Il governo non può restare in silenzio: dobbiamo chiederci cosa possiamo fare per prevenire i femminicidi alla luce del tragico caso Cecchettin.
Il femminicidio della giovanissima Giulia Cecchettin è un evento tragico, ma purtroppo non ha sorpreso nessuna di noi. La morte di Giulia per mano del suo fidanzato ha un nome: femminicidio,. Questa parola purtroppo sembra ancora troppo difficile da pronunciare per la nostra Stampa. Avevo già scritto di femminicidio tempo fa (qui). Tuttavia sento che è necessario discuterne ancora, con una nuova coscienza e con la stessa rabbia di sempre, purtroppo.
Stereotipi e pregiudizi, infatti, condizionano pensieri ed azioni. Essi costituiscono i mattoni con cui vengono costruiti i muri che separano le persone, impediscono la reciproca conoscenza. Quindi incentivano dinamiche di giudizio e di conseguente non accettazione nei confronti di ciò che è diverso. Rappresentano un ostacolo alla libera espressione di pensieri, emozioni, convinzioni personali,. Ciò contribuisce a costruire una società basata sui limiti imposti da una rigida definizione dei ruoli. Questi ruoli si traducono in un terreno di facile sviluppo di comportamenti violenti.
Qualche dato:
I dati ufficiali aggiornati al 28 maggio vengono messi a disposizione dal Dipartimento di pubblica sicurezza sul sito del Viminale e sono consultabili da tutti. I dati in questione parlano chiaro (dati: da Elle).
- dal 1 gennaio al 28 maggio del 2023 in Italia sono stati registrati complessivamente 45 omicidi di donne in 5 mesi
- di cui 37 uccise in ambito familiare o affettivo.
Quelle ammazzate per mano del partner o dell’ex partner sono 22, circa la metà sono di fidanzati ed ex-fidanzati. Sono cifre in aumento, cifre che hanno annullato il cauto ottimismo del biennio 2020-2021, quando fu segnalato un piccolo calo.
L’ultimo report sugli omicidi volontari curato dal Servizio analisi della Direzione centrale della polizia criminale citato dalla giornalista Carlotta Sisti parla chiaro. Lì si tratta sempre uno scenario tragico. Il report del Viminale di fine anno (nello scorso 2022) ci segnalò come in 365 giorni i femminicidi in Italia fossero stati 125. Quindi significa che sono più di uno ogni tre giorni. Quella cadenza temporale, “una donna uccisa ogni tre giorni”, trova conferma anche oggi. L’Italia è tra i cinque paesi europei in cui si registra il più alto numero di donne vittime di omicidio intenzionale, dice l’Unodc-United Nations Office on drugs and crime, in un report elaborato da LaPresse. Ci precedono la Germania, che ha registrato 337 casi di donne uccise intenzionalmente, la Francia con 228, e il Regno Unito con 207.
Non ogni volta che muore una donna è femminicidio: una prospettiva femminista sempre più urgente
Una divisione interna che non tutti conoscono è ad esempio quella tra femminicidio e femminicidio e ne ho scritto meglio qui:
- Femmicidio: dall’inglese femicide, è un termine di stampo criminologico introdotto per la prima volta dalla criminologa femminista Diana H. Russell in un articolo del 1992. Indica le uccisioni delle donne da parte degli uomini per solo il fatto di essere donne. La studiosa evidenzia nella struttura e nel movente dei delitti degli “atteggiamenti o pratiche sociali misogine”.
- Femminicidio: dallo spagnolo feminicidio, è stato usato nel 2004 dall’antropologa messicana Marcela Lagarde con lo scopo di attirare l’attenzione sulla drammatica situazione dalle donne in Messico, in particolare nella zona di Ciudad Juárez. Così il concetto di femminicidio è diventato oggetto di studio anche di altre attiviste dell’America Centrale acquisendo ben presto una diffusione globale. Il termine racchiude un significato molto più complesso e supera la definizione ristretta di femmicidio. Da qui sua pretesa a focalizzarsi soprattutto sugli aspetti sociologici della violenza e sulle implicazioni politico-sociali.
Sappiamo quindi (adesso!) che il femminicidio non è solo una versione al femminile dell’omicidio, ma che si basa su dinamiche sociali che si stanno studiando e che sono peculiari del rapporto verticale che è instaurato socialmente dall’uomo sulla donna.
Cosa deve osservare il governo per i femminicidi: basta controllo, più educazione!
La violenza di genere è un fenomeno strutturale che affonda le sue radici nella disparità storica tra uomini e donne. Questa disuguaglianza ha una matrice socio-culturale basata sugli stereotipi di genere, stereotipi che al contempo la generano e la riproducono. Questo viene sottolineato anche dalla Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica (Convenzione di Istanbul).Dobbiamo riconoscere i meccanismi che stanno alla base della violenza. Ma non solo. Dobbiamo soprattutto riconoscere quanto essi siano radicati culturalmente, seppur inconsapevolmente, in ogni individuo. Questo è essenziale per riflettere su quanto questi pre-concetti influiscano sul nostro comportamento, sulle relazioni. Significa quindi che intessano, in generale, le scelte personali che compiamo.
Elly Schlein
“Occorre investire di più sulla formazione e la specializzazione delle Forze dell’Ordine perché sappiano riconoscere da subito i primi segnali della violenza, possano fare un’attenta valutazione del rischio, credendo alle donne che denunciano, superando stereotipi e pregiudizi”
Dice la Schlein. Ma basta davvero? Possiamo limitarci al controllo restrittivo? Possiamo rispondere al controllo col controllo. Necessario diventa un cambiamento strutturale: investire sull’educazione, cambiare i vocaboli, comunicare nuovi messaggi. Dalla TV alla scuola, dalla famiglia alla cultura: il Patriarcato esiste e va abbattuto in modo multipolare e interdisciplinare. Il Patriarcato di sconfigge con la cultura, oltre che con la rabbia. Di seguito ho intervistato alcune figure che
Educare per non punire e (soprattutto) per non piangere più nessuna sorella
Fortunatamente c’è qualcuno che ha capito quanto è urgente modificare l’educazione sessuale e affettiva delle nuove (e perchè no, vecchie) generazioni così da decostruire quel Patriarcato e quella “piramide della violenza” che porta a tragici evento come la morte della Cecchettin.
Cosa può fare il governo per prevenire i femminicidi
Ecco, allora la cosa importante ad oggi è una. Dobbiamo insistere, ancora una volta, sull’importanza dell’educazione. Ho chiesto un parere veloce all’attivista politica Flavia Restivo, che si batte da sempre per l’educazione sessuoaffettiva nelle scuole:
Flavia Restivo
“L’Italia è uno degli ultimi 5 paesi in Ue a non prevedere l’educazione sessuoaffettiva, è una frase che ripeto ormai da anni. È vergognoso che la politica sia spinta a comprendere l’importanza di questa necessità solo nel momento in cui avviene l’ennesimo femminicidio.”
Per educare alla non violenza è necessario lavorare fin dall’infanzia sulla creazione di relazioni positive e paritarie: educare al rispetto e alla sessuo-affettività sana. L’esercizio della cooperazione e della condivisione, l’abitudine all’ascolto partecipe, all’empatia, al rispetto, soprattutto se promossi sin dalla tenera età, incentivano lo sviluppo di un clima di accoglienza, prevengono fenomeni di discriminazione ed esclusione e favoriscono la capacità di stare in una relazione in cui la forza personale non si traduce e non si esprime nel dominio sull’altro. La non violenza si definisce come valore, come prassi e come scopo: una scelta etica, che si traduce in azioni e comportamenti, finalizzati al raggiungimento di obiettivi di giustizia sociale.
Nel caso specifico del femminicidio, essendo esso stesso una forma specificatamente individuata di violenza, si rende sempre più necessario uno sviluppo in senso femminista per il raggiungimento dell’equità sociale.
Maria Paola Pizzonia, Autore presso Metropolitan Magazine