Virgilio e la primavera in letteratura latina: le ”Georgiche”

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Di Stella Grillo

Virgilio, una delle personalità letterarie latine più famose. Allegoria della ragione nella Divina Commedia e guida di Dante. Nel terzo appuntamento della rubrica ClassicaMente, si tratterà il tema primaverile in letteratura latina: dal Pervigilium Veneris, alle Georgiche del grande poeta latino.

Pervigilium Veneris

La primavera è sinonimo di risveglio nella natura: in essa si riflettono ispirazione e creatività, soprattutto per quanto riguarda la poesia. In letteratura latina sono molte le rappresentazioni riguardanti la stagione della mitezza; prima che ci si addentri nell’opera Virgiliana occorre ricordare un carme: quest’ultimo, rispecchia fedelmente la visione primaverile che la letteratura classica aveva della suddetta stagione. Si tratta del Pervigilium Veneris, la Veglia di Venere. Un carme latino di 93 versi settenari trocaici, facente parte della raccolta poetica dell’Anthologia latina del VI sec. d.C. Il componimento, seppur attribuito a Catullo o a Tiberiano, risulta essere di autore ignoto. Una certezza sul carme è che sia stato scritto in onore di una festa primaverile celebrata agli inizi di aprile, per rendere omaggio alla dea Venere. L’incipit recita:

”Già canta Primavera, nello splendor dei fiori. Nacque, in quel tempo, il mondo. Si legano gli amori, gli uccelli dentro i nidi celebran gli sponsali, le nuove fronde bagnano fecondi temporali. Domani, dentro il bosco, intreccerà di mirto alcove per gli amanti, la dea, d’amore spirto.”

Nel poema confluiscono una serie di immagini che ne esaltano le sensazioni: l’inizio della primavera, l’invito a non sciupare la stagione del risveglio, senza aver gustato l’amore. La nascita di Venere dalla spuma delle onde; un auspicio per cui tutti, dalle ninfe ai fiori, conoscano l’amore. Il fluttuare dell’esaltazione si interrompe, bruscamente, alla fine del carme: da un inno di ebbrezza e magia, ad una razionalità interrogativa. L’ignoto autore si chiede, infatti, quando sarebbe giunta per lui, la primavera.

”Quando verrà, di nuovo, per me la Primavera? Quando, come la rondine, potrò cantare ancora? Ed il silenzio rompere nel canto dell’aurora? Perdetti la mia Musa, la cetra langue muta, il sol più non mi guarda, né scalda, né m’aiuta.”

Virgilio: le Georgiche e la natura

Le Georgiche sono un poema epico-didascalico di 2183 esametri in 4 libri, manifesto della poesia didascalica per eccellenza di tutta la letteratura latina. Il tema centrare dell’opera è l’attività agricola e campestre. I quattro libri sono divisi in due coppie dedicate, rispettivamente, all’agricoltura ed all’allevamento: il lavoro nei campi, la coltivazione delle piante, l’apicoltura.

Virgilio, Georgiche - photo Credits: wikipedia
Virgilio, Georgiche – photo Credits: wikipedia

Ogni libro ha un prologo ed una conclusione che riprende una favola mitologica. Nelle Georgiche, Virgilio lancia un messaggio politico e dottrinale basato su un’ideologia che verte sui valori propri del mos maiorum: laboriosità, concordia, devozione.

Scenario campestre e differenza con le Bucoliche

Lo scenario è la campagna, luogo in cui è possibile mettere in pratica l’attuazione dei valori propri del mos maiorum: infatti, gli ambienti agresti richiedono un’incessante manutenzione per non divenire sterili. A differenza delle Bucoliche, dove l’ambientazione e denotata dalla fantasia, poiché, si rifà alla mitica regione greca dell‘Arcadia, nelle Georgiche, la campagna è colta nella sua concretezza: un modo reale, fatto di umili fatiche quotidiane.

Virgilio, Bucoliche - Photo Credits: studiarapido.it
Virgilio, Bucoliche – Photo Credits: studiarapido.it

Si sviluppa il tema del lavoro accanto all’esaltazione della vita rustica. Per Virgilio, infatti, l’uomo possiede la serenità solo praticando un ideale di vita, come quella rustica, in quanto più consona alle umane esigenze.

Virgilio: gli idilli celebrativi della vita campestre

I toni di Virgilio non hanno nulla a che vedere con le descrizioni rurali, monotone e dalla lentezza espositiva: è un esplodere di disgressioni celebrative, inni, rappresentazioni dense, intense, fantasiose. La minuzia delle esposizioni è volta a descrivere la beatitudine che deriva dalla vita campestre, intesa come potente mezzo di restaurazione sociale e civile. Non mancano passi dell’opera in cui un brivido di oscurità ed inquietudine perviene il lettore: si tratta dei presagi di morte legati a Giulio Cesare, o, ancora, alla situazione politica instabile. I temi dominanti:

  • Amore e morte nel regno animale: Virgilio narra di una grande pestilenza imbattutasi sugli animali: metafora della stessa condizione umana. Così come la similitudine che vede l’amore degli animali, simile a quello umano.
  • Regno animale e vegetale, simile all’uomo: il poeta conferisce ad essi, sentimenti e passioni tipicamente umane.

L’inno alla Primavera, Georgiche – Libro II

Un esempio lampante di visione classica della primavera, è contenuto nell’inno alla stagione del risveglio. Il poeta latino ne sottolinea la dolcezza ma, al contempo, la potenza creatrice.

Alle selve, alle foglie dei boschi è dolce primavera; a primavera
gonfia la terra avida di semi.
Allora il Cielo, padre onnipotente, scende
con piogge fertili nel grembo della consorte,
immenso si unisce all’immenso suo corpo,
accende ogni suo germe. Gli arbusti remoti risuonano
del canto degli uccelli, e gli armenti ricercano Venere,
e i prati rinverdíseono alle miti aure di Zèfiro.
E i campi si aprono; si sparge il tenero umore;
ora al nuovo sole si affidano i germogli.
E il tralcio della vite non teme il levarsi degli austri
né la pioggia sospinta per l’aria dai larghi aquiloni,
ma libera le gemme e spiega le sue foglie.
Giorni uguali e cosí luminosi credo brillarono
al sorgere del mondo; fu primavera, allora.
primavera passava per la terra. Ed Euro
trattenne il soffio gelido quando i primi
animali bevvero la luce, e la razza degli uomini
alzò il capo nei campi aspri, e le belve
furono spinte nelle foreste e le stelle nel cielo.

Stella Grillo