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C’era una volta, tanto tempo fa, il calcio di strada…

Per tutti i nostalgici delle vecchie generazioni, che non sono cresciuti con uno smartphone in mano, ma con il calcio di strada nel cuore.

Lo chiamano futbol callejero, nell’America Latina, ma è comunque diffuso in tutto il mondo. Non è un semplice passatempo per bambini, ma una sorta di sacro culto, probabilmente più potente di qualunque altro. Eppure oggi il calcio di strada sta lentamente scomparendo, soprattutto in Europa. Quelli che sono nati nel corso degli anni ’90 possono capire e condividere benissimo questo profondo senso di nostalgia, essendo gli ultimi figli di una vecchia generazione. Una generazione che non era ancora stata deflorata dal morbo della tecnologia, maledetta e dilagante. A quei tempi i cellulari venivano infatti usati per il record di punti a Snake o per farsi due risate davanti all’immagine di Pikachu che inchiappettava Snoopy. Tutto qua. In compenso c’erano le piazze, le strade ed i campetti sotto casa. E questo bastava. Ma adesso i ragazzini hanno sostituito i palloni con gli smartphone e le ginocchia sbucciate sull’asfalto con i calli sulle dita per le troppe storie postate su Instagram. Dunque, eccoci all’inesorabile sentenza finale: c’era una volta, tanti anni fa, il calcio di strada.

Calcio di strada
Calcio di strada (fonte: ciaovecio64.altervista.org)

Il calcio di strada e le sue regole

Tutto funzionava secondo un preciso ed intoccabile ordine naturale. Il calcio di strada aveva infatti i suoi comandamenti, che, anche se non erano incisi su tavole di pietra, erano allo stesso tempo inviolabili, come quelli pronunciati da Mosè sul monte Sinai al popolo ebraico. Prima regola: non parlare mai del Fight Cl… no, scusate! Prima regola, quella principale: chi portava la boccia comandava, anche se era più scarso di Vampeta con una gamba sola. E la boccia poteva essere di tre tipi: il Tango di gomma (il cuoio era un lusso per pochi eletti o per le grandi occasioni), il Super Santos o, in casi estremi, il Super Tele, all’incirca dello stesso peso di un palloncino da festa di compleanno. Il match terminava nell’istante esatto in cui la mamma del proprietario della palla gli urlava dalla finestra che lo spaghetto era in fase di colatura.

Super Santos
Super Santos (fonte: outsidernews.it)

Il campetto

Si giocava tutti i giorni: con il sole, quando c’erano 42 gradi e sudavano persino i varani; con la pioggia, quando invece la temperatura andava sotto lo zero e anche gli orsi polari giravano con le moffole per precauzione. Niente poteva fermarti. Il campo era qualcosa di fantastico e insieme di surreale. Le ostilità avevano luogo nei famigerati campetti, gestiti per lo più dalla Chiesa del quartiere, che in realtà erano terribili trappole di cemento dal terreno disastrato ed impervio, dove il pericolo di perdere una rotula era imminente ogni tre passi. Le due porte, ovviamente senza reti o tutt’al più circondate da vistose ragnatele, erano tirate su a ruggine e sputi (il tetano si prendeva solo a guardarle). Ma poco importava, dato che tra i pali ci finiva sempre il più piccolo, il più grasso o quello con gli occhiali, che già a 11 anni era cieco come un tasso con la cataratta. Era la dura legge del più debole, perfettamente applicata come Darwin impone.

Calcio di strada
Calcio di strada (fonte: zero.eu)

I campi improvvisati per strada

Tuttavia non sempre era possibile beneficiare di questi efficientissimi impianti, che spesso i sacrestani o i preti dell’oratorio, in tutta la loro celestiale stronzaggine, decidevano di tenere chiusi, spingendoti così a forcare per ripicca la Messa della Domenica. Comunque, presto risolto. Non serviva granché in effetti. Un qualunque spiazzo, quattro giubbotti o scatoloni di cartone raccattati qua e là, alla bisogna anche un portone, oppure la vetrina di qualche negozio potevano essere delle ottime quanto rischiose scelte, ed il rettangolo di gioco con le rispettive porte era fatto. Si arrivava ai 10, ma già sul 2 a 1 avevi perso il conto. Così si continuava all’infinito fino al calar del buio, tra il dribblare i passanti, centrare i ciclisti, far smadonnare le vecchie sulle panchine, evitare le secchiate d’acqua, rompere dei vetri o le macchine del caffè dei bar (vi giuro che è successo veramente!) ed essere minacciati di ritorsioni, interventi punitivi, pene capitali, galera, ergastoli e chiamate ai Carabinieri. Non era l’atmosfera dei barrios argentini, ma poca ci mancava.

Calcio di strada
Calcio di strada (fonte: calciatoribrutti.com)

L’outfit del calcio di strada

Le sfide del pomeriggio con i coetanei erano un appuntamento importantissimo. Per questo la tenuta diventava fondamentale: maglietta del tuo idolo, comprata in qualche cafonissima bancarella abusiva e più tarocca della laurea di Giannino; pantaloncino consunto e rammendato con quelle ignorantissime toppe delle Tartarughe Ninja o dei Simpson; scarpetta Nike Total 90, con cui ti sentivi il nuovo Ronaldinho delle folle, capace di incantare l’intero rione… e si usciva a comandare!

Nike Total 90
Nike Total 90 (fonte: foxsports.it)

Non si tira forte!

Il “non vale tirare forte” era soltanto un illusorio suggerimento, che certamente nessuno ha mai rispettato. Spesso partiva la “mina”, un tiro talmente potente che nel 1941 avrebbe affondato una portaerei di Pearl Harbor. Se disgraziatamente ti ritrovavi su quella traiettoria, il minimo che potevi riportare era un danno cerebrale permanente. Le poche volte in cui il portiere riusciva a respingere una simile fucilata, non tanto per sua diretta volontà, ma perché fortuitamente preso in pieno, stramazzava a terra paonazzo con i conati di vomito. In aggiunta, se il poveraccio dopo qualche minuto era ancora al suolo a contorcersi, due calci nel culo, affinché si rialzasse prontamente per riprendere posizione, non glieli toglieva nemmeno Gesù Cristo.

Portiere svenuto a terra
Esempio di un portiere svenuto a terra (fonte: ilportiere.com)

Il Rambo della comitiva

In ogni gruppo poi c’era il Rambo della situazione. Si sa, è capitato a chiunque di lanciare accidentalmente il pallone al di là di qualche recinzione o in qualche canale. E così partivano i processi, che avrebbero fatto la felicità di Barbara Palombelli, su chi sarebbe dovuto andare a recuperarlo. Alla fine a togliere le castagne dal fuoco ci pensava lui, il temerario. Al grido di “Vabbe dai, vado io!”, scavalcava cancelli, ringhiere, saliva su tetti, travi, assi di legno, lucernari. Entrava dai terrazzi nei salotti delle persone, scatenando l’infarto ai pensionati davanti alla TV che se lo ritrovavano davanti; si tuffava sotto le macchine, parcheggiate e in movimento, soltanto per poter consentire alla competizione di proseguire. Un eroe in carne ed ossa, a cui non è mai stato conferito un degno riconoscimento, fuorché qualche pacca sulle spalle. Veterano.

Rambo
Rambo (fonte; mondofox.it)

Goal o rigore?

Altro che VAR o Goal-Line Technology. “Scegli: goal o rigore?”, questa era l’infame e lapidaria alternativa che bene o male metteva tutti d’accordo di fronte alle proteste per una rete un po’ dubbia. E allora improvvisamente ti immedesimavi in Robert De Niro nel film “Il Cacciatore”, quando veniva costretto ad affrontare la roulette russa.

Robert De Niro - "Il Cacciatore"
Robert De Niro ne “Il Cacciatore” (fonte:cinematographe.it)

Alla fine si contavano i caduti, si aiutavano i feriti e si tornava alle proprie case come leggendari guerrieri sopravvissuti al massacro. Sporchi luridi, distrutti, sudati da fare schifo perfino al barbone all’angolo, tagliati, sanguinolenti, fratturati, ma felici. I genitori, che ti aspettavano sulla soglia dell’uscio incazzati come vipere, prima ti davano qualche pattone di bentornato per l’ora tarda, sbraitandoti contro “Hai visto che ore sono? Questa casa non è un albergo!”, poi ti prestavano le cure dovute, spremendoti ettolitri di acqua ossigenata sulle abrasioni, facendo così già maturare in te il precoce desiderio di blasfemia. E il giorno dopo ripartiva meravigliosamente tutto daccapo. Peccato però che eravamo troppo piccoli ed ingenui, stupidamente inconsapevoli del fatto che quei momenti, molto presto e molto rapidamente, si sarebbero esauriti, per sempre.

Insomma, prendendo per un attimo in prestito le parole di Jake La Furia: non scorderò mai le partite per strada coi miei fratelli, su un campo scassato che però ai nostri occhi sembrava Wembley!

Tartaglione Marco

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