per dare alla moglie e alla figlia piccola una speranza di vita: lasciarsi alle spalle Gaza. I soldi non li aveva, perciò si è indebitato con i parenti emigrati all’estero. Hanno pagato loro gli emissari di “Hala”, la controversa agenzia di viaggi con buoni contatti al Cairo e in rapporti d’affari con Hamas. Il tariffario è variabile, i palestinesi senza documenti di viaggio, cioè la maggioranza dei rifugiati nella Striscia di Gaza, hanno poco da negoziare: 2.500 dollari per i minori di anni 16 anni; 5.000 dollari per gli altri. Un adulto che vuole saltare la coda, deve mettere sul tavolo 10 mila dollari.
C’è un tariffario per scappare da Gaza? E perché?
Più a portata di mano è il biglietto d’uscita se si possiede un passaporto egiziano: tra i 650 e i 1.200 dollari.Le offerte di questo “tariffario” per scappare da Gaza, sono pubblicizzate apertamente on-line da alcune agenzie di viaggio. Ai giornalisti che hanno contattato i numeri elencati sono stati forniti i preventivi. Un’agenzia egiziana ha affermato di aver addebitato ai palestinesi 7.000 dollari, agli egiziani 1.200 dollari e ad altri titolari di passaporto straniero 3.000 dollari.
A monopolizzare il business è stata l’Hala Consulting and Tourism services, un’agenzia di viaggi basata al Cairo, con una sede a Rafah (città-valico tra la Striscia e l’Egitto) e almeno sette agenti ingaggiati a Gaza. Dal 2019, l’azienda offre anche un servizio VIP chiamato “coordinamento” o “tanseeq” in arabo, per ottenere entro 48 ore il permesso di attraversare il confine a bordo di pulmino o auto privata climatizzata, dopo aver “goduto delle comodità” della sala d’attesa “Hala” al valico di Rafah munita di servizio di ospitalità, accoglienza VIP e connessione internet compresi
La procedura di “reservation” – promettono – è semplice. Basta contattarli alla mail indicata per le prenotazioni. La risposta dell’agenzia – lo abbiamo verificato fingendoci interessati all’acquisto di un pass – è quasi immediata. Ci vengono richiesti il nome del viaggiatore a cui intestare il permesso e quello della persona che prenota e paga. Per il saldo, anticipato, – ci scrivono – verremo messi in contatto con la sede centrale del Cairo.
Dietro l’agenzia Hala c’è un importante uomo d’affari del Cairo in rapporti diretti con il presidente, Abdel-Fattah al-Sisi: Ibrahim Al Organi, capo della tribù dei Tarabin nel deserto del Sinai al confine con Israele, dove collabora con l’esercito egiziano e i servizi di sicurezza impegnati contro l’Isis. Al Organi, però, è anche titolare di una serie di società che vantano partnership statali. Oltre all’agenzia di viaggi Hala, del Gruppo Organi fanno parte altre sette aziende operanti in vari settori: dall’immobiliare all’edilizia, al calcestruzzo, ai trasporti, fino all’export e alla manutenzione.
Oltre ad intervistare decine di palestinesi ed egiziani che si sono affidati a questi intermediari per varcare il confine con l’Egitto, i giornalisti, spacciandosi per potenziali clienti, sono riusciti a contattare direttamente le agenzie dedite all’affare, le cui offerte sono in alcuni casi pubblicizzate apertamente online o condivise su gruppi social. Un’agenzia egiziana – riporta l’Occpr – ha spiegato ai giornalisti sotto copertura che il costo per i palestinesi ammontava 7.000 dollari, 1.200 per gli egiziani e 3.000 per i titolari di passaporti stranieri.
Tra le testimonianze raccolte, due palestinesi hanno raccontato di aver attraversato Rafah pagando 4.500 dollari ciascuno, mentre altre tre persone hanno detto di essere stati truffati e di aver perso i soldi.
Una donna palestinese ha riferito che un’agenzia le avrebbe chiesto 40.000 dollari per far uscire suo marito e i suoi tre figli attraverso Rafah: “Ma non possiamo permettercelo”, ha detto ai giornalisti. “Altri – si legge nell’inchiesta – cercano disperatamente di raccogliere denaro vendendo oro e altri effetti personali, chiedendo prestiti ad amici e parenti o lanciando raccolte fondi online”.
I giornalisti, spiega l’Occpr, non sono stati in grado di determinare esattamente come questi intermediari riescano ad organizzare e portare a termine le traversate. Tuttavia “la loro capacità di ottenere rapidamente l’autorizzazione dai servizi di sicurezza egiziani che controllano il confine avvalora l’ipotesi secondo cui un sistema di tangenti stia ungendo le ruote” di un simile sistema.
L’Egitto ha negato episodi di corruzione o estorsione. In una dichiarazione pubblicata il 10 gennaio, il capo del Servizio informazioni statale egiziano, Diaa Rashwan, ha respinto le «accuse infondate» secondo cui sarebbero state imposte tasse aggiuntive ai palestinesi al valico.