Il giovane Charles ha un rituale domenicale irrinunciabile. Nel sonnolento Minnesota provinciale degli anni 30 anche un paio di semplici fogli di carta stampata possono creare nuovi universi. Figuriamoci se sei un ragazzino di dieci anni sveglio e affamato di stimoli.

E’ l’inserto domenicale del giornale locale, quello che propone le migliori strisce a fumetti del momento, l’appuntamento settimanale che Charles e il padre non possono per nulla al mondo saltare. Popeye, Mickey Mouse e Skippy sono un mondo altro, un momento di gioia, evasione e condivisione. E poi Charles ha un chiodo fisso: vuole diventare un fumettista. Ed è bravo.

Charles M. Schulz e un amore chiamato disegno

Ad appena 15 anni, il suo ritratto del cavallo Sparky, protagonista della strip “Barney Google”, viene pubblicata sulle pagine di “Ripley’s believe it or not”, quotidiano a tiratura nazionale. “Sparky” è anche il soprannome che lo zio ha affibbiato a Charles poco dopo la sua nascita. Di fatto, un battesimo laico al culto del fumetto e delle strips. Una liturgia che Charles non smetterà mai di onorare con quotidiani esercizi di fede. La famiglia Schultz è tutt’altro che benestante, ma la passione di Charles per il disegno e i fumetti è supportata con entusiasmo. Tanto che, parallelamente al liceo, Charles si iscrive con successo al corso da fumettista per corrispondenza della“Federal School for Applied Cartoons”.

Il 1943 rappresenta un anno cruciale nella vita di Charles: prima muore l’amatissima madre, poi viene chiamato dall’esercito e spedito in Europa a combattere i nazisti. Partecipa solo di striscio ai momenti più caldi della guerra, e nel 1945 ritorno a Minneapolis senza aver sparato un solo colpo. Tornato a vivere con il padre, riprende da dove gli eventi lo hanno obbligato a fermarsi: una carriera di fumettista. Il periodo del dopoguerra è un momento fondamentale per il mercato fumettistico degli USA. All’orizzonte si vedono enormi cambiamenti, formali e sostanziali. Lo stile art deco e le sue indirette influenze anche nel fumetto popolare hanno i giorni contati. Fino a poco prima il modello imperante nella produzione e pubblicazione era quello del comic a piena pagina, soluzione necessaria a tavole fitte, sovrabbondanti di particolari e dettagli.

1942, l’anno dove tutto cambia

Ora, dopo la guerra, lo spirito è tutt’altro e le strutture che hanno portato al successo “Dick Tracy” e “Little Nemo in Slumberland” fanno parte di un passato con cui anche l’immaginario popolare ha bisogno di dare un taglio. Ora la tensione è tutta verso un modello di fumetto più essenziale nel tratto e sostanziale nel contenuto, anche in conseguenza alla crescente scolarizzazione media dei suoi fruitori. Oltre che di intrattenimento ora il pubblico è affamato anche di stimoli. Charles ancora non lo sa, ma sta mettendo a punto quella che sarà la miglior rappresentazione possibile di tutte le nuove urgenze. Nel 1947 trova un impiego presso la scuola di comics che lo formò, ora chiamata Art Instructor. Contemporaneamente collabora anche con il giornale locale, il St. Pauli Pioneer Press, dove per tre anni curerà una striscia domenicale, e una tantum con il Saturday Evening Post.

La sua striscia si chiama “Li’l Folks”, ed è concentrata sulla vita quotidiana di un curioso gruppetto di ragazzini dalla testa e dalla maturità sproporzionate, che vivono i problemi della propria età con la consapevolezza e le contraddizioni degli adulti. Ci sono più personaggi, spesso diversi, chiamati Charlie Brown. E inizia a fare le proprie apparizioni un cagnolino bianco e nero, Snoopy. Considerate le sue ambizioni e le ottime risposte che il suo lavoro sta avendo a livello locale, l’associazione ad un consorzio di categoria è fondamentale per passare al livello successivo. Ma il primo tentativo di associarsi alla Newspaper Enterprise Association fallisce.  

1950: Nasce ufficialmente “Peanuts”

Nel 1950 propone il proprio portfolio alla United Feature Sindacate, che lo trova ben più che interessante. Sono due le condizioni a cui Charles Schulz, che fino a quel momento avevano continuato a firmarsi Sparky, deve sottostare. Uno: la striscia sarà da ora in poi composta da quattro pannelli, il che gli permetterà uno sviluppo delle gag e della narrazione ben più profondo di quanto fatto fino a quel momento. Due: il nome originario, “Li’l Folks”, va cambiato per questioni legali. Il nuovo nome delle sue strisce da quel momento in poi sarà “Peanuts”. Il 2 ottobre 1950 “Peanuts” fa il proprio esordio sulle pagine di sette quotidiani. Charles Schulz ha 27 anni e continuerà ad occuparsi della propria creatura fino alla morte, avvenuta nel febbraio del 2000. Perché dopo un fisiologico inizio in sordina, nel giro di due anni “Peanuts” diventerà la più ambita produzione in ambito fumettistico cui un quotidiano possa ambire.

Nel 1952 sfonderà i confini della striscia quotidiana da newspaper e gli verrà dedicata la prima raccolta di strisce da libreria. Traducendo su carta enormi momenti della propria esperienza intima tanto quanto lo Zeitgeist di un’intera nazione, Schulz riesce a toccare con intelligenza, malinconia e delicatezza corde e sentimenti di un’enorme bacino di lettori. Il tutto attraverso le vicende di una manciata di ragazzini che nel corso degli anni diventeranno veri e propri totem e  specchi delle paure, dei limiti e dei sogni di ognuno. L’amore mai corrisposto di Charlie Brown per la ragazzina dai capelli rossi, la transizionale coperta di Linus, la megalomania di Lucy, i successi e i fallimenti di Piperita Patty. Una base profondamente umana, fallibile ed empatizzante. Un movente di fondo che nel corso degli anni Schulz ha costantemente aggiornato ed evoluto affichè il modello originale rimanesse al passo con quei tempi moderni in continuo cambiamento.

L’eredità di Charles M. Schulz

Nella sua intera carriera, Charles Schulz ha disegnato17,897 strisce di “Peanuts”, tradotte in 51 lingue e publicate su un totale di 2600 pubblicazioni in 75 paesi. A sintetizzare al meglio una produzione monumentale per quantità e impatto sulla cultura popolare, sono forse le stesse parole dell’autore. “Credo che Charlie Brown sia composto da qualcosa che è in ognuno di noi” dichiarò Schulz alla CBC nel 1961 “E soprattutto da me. Charlie Brown sono soprattutto io. Sarebbe facile occuparsi dei vincenti, ma la verità è che non sono che un’esigua minoranza rispetto a tutti gli altri. La maggior parte di noi perde, e soprattutto noi meritiamo una storia”.

Andrea Avvenengo

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