Coronavirus: intervista al responsabile organizzativo Covid-Hospital di Messina

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Di Redazione Metropolitan

Negli ultimi giorni sono stati diversi i fatti di cronaca che hanno visto come protagonista la città di Messina. Mentre la situazione Coronavirus al nord continua ad evolversi di ora in ora particolare preoccupazione nasce pensando alle regioni del sud Italia.

In esclusiva a Metropolitan Magazine le risposte alle domande più comuni, e non solo, sul Covid-19 del Dott. Antonio Giovanni Versace

Il Dott. Antonio Giovanni Versace è stato recentemente rieletto presidente regionale della SIMEU e, oltre ad essere il vice primario del reparto di Medicina Interna e d’Urgenza, è ad oggi responsabile organizzativo Covid Hospital del Policlinico universitario Gaetano Martino di Messina.

Dott. Antonio Giovanni Versace – Photo Credits: www.insanitas.it

Partiamo con lo spiegare la struttura organizzativa del Covid Hospital di Messina. Quanti sono ad oggi i posti predisposti per l’emergenza Covid?

Abbiamo già da tempo attivato il reparto e, ad oggi, ci troviamo nel bel pieno dell’attività. Il Covid Hospital di Messina ad oggi conta 80 posti Covid in un padiglione isolato (padiglione H) e altri 20 posti recentemente attivati in un padiglione differente (padiglione E). I posti Covid sono attivati anche per pazienti risultati positivi al virus e affetti da altre patologie come i pazienti in dialisi e le donne in gravidanza.

Domanda d’obbligo: ci sono abbastanza medici?

Per quanto concerne i medici devo dire, con estrema onestà, che c’è molta paura nel lavorare a stretto contatto con i pazienti Covid. I medici strutturati sono un po’ restii nell’accettare di lavorare al Covid-Unit. Sono comunque molto contento perché, sia il Magnifico Rettore che il Direttore Generale, hanno recentemente contrattualizzato, come previsto dalle normative governative, diversi neo specialisti e specializzandi dal 2 anno.

Essendo io il coordinatore del Covid Hospital sono fiero di avere al mio fianco un team di medici giovani che ho distribuito nei 3 piani (ad alta, media e bassa intensità di cura) con i quali stiamo lavorando in maniera ottimale. Sono molti anche i medici in pensione che sono stati richiamati ed hanno accettato di tornare sul campo. Ad ogni modo non biasimo coloro che non abbiano accettato per paura in quanto ognuno di noi deve necessariamente fare i conti con se stesso e con le proprie paure.

Quali sono le vostre aspettative per i prossimi giorni considerando anche le ultime vicende che hanno visto come protagonista la città di Messina?

Come ben sappiamo la Città di Messina è una città di passaggio pertanto tutti i siciliani che sono rientrati in Sicilia sono passati necessariamente da qui. Come Team-Covid abbiamo effettuato controlli sui passeggeri di traghetti e treni e ai pendolari che giornalmente si muovono tra Villa San Giovanni e Messina.

Negli ultimi giorni abbiamo avuto due focolai importanti provenienti da una Casa di Cura privata, nella quale ben 25 anziani risultati positivi al virus nel giro di due giorni sono stati ricoverati nella nostra struttura ospedaliera, e dell’ IRCS Nerolesi. Si tratta di pazienti estremamente complessi sia dal punto di vista di gestione medica che infermieristica pertanto il carico di lavoro è stato incredibile e particolarmente concentrato.

Come mai al sud ad oggi ci sono meno contagi rispetto al nord?

Il picco atteso in Sicilia attualmente non c’è ancora stato principalmente grazie all’azione determinante del nostro Sindaco, Cateno De Luca, il quale è stato fondamentale nella contenzione del contagio. Negli ultimi giorni, purtroppo, le persone hanno iniziato a girare per le strade e a questo sono conseguiti i primi ricoveri di persone in auto-presentazione.

Questi sono i pazienti che destano maggiore preoccupazione in quanto si tratta di pazienti che nei giorni scorsi sono stati a stretto contatto con i propri familiari pertanto ci aspettiamo un possibile picco per la prima metà del mese di Aprile.

Sono previste particolari linee-guida da seguire nel caso in cui i posti letto in terapia intensiva dovessero essere tutti al completo?

Come anticipavo attualmente abbiamo 80 posti a disposizione nel padiglione H il quale potrebbe essere ulteriormente ampliato fino ad arrivare a 123 posti mentre i 20 posti del padiglione E potrebbero essere raddoppiati. Nel momento in cui dovessero terminare i posti letto nel policlinico Universitario abbiamo già individuato alcune strutture che potrebbero essere prontamente convertite in Ospedali Covid. Lavoreremo duramente e faremo il possibile affinché nessuno venga lasciato senza assistenza.

Da calabrese cosa pensa dell’emergenza Covid-19 nella sua regione? Esiste un piano di collaborazione tra Regioni considerando che il policlinico di Messina è un punto di riferimento importante per molti abitati della Calabria?

La Calabria della bassa e media zona ionica presenta ad oggi dei focolai isolati formatisi a causa del ritorno nella regione d’origine di diverse persone che vivono al Nord. Attualmente non abbiamo ancora instaurato un rapporto diretto tra sanità sicula e sanità calabrese. Non ci sono protocolli d’intesa siculo-calabri sebbene, tra colleghi, non manca mai il confronto. Ad ogni modo nulla di istituzionalizzato.

Parliamo delle donne positive al Covid in gravidanza. Potrebbe dare particolari consigli e/o rassicurazioni?

Proprio in questo momento abbiamo una donna gravida alla 30esima settimana della quale stiamo aspettando i risultati del tampone. Stando ai dati del Nord, circa 30 donne gravide contaminate hanno partorito bambini Covid negativi pertanto è lecito ipotizzare che il virus non attraversi la placenta.

Mi sento pertanto di rassicurare le donne in gravidanza su quelli che possono essere gli sviluppi della malattia salvo il caso in cui tali donne non abbiano patologie pregresse che potrebbero andare a peggiorare i sintomi dati dalla polmonite da Covid-19.

Quali sono i pazienti maggiormente colpiti dal virus? Ci sono anche giovani tra coloro che necessitano della terapia intensiva? Cosa ne pensa di chi afferma che virus porta alla morte solamente le persone affette da altre patologie?

Per ora i decessi che abbiamo dovuto gestire riguardano persone anziane già compromesse o pazienti con patologie concomitanti abbastanza corpose. Fortunatamente qui a Messina i giovani Covid positivi, fino ad oggi, sono stati relativamente pochi. Quasi la totalità dei pazienti senza patologie concomitanti che abbiamo avuto non hanno presentato problematiche respiratorie importanti e sono stati tutti dimessi.

Per ora i decessi che abbiamo dovuto gestire riguardano persone anziane già compromesse o pazienti con patologie concomitanti abbastanza corpose. Fortunatamente qui a Messina i giovani Covid positivi, fino ad oggi, sono stati relativamente pochi. Quasi la totalità dei pazienti senza patologie concomitanti che abbiamo avuto non hanno presentato problematiche respiratorie importanti e sono stati tutti dimessi.

Cosa significa per lei lavorare con i Covid e qual è l’aria che si respira (mascherina a parte) girando per questi reparti?

Questo è un momento che probabilmente porterò con me per il resto della mia vita. E’ come aver vissuto una guerra che, prima o poi, dovrà finire. Il lavoro del medico è una missione. Fare il medico e non pensare di voler aiutare le persone, specialmente in queste situazioni, significa farlo senza vocazione.

Quando ogni mattina arrivo al Covid-Unit e giro con i presidi per questi reparti mi fermo spesso ad osservare questi uomini e queste donne che non possono più condividere i loro affetti, che non possono sentire la vicinanza dei propri familiari nel momento in cui stanno male. Noi medici abbiamo il dovere morale di andare a colmare questo gap che nessun altro può colmare se non il personale sanitario.

E’ fondamentale, ora più che mai, prendersi cura dei nostri pazienti con una carezza, un gesto d’affetto. Giusto due giorni fa abbiamo festeggiato i 100 anni di una paziente ricoverata nel nostro reparto coinvolgendo anche i suoi familiari tramite video-chiamata. Ecco, essere medico significa essere d’aiuto a tutti in ogni momento..finché non si andrà in pensione!

Come spiegherebbe ad un bambino la situazione che stiamo vivendo?

E’ semplice per me in quanto sono padre di due meravigliose ragazze che purtroppo non vedo da 40 giorni. Quando ci sentiamo in video-chiamata mi chiedono continuamente come sto e, non lo nego, sento un pugno nello stomaco ogni volta che la più piccolina si raccomanda a me di indossare sempre la maschera.

Loro sanno che in questo momento stiamo vivendo una situazione di pericolo ma sanno anche che, per loro, la possibilità di ammalarsi di questa patologia è abbastanza ridotta data la giovanissima età. Dobbiamo tenere conto che tutti questi bambini, ragazzi, stanno vivendo una situazione paradossale in cui sono costretti a stare chiusi in casa.

Devo dire che un ruolo decisamente determinante è svolto principalmente dai social i quali, mai come in questo momento, permettono a tutte le persone costrette in casa di poter mantenere viva una “normalità virtuale” che gli consente comunque di potersi confrontare, parlare con le persone care e con gli amici che non possono incontrare fisicamente.

Come sarà la nostra vita dopo il Covid-19?

Abbiamo visto come in Cina la vita stia piano piano tornando alla normalità. E’ opportuno sottolineare che tornare alla nostra vita normale sarà molto difficile. Per noi medici molte cose sono cambiate e molte cose cambieranno ancora e non tutto potrà tornare come prima. Credo che per poter tornare ad una vita normale ci vorranno diversi mesi sebbene la speranza sia quella di poterlo fare il prima possibile principalmente per poter nuovamente abbracciare i propri cari.

Potrebbe raccontarci una storia di qualche paziente Covid che ha seguito e che le è rimasta nel cuore?

Sicuramente quella della signora che ha da poco compiuto 100 anni è una storia che mi ha particolarmente colpito specialmente per la sua forza ed energia che la tengono costantemente attaccata al cellulare dimostrando, ancora una volta, quanto sia fondamentale il contatto con il mondo esterno anche solo tramite una video-chiamata.

Il mio pensiero, ad ogni modo, è rivolto ad un mio carissimo amico ricoverato in rianimazione. Purtroppo non ho avuto neanche la possibilità di parlare con lui in quanto è arrivato già in insufficienza respiratoria. E’ una persona splendida, eccezionale, che ha sempre affrontato la vita con estrema gioia ed amore nei confronti delle persone a lui più care e vederlo lì a lottare tra la vita e la morte da ben 20 giorni mi fa stare male.

Che cosa porterà per sempre con sé dopo questa esperienza?

Devo dire che, da medico, non ho mai pensato alla morte ma vedere queste persone in rianimazione, vedere le modalità con le quale vengono gestite e sistemate le salme.. non so se un giorno riuscirò mai a dimenticare quello che stiamo vivendo. La cosa che più mi angoscia è pensare che queste persone non possono neanche essere salutare per un’ultima volta dai loro cari. Sono cose che lasciano il segno ma, in ogni caso, è giusto andare avanti senza voltarsi indietro perché farlo sarebbe estremamente sbagliato.

Quale consiglio darebbe ad un giovane medico neo abilitato che si troverà presto tra i reparti Covid?

Quello di non avere paura, di affrontare questa guerra con coraggio, serietà e determinazione. E’ importante iniziare questa missione mettendosi al servizio di tutte queste persone che hanno subito e subiscono la crudeltà di questo virus. Guardate i vostri colleghi, coloro che fino a pochi mesi fa vi aiutavano a fare la semeiotica e a visitare il malato prima degli esami. Non abbiate paura di scendere in campo ma fatelo solo se veramente convinti!

C’è un messaggio che vuole lanciare ai cittadini di Messina e, in generale, a tutti i cittadini italiani?

Il messaggio più importante: usiamo le mascherine e cerchiamo di seguire le linee-guida che ci vengono fornite per cercare di arginare questa malattia. Ho visto un video che ritengo essere estremamente suggestivo. Nel video erano presenti mille cerini uno accanto all’altro. Il primo cerino si accende generando un meccanismo a cascata fino al 950esimo il quale, essendo stato spostato, impedisce che tale meccanismo coinvolga anche gli altri. Se blocchiamo la diffusione della malattia evitando di trasmetterla da una persona all’altra insieme possiamo farcela a sconfiggere il Covid-19. Insieme tutto è possibile.

Ringrazio pubblicamente il Dott. Antonio Giovanni Versace per essersi lasciato andare ad una toccante intervista accettando di rispondere alle mie domande con estrema semplicità e onestà d’animo. Trovare professionisti di questo calibro, capaci di affrontare con tale umiltà tappe fondamentali della loro esperienza professionale e personale, non può che dimostrare ancora una volta come la medicina sia un’arte sorprendentemente perfetta. Perché come ci ricorda Patch Adams nel suo celebre discorso:

“La missione di un medico non deve essere solo quella di prevenire la morte ma anche quella di migliorare la qualità della vita. Ecco perché se si cura una malattia si vince o si perde… se si cura una persona si vince qualunque esito abbia la terapia”