Coronavirus, ipotesi di una seconda ondata a dicembre

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Di Redazione Metropolitan

Diffusi sono ormai i timori di una possibile seconda ondata epidemica nel prossimo autunno. Francesco Le Foche però, intervistato dal Corriere della Sera, comunica la sua ipotesi che un aumento di contagi da Coronavirus possa verificarsi non prima di dicembre.

Un ritorno del virus meno aggressivo

Francesco Le Foche, responsabile del day hospital di immunoinfettivologia all’Umberto I di Roma, prevede una seconda diffusione dell’epidemia per il prossimo inverno. Al Corriere della Sera comunica “Sposterei l’arrivo di una possibile seconda ondata più in là, a dicembre, col freddo. Il virus deve avere il tempo di rialzare la testa dopo essere stato fermato dal lockdown. A luglio verosimilmente la circolazione sarà ancora più ridotta di adesso. Non credo che a settembre-ottobre l’epidemia sarebbe già in grado di riprendersi proprio per il limitato spazio temporale”.

A proposito dell’aggressività del virus, l’immunologo non crede in una seconda ondata tanto tragica. In un suo possibile ritorno paragona infatti la malattia da  SARS-CoV-2 ad un’influenza, che ricorda essere malattia seria, con complicazioni ed esiti talvolta letali.

Sul servizio sanitario Le Foche è fiducioso che possa essere pronto ad affrontare una nuova e repentina diffusione del virus. Ritiene “La capacità di intercettare i focolai sul territorio enormemente migliorata e sottolinea la necessità di creare percorsi di cura alternativi per evitare che i pazienti arrivino infetti in ospedale. Precisa inoltre che non sarà più ammissibile accantonare coloro che necessitano di cure per altre gravi patologie per assistere esclusivamente i malati di Covid.

In aumento i casi di COVID-like

Con COVID-like o simil-Covid s’intende una polmonite caratterizzata da sintomi influenzali più lievi, che conferisce un risultato negativo al tampone a causa della bassa carica virale presente nell’individuo sospetto. Ultimamente i pazienti sembrano essere in condizioni meno gravi e questo può far pensare ad una nuova e differente espressione della malattia.

Geneticamente il virus non sembra essere cambiato a giudicare dai sequenziamenti del genoma. Esso potrebbe però trovarsi in condizioni di coabitazione con la cellula umana infettata, alla quale può essersi adattato per poter vivere più a lungo, senza uccidere l’ospite.