Cosa ci dicono queste elezioni

Foto dell'autore

Di Redazione Metropolitan

A urne chiuse da meno di 24 ore, l’unica cosa certa di queste elezioni è l’incertezza. Infatti, fino al 23 marzo, non si sa realmente che cosa ne sarà del futuro politico dell’Italia.

È stata una brutta campagna elettorale, combattuta a suon di colpi bassi, fake news e uscite degne del migliore sciacallaggio, che ci hanno spinto a invocare il giorno delle elezioni a gran voce.

Se dovessimo rispondere di getto, senza rifletterci troppo su, verrebbe da dire che il trionfo dei 5 Stelle su tutto il territorio nazionale e il sorpasso della Lega di Salvini sul suo principale alleato (nonché competitor) Silvio Berlusconi è la vittoria di chi crede al piano Kalergi, alle sirene e ad ogni complotto che gli venga parato davanti agli occhi. Ma è realmente solo questo, o c’è anche dell’altro?

In fondo, se dovessimo pensare ai risultati macroeconomici di questi cinque anni di governo, sia pur di grande coalizione, avremmo una situazione economica con tutti gli indicatori positivi ed in crescita. Dati non da poco, che però non hanno inciso più di tanto su queste elezioni. Perché?

In primo luogo, perché buona parte della gente che si è recata ieri alle urne non ha percepito il miglioramento generale della situazione economica (comunque piuttosto timido): è chiaro che se le cose intorno a sé non cambiano, non si confermerà chi ha governato finora. A questo è da aggiungere lo scarso appeal politico di Renzi e Berlusconi: uno è apparso fin dalla sua comparsa sulla scena politica come una persona arrogante, che non è riuscita a far breccia nello stesso elettorato di centro sinistra. Troppo di centro per la sinistra, troppo di sinistra per il centro. Senza contare il tradimento delle aspettative soprattutto dell’elettorato più giovane, illuso dalla promessa di cambiamento e rottamazione, per poi ritrovarsi sempre trascurati nelle scelte economiche rispetto ai pensionati e agli over 45.

Berlusconi invece ha pagato la sua incandidabilità, cosa che ha penalizzato fortemente Forza Italia, da sempre tenuta in piedi solo dal carisma del suo fondatore.

Infine, ma non meno importante, è da aggiungere un ultimo dettaglio: Forza Italia e Pd hanno governato sia con Monti premier, che con Letta, mentre i due vincitori assoluti di queste elezioni (Lega e M5s) sono stati sempre all’opposizione. L’elettorato ha deciso di premiare, in questa tornata, le forze che potrebbero distruggere un sistema percepito come lontano dalle persone e dalle loro reali esigenze. 

Se si dovessero seguire alla lettera i risultati delle elezioni, la coalizione di governo dovrebbe essere formata da Lega ed M5s: e chiunque abbia un minimo di buon senso sa quanto questo potrà essere nefasto per la nazione. L’alternativa però sarebbe anche peggio, da un certo punto di vista: una grande coalizione tra tutti i partiti sconfitti, che escluderebbe i due principali vincitori da un eventuale governo. 

Quest’ultima opzione rafforzerebbe nell’elettorato l’idea che il sistema stia cercando di proteggersi, eliminando con un gioco di palazzo i legittimi vincitori. Che poi la Repubblica parlamentare funzioni in un altro modo non conta per l’elettore medio: ai suoi occhi resterebbe il tradimento del voto degli italiani. 

Quindi, ora che succederà? Per adesso nulla. Bisognerà attendere il 23 marzo, giorno in cui saranno eletti i presidenti delle due Camere: da lì si inizieranno a vedere le possibili alleanze e convergenze tra le forze politiche presenti in Parlamento. Certo è che le prospettive non sono per niente rosee riguardo al futuro. 

Per cui, in definitiva, incrociamo le dita e speriamo di non finire dalla padella alla brace.

Lorenzo Spizzirri