Cesare Pavese è stato uno scrittore, poeta, traduttore e critico letterario italiano. Appartenente al movimento letterario del neorealismo, egli è considerato uno dei più importanti autori italiani del secolo scorso. L’unicità della sua scrittura è insita nell’abilità del racconto dell’animo umano. Pavese da bravo traduttore si interessò molto alla letteratura straniera, ma non mancò di soffermarsi soprattutto sulle realtà popolari.
Cesare Pavese, lo scrittore cosmopolita dall’animo folkloristico: vita e opere
“Finché si avranno passioni non si cesserà di scoprire il mondo”.
Cesare Pavese
Pavese nacque nel 1908 a Santo Stefano Balbo in una piccola famiglia borghese. Nel 1932 si laureò in lettere con una tesi sul poeta americano Walt Whitman. Dopo due anni divenne il capo della rivista “La Cultura” e nel 1935 fu arrestato perché antifascista. L’anno successivo pubblicò la raccolta poetica “Lavorare stanca”, ma è nel 1941 che iniziò ad essere conosciuto con l’opera “Paesi tuoi”. Nel 1942 ottenne il primo impiego con la casa editrice Einaudi. Nel Giugno del 1950 vinse il Premio Strega con l’opera “La bella estate”, ad Agosto dello stesso anno si suicidò.
Pavese era molto interessato all’origine dell’uomo, alle radici delle civiltà, al divenire umano. Lo studio dei comportamenti è ciò che lo spinse ad approfondire tematiche come il folklore e il mito. La vita di campagna è vista dall’autore come la condizione umana più vicina alla fonte dell’esistenza. Di questo filone sono le opere: “Feria d’agosto” (1945) in cui il mondo per lo scrittore si divide in mare, città e vigna e “Dialoghi con Leucò” (1947) che consistono in 27 dialoghi tra personaggi mitologici indicanti il rapporto uomo/natura. La ricerca perpetua di un mondo puro e genuino sottolinea la mancanza di fiducia nel mondo a lui contemporaneo. Pavese si sentiva un estraneo, un diverso; la sua era quasi una forma autolesiva di bullismo. Una sensibilità tanto acuta da mal sopportare le inique circostanze del mondo.
“Un paese ci vuole, non fosse che per il gusto di andarsene via. Un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra c’è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti”.
Cesare Pavese ne ”La luna e i falò”
Giusy Celeste
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