Chi è il calciatore Cherif Karamoko, dal dramma al sogno

Foto dell'autore

Di Redazione Metropolitan

Su quella barca potevano starci 60 persone, ma noi eravamo in 143. Era piena, non ci stavamo, ma chi aveva organizzato il viaggio era armato e ci ha spinto a forza tutti dentro. Non c’era spazio per muoversi”. La guerra, la fuga sul barcone, la perdita del fratello e il sogno realizzato di giocare a calcio in Italia. Il calciatore Cherif Karamoko, che ha debuttato nel 2019 in serie B nel Padova, racconta per la prima in televisione, a Verissimo, la sua storia di dolore e riscatto, raccolta nell’autobiografia Salvati tu che hai un sogno.

Cherif Karamoko è nato a Conakry, capitale della Guinea, il 3 maggio del 2000. E’ un calciatore. Ha debuttato nel 2019 con la maglia del Padova, in Serie B. Il centrocampista ha una storia davvero difficile alle sue spalle: nel 2017 è scappato dalla sua terra, a causa della guerra, e dopo esser stato prigioniero, dopo aver subito torture, si è imbarcato dalla Libia per arrivare in Italia. Nel difficile viaggio ha perso suo fratello: dopo aver perso i genitori, il fratello rappresentava la figura più importante nella sua vita. “Quando eravamo a Tripoli mi diceva di guardare le luci in fondo al mare, che lì c’era l’Italia, il posto dove avrei potuto realizzare il mio sogno” ha raccontato ai microfoni di Canale 5. Cherif alla fine è riuscito a realizzare il suo più grande desiderio: quello di diventare un calciatore. In questo momento si trova svincolato a causa del permesso di soggiorno scaduto: proprio a Silvia Toffanin ha spiegato che lo stanno aiutando a rinnovarlo, così da poter tornare a giocare.

Verissimo il ragazzo ricorda il suo terribile calvario per arrivare in Italia. Scappato dalla guerra in Guinea, ha attraversato il deserto per arrivare a Tripoli, in un viaggio dove è stato tenuto prigioniero e dove ha subito terribili torture. Nel 2017, insieme a suo fratello è partito dalla Libia a bordo di un barcone affondato nel Mediterraneo: “Una notte, abbiamo iniziato a imbarcare acqua. A quel punto è nata una battaglia disperata per accaparrarsi i salvagenti, che erano pochissimi rispetto a quanti eravamo. La gente urlava e non si capiva niente”.

A Silvia Toffanin, Karamoko racconta, con la voce rotta dal pianto, della disperazione di quelle ore e dell’incidente in mare che ha portato alla morte di quasi tutti i profughi e alla scomparsa di suo fratello: “Quando la barca è affondata ci siamo aggrappati ad alcuni pezzi dell’imbarcazione. Ero senza forze, faceva freddissimo e avevo bevuto un sacco di benzina. All’improvviso mio fratello mi ha allungato un salvagente e mi ha detto di tenere duro, che sarebbe arrivata la nave italiana a salvarci. Mi ha detto di salvarmi perché dovevo giocare a calcio. Lui era al mio fianco e non mi sono accorto quando è scomparso nelle onde. Sono svenuto e mi sono risvegliato in ospedale in Italia”.