Sebbene sia ancora in corso a livello mondiale la pandemia da Covid-19, differenti sono, ad oggi, le ripercussioni del virus sui singoli Stati. Il virus potrebbe apparirci al momento più debole e meno contagioso, ma bisogna considerare che in altre realtà extra-europee la situazione è tutt’altro che in ripresa. Il tragico esempio del Brasile, secondo Paese al mondo per numero di contagi dopo gli Stati Uniti, può far riflettere su quanto siano determinanti le strategie governative adottate per il contenimento del Coronavirus. Il fatto che contagi e decessi non viaggino di pari passo in tutti i Paesi, suggerisce che una risposta adeguata, attraverso responsabili comportamenti di prevenzione, sia una reale attenuante nella diffusione del contagio.
I contagi in Brasile aumentano senza tregua
In America Latina i contagi sono in continua crescita e hanno superato ormai i 2 milioni. Il Brasile con più di un milione presenta la metà dei contagi e ha raggiunto i 50.000 morti. Incerti sembrano però i dati resi pubblici dal presidente Bolsonaro che, secondo gli esperti, potrebbe aver annunciato un numero 7 volte inferiore rispetto al quello reale.
Medici senza Frontiere lancia l’allarme: “In Brasile l’incubo Covid-19 è tutt’altro che sotto controllo. Test insufficienti, operatori sanitari colpiti e comunità vulnerabili più a rischio, come quelle indigene nello stato di Amazonas, dove si registra il più alto tasso di mortalità“. Afferma Bart Janssens, coordinatore dell’emergenza in Brasile “I quattro ospedali principali di Manaus sono pieni. Gli operatori sanitari si occupano di pazienti estremamente malati che spesso arrivano troppo tardi o si trovano troppo lontano per essere salvati. Un’alta percentuale di pazienti che entrano in terapia intensiva muore”.
Nessuna strategia di contrasto del Coronavirus da parte del governo
Il primo caso della pandemia di COVID-19 in Brasile è stato confermato il 25 febbraio 2020 e l’operato di Jair Bolsonaro da quel momento ha scatenato enormi polemiche. Il Presidente infatti, con l’accusa di aver sottovalutato più volte la gravità della situazione, non ha mai smentito la sua convinzione che si trattasse di una semplice influenza. Per gli esperti una politica senza distanziamento sociale sarebbe stata catastrofica, portando ad un aumento esponenziale dei contagi per l’estate. E così è stato. Bolsonaro non ha mai smesso ritenere “Le misure per combattere il Covid-19 più dannose del virus stesso“. Ha criticato il governatore di Rio de Janeiro, Witzel, per aver sospeso l’arrivo di voli dagli Stati in cui era stata confermata la contaminazione. Bolsonaro ha affermato che chiudere i centri commerciali e il commercio avrebbe danneggiato l’economia.
Mentre in Europa e in molti altri Stati del mondo si diffondeva l’idea per cui, in assenza di un vaccino, sarebbe stati fondamentali distanziamento e limitazione della circolazione, il Brasile si è espresso contrario alla chiusura degli scambi e dei mercati. In piena pandemia, dunque, quando gli esperti suggerivano misure per limitare la circolazione delle persone, il presidente Bolsonaro esprimeva il suo disaccordo con i governatori sulle restrizioni sociali.
La negligenza del governo e la situazione sanitaria
Nonostante la gravità della situazione e il costante incremento di malati e decessi, Bolsonaro ha sempre optato per un repentino ritorno alla normalità. Più volte ha definito il virus “un’influenza“, oppure una “fantasia” creata dai media, criticando anche la quarantena imposta dai governatori e la loro scelta di mantenere le scuole chiuse. Il governatore di San Paolo, João Doria, ha contrastato la mancanza di azione del presidente Bolsonaro, accusandolo di non aver guidato il popolo durante l’emergenza. Complessa è anche la situazione all’interno del governo stesso, dove due sono stati i Ministri della Salute a dimettersi per diverbi col presidente.
A subire le decisioni discutibili, o addirittura non prese, dallo Stato è sicuramente la popolazione brasiliana. Ad essere maggiormente esposto è il personale medico-sanitario, mal equipaggiato e poco protetto. Si contano 116 operatori sanitari morti di Covid-19 e circa 200 mila che hanno presentato sintomi. Una delle cause principali è da ricercare nel ritardo nell’arrivo di attrezzature idonee. Questo ha peraltro suscitato sospetti tra gli enti che avrebbero dovuto occuparsene, accusati di essersi arricchiti gonfiando le fatture dei ventilatori comprati.
Le proteste da parte della popolazione
Il Brasile sta attraversando la fase più difficile dell’emergenza da Coronavirus e la popolazione sta assistendo ad innumerevoli perdite. Anche i funerali dei propri cari, a cui prima venivano dedicate lunghe e maestose cerimonie, ora si riducono ad un velocissimo saluto. Fosse comuni o buche separate da pochi centimetri di terra caratterizzano la sepoltura delle vittime, alle quali i parenti non possono dare un affettuoso e dignitoso addio.
Numerose manifestazioni, come quella di San Paolo, hanno pubblicamente denunciato la gestione dell’emergenza da parte di Bolsonaro. Si raccolgono firme per il manifesto “Estamos Juntos” (siamo insieme). L’obiettivo dei manifestanti “E’ quello di dimostrare fisicamente che la maggioranza della popolazione è contro il governo“. Le proteste hanno costretto il governo a tornare a pubblicare i dati sull’epidemia, che ha tenuto oscurati per giorni. In segno di malcontento gli attivisti della Ong brasiliana Rio de Paz hanno scavato cento tombe finte sulla spiaggia di Copacabana per ricordare le vittime del Coronavirus in Brasile. “Simboleggia la morte del Brasile”, ha detto il presidente della Ong, Antonio Carlos Costa, “Vogliamo sapere dove le istituzioni vogliono andare. Cosa accadrà nel prossimo mese?“.
I motivi per cui la pandemia non rallenta
Il Brasile paradossalmente avrebbe potuto sfruttare i propri strumenti per fare fronte al Coronavirus. Una robusta industria farmaceutica, un’esperienza in materia di epidemie tropicali e il sistema di sanità pubblica gratuita avrebbero dovuto contrastare la pandemia. Tuttavia, “Le sue risorse sono molto limitate, e soffre di un sotto-finanziamento cronico”, spiega Miguel Lago, direttore dell’istituto di studi per le politiche sanitarie. “Il Brasile investe l’equivalente del quattro per cento del suo pil nella sanità, rispetto a una cifra tra l’otto e il dieci per cento di paesi come Francia e Germania, che hanno sistemi paragonabili”. Inoltre la mancanza di materiale sanitario, come mascherine, guanti e disinfettanti causata da un aumento dei prezzi ha messo in dura difficoltà il sistema. Le scelte politiche poi basate sul negazionismo della situazione emergenziale e sulla fretta di ripartire con le attività commerciali non hanno permesso di monitorare e contenere il virus.
La realtà delle favelas in piena epidemia
Nelle favelas in Brasile vivono milioni di cittadini e gli spazi sovraffollati e ristretti sono decisamente a rischio focolai. Questi agglomerati sono ambienti malsani, dove mancano adeguate condizioni igieniche e possibilità di distanziarsi l’un l’altro. Il 17 marzo, i residenti delle favelas di Rio de Janeiro inoltre hanno dovuto far fronte ad un problema molto serio: la mancanza dell’acqua. Questo li ha resi vulnerabili alla proliferazione del Coronavirus. Come affermato dalla dottoressa e pediatra Cristiana Meirelles, senza acqua e corrente pulita, la situazione diventa catastrofica. Inoltre la vicinanza alla foresta e l’ammasso delle baracche rendono rendono l’ambiente umido e dunque ideale per la diffusione di malattie respiratorie.
Il tasso di mortalità fra i contagiati che le Ong impegnate sul campo stimano è del 30%, decine di volte più alto di quello calcolato nei Paesi occidentali, in genere inferiore all’1-1,5%. La popolazione delle favelas è inoltre dimenticata dal governo centrale, che non agisce affatto con piani di intervento.