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Home Cultura

”La bella estate” di Cesare Pavese e il mito della giovinezza: il romanzo di formazione che racconta l’attesa

by Stella Grillo
4 Agosto 2023
in Cultura
Reading Time: 6 mins read
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La bella estate è una raccolta di tre romanzi brevi scritti da Cesare Pavese editi Einaudi. Le tre composizioni letterarie sono accomunate da un unico filo conduttore: il passaggio dall’adolescenza all’età adulta, il vivere nell’attesa e le disillusioni. Nello spazio dedicato alla Letteratura per l’Infanzia, un classico del romanzo di formazione la cui lettura è imprescindibile.

La bella estate, il mito di una giovinezza che sfugge pian piano

La bella estate cesare pavese

Il trittico di romanzi composti da Cesare Pavese ed editi da Einaudi nel 1949, comprendevano: La bella estate (1940), Il diavolo sulle colline (1948), e Tra donne sole (1949). Grazie a questa trilogia legata dal filo conduttore dello sgretolarsi del mondo infantile che lascia il posto all’età adulta, Pavese vinse il Premio Strega nel 1950. La giovinezza che lascia il posto alla maturità diviene fulcro di delusione: nei vari romanzi è proprio il protagonista più giovane che subisce le veemenza del passaggio di crescita, oltre a tutte le sensazioni del caso; una tensione che si manifesta al limite, e si acuisce verso una tendenza al suicidio. Atto che, in seguito, verrà commesso dallo stesso autore.

La bella estate: un incipit che descrive al meglio il mondo giovanile

Forse uno degli incipit in cui si riflette al meglio la sfera emotiva adolescenziale: l’euforia delle notti passate con gli amici, l’adrenalina e l’incoscienza di vivere nell’attesa di situazioni inaspettate che regalino un brivido, perché tutto, in quella stagione della vita, è considerato una novità. Già dalle prime righe, Pavese fa addentrare il lettore in un mondo fatto di tenerezza, sorrisi, sogni e aspirazioni tipiche del mondo dorato della giovinezza:

«A quei tempi era sempre festa. Bastava uscire di casa e attraversare la strada, per diventare come matte, e tutto era bello, specialmente di notte, che tornando stanche morte speravano ancora che succedesse qualcosa, che scoppiasse un incendio, che in casa nascesse un bambino, o magari venisse giorno all’improvviso e tutta la gente uscisse in strada e si potesse continuare a camminare fino ai prati e fin dietro le colline».

La protagonista di questo romanzo breve è Ginia, una giovane operaia proveniente dalla campagna. La ragazza vive con il fratello, Severino, che lavora come operaio del gas. Il suo carattere gioviale e ingenuo la avvicina ad Amelia, poco più grande di lei, di cui diventa amica. Quest’ultima, lavora come modella presso alcuni pittori. Grazie alla sua influenza, convincerà Ginia a frequentare gli ambienti artistici ed un po’ bohémien della città.

Amelia è attratta fisicamente da Ginia, ma al contempo, invidia la sua gioia di vivere, il suo essere semplice, la sua tenerezza di fronte alle scoperte: lei, abituata ad una vita pacata e fatta di doveri. In seguito, Amelia la invita nello studio di Guido, un pittore di cui Ginia, in seguito, si innamorerà e si concederà.

Presa di coscienza e fine de La bella estate tanto sospirata: l’età adulta

Ginia, con l’entusiasmo di una giovane ragazza straripante di sentimenti, è colma di felicità; pensa che anche Guido la ami, e crede di aver finalmente coronato il suo sogno: il ragazzo però non ricambia esattamente il suo amore, e proprio per questo motivo si svilupperà in Ginia una sorta di ossessione che la porterà a sperimentare sentimenti ambivalenti e senso di rivalsa nei confronti di Guido, ma anche di Amelia.

Sarà proprio Amelia a farle avvertire il cambiamento: come Virgilio guida di Dante nell’Inferno, la figura di Amelia guiderà Ginia verso la scoperta dell’ età adulta. L’ambiguità di Amelia, tuttavia, si fa strada nelle pagine seguenti: non solo continua a fare proposte criptiche e poco chiare a Ginia, ma le confida anche di essere affetta da sifilide, contratta da una donna. Successivamente, Ginia si rende conto che Guido la trascura preferendo la compagnia dei suoi amici.

Dopo aver visto Amelia posare per lui, nel tentativo di sorprenderlo, gli chiederà di poter posare nuda lei stessa; non sapendo, però, che l’amico Rodriguez la stesse spiando da dietro una tenda che divideva il letto dallo studio. Quando il ragazzo irrompe improvvisamente, Ginia fugge piena di vergogna dopo aver udito la frase pronunciata da Guido ad Amelia e all’amico: “Lasciala stare, è una scema”.

Perché si vive in attesa di qualcosa? La disillusione che scuote e fa crescere

L’umiliazione e la vergogna provata in quella porzione di mondo reale, seppur per poco tempo, bastano a far svanire La bella estate radicata nei sogni di Ginia; il dolore, la delusione, l’umiliazione sono gli effetti di quel mondo svuotato dalle illusioni giovanili:

«Quando fu sola nella neve le parve di essere ancor nuda. Tutte le strade erano vuote, e non sapeva dove andare… Si divertiva a pensare che l’estate che aveva sperato, non sarebbe venuta mai più.»

Ginia, con amara tristezza, si riappacifica con Amelia vedendo in lei la figura chiave adatta a guidarla nel mondo reale – come le azioni precedenti le hanno dimostrato – dopo che le sue speranze di bambina sono andate distrutte.

Una lettura imprescindibile

La bella estate non è fra i classici più noti dello scrittore, rispetto a La luna e i falò o Il mestiere di vivere. Non può nemmeno definirsi un classico della letteratura per l’infanzia o per l’adolescenza. Ma è un romanzo di formazione che, tuttavia, ogni adolescente dovrebbe leggere almeno una volta nella vita: il distacco dall’infanzia avviene, spesso, in modi cruenti e porta con sé sentimenti negativi quali umiliazione, vergogna o anche confusione: un po’ come accade alla protagonista.

Esiste un momento preciso in cui i lacci dorati dell’infanzia si sgretolano; i sogni patinati e luccicanti si ingrigiscono un po’ assumendo il colore della realtà. La bella estate è il racconto dell’inevitabile perdita dell’innocenza. Un rito di passaggio che, prima o poi, si presenta a chiunque. L’estate a cui allude il titolo rappresenta la giovinezza; il regno incontaminato che cessa quando si iniziano ad inseguire sogni o sentimenti che popolano la realtà circostante.

”Quell’anno faceva tanto caldo che bisognava uscire ogni sera, e a Ginia pareva di non avere mai capito prima che cosa fosse l’estate, tanto era bello uscire ogni notte per passeggiare sotto i viali. Qualche volta pensava che quell’estate non sarebbe finita più, e insieme che bisognava far presto a godersela perché, cambiando la stagione, qualcosa doveva succedere”.

Il messaggio di Cesare Pavese

Le aspirazioni e i sogni che solleticano la volontà innescando perseveranza, sono quelli che fanno crescere. Mentre quelle speranze travestite da illusioni che, improvvisamente, si svelano recando dolore conducono ad un realismo necessario. La realtà, seppur cruda, traghetta dal mondo ludico del gioco all’età adulta. L’inquietudine di Ginia si placa solo quando accetta che la sua estate – la giovinezza – si è conclusa; può solo andare avanti con il bagaglio di consapevolezze acquisite.

L’uomo vive, per sua natura, in attesa di un qualcosa investendolo di sogni e auspici, che tuttavia, a volte, si rivelano deludenti. L’estate è simbolo di rinascita, un luogo della mente quasi, in cui si pensa che le speranze tanto agognate troveranno concretezza. Ma il messaggio di Pavese è chiaro: l’illusione di un’estate, che è sì meravigliosa, ma che ad un certo punto deve finire lasciando posto al resto dell’esistenza, e quindi, al realismo.

Foto in copertina: laserelegge.it

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