Ha origini lontane ma continua a creare consapevolezza e accettazione: ricorre oggi 11 ottobre il Coming out day, la celebrazione della diversità e della libertà di dichiarare il proprio orientamento sessuale e la propria identità di genere.

Coming out day: perché è importante e da dove nasce

Photocredit: blmagazine.it

Ricorre oggi il Coming out day: la celebrazione della scelta di dichiarare il proprio orientamento sessuale o la propria identità di genere. Se è vero che ci sono molti progressi ancora da fare per arrivare ad una accettazione vera e propria, è vero anche che molta strada è stata fatta. Vediamo da dove abbiamo iniziato.

L’idea è quella dello psicologo Robert Eichberg e di Jean ‘O Leary, politica e attivista lesbica. Di lei scrive il New York Times “ha aiutato il movimento delle donne a riconoscere il costo universale dell’omofobia, e il movimento gay ha visto che emarginare le voci delle lesbiche avrebbe solo diminuito il suo potere”. Il primo coming out day risale all’ 11 ottobre 1988, anniversario della seconda marcia nazionale su Washington per i diritti LGBT+. Si tenne in California presso la sede della National Gay Rights Advocates, a parteciparvi furono 18 stati. Da quella prima celebrazione gli stati partecipanti sono aumentati sempre di più: nel 1990 grazie alla Human Right Campaign, hanno partecipato tutti gli Stati Uniti.

I fatti di cronaca dimostrano che siamo ancora lontani dall’accettazione effettiva. Nonostante la legge per i diritti civili ottenuta grazie ad anni di proteste, molti rimangono ostili al mondo LGBTQ+. Tradotto in italiano con il più comune “dichiararsi”, il coming out (dall’inglese coming out of the closet, letteralmente “uscire dall’armadio”) è sinonimo di libertà e di scelta e rappresenta l’occasione di celebrare la scelta consapevole di dichiarare il proprio orientamento sessuale o l’identità di genere, nonché l’importanza di accettare entrambi senza pregiudizi.

Il pregiudizio che deriva da una tradizione secolare è duro a morire, per questo dichiararsi può essere difficoltoso e persino la propria famiglia può rappresentare un ambiente ostile. Chi si dichiara può trovare nell’accettazione dell’altro un senso di benessere e accettazione, ma se l’ambiente non è favorevole le cose possono andare diversamente. Sono i dati a parlare: secondo uno studio dell’ISPES gli uomini gay hanno una probabilità di tentare il suicidio di tre volte superiore rispetto agli uomini eterosessuali. I rischi aumentano con il periodo dell’adolescenza: il 32,5% di gay e lesbiche sotto i 20 anni ha pensato almeno una volta di suicidarsi e il 10,8% ci ha provato.

Se la strada è ancora lunga, l’obiettivo è però chiaro: non solo accettazione, ma percezione del mondo LGBTQ+ non come una minaccia ma un arricchimento, una possibilità di aprirsi al nuovo (solo nella nostra percezione, perchè nuovo non è) che può solo portare benefici a una tradizione che ci ostacola da anni.

Francesca De Fabrizio

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