La crisi di governo aperta da Salvini ha spiazzato le opposizioni che ora si trovano a dover recuperare terreno in pochi mesi per non lasciare il paese nelle mani della Lega. Cosa sta succedendo nella maggioranza e nei partiti di opposizione?

La crisi di governo

La crisi di governo è ufficialmente aperta e questa volta non è solo una frase di circostanza o la rivelazione di qualche retroscenista politico; è lo stesso Salvini ad invocare le urne, stanco dei troppi no e delle liti tra gli esponenti della maggioranza.

Tuttavia, chiunque abbia seguito la scalata di Salvini degli ultimi sei anni sa bene che il motivo della rottura non può ricondursi unicamente ai veti incrociati dei partiti di maggioranza, anche quando questi hanno un forte impatto sull’opinione pubblica come nel caso del voto sulla Tav.

La strategia di Salvini

Che si sia un estimatore o un detrattore del leader del carroccio, non si può non riconosce a Salvini una spiccata abilità politica, frutto del lavoro suo e del suo staff, che ha portato la Lega (Nord) da partito federalista/secessionista distrutto dagli scandali di Belsito e dei diamanti africani ad un partito nazionalpopolare e populista con percentuali nei sondaggi raggiunte soltanto dalla Democrazia Cristiana all’apice della sua ascesa e dall’incredibile e brevissimo exploit renziano.

Memore dell’esperienza dell’ex segretario PD, negli ultimi mesi Salvini non ha ceduto alla fretta ed alla tentazione di andare all’incasso, aspettando che il M5S, alleato di maggioranza e, ironia della sorte, suo diretto oppositore nella corsa elettorale, si logorasse lentamente.

Le opposizioni, dal canto loro, hanno trascorso l’ultimo anno a gestire le faide interne, senza elaborare un discorso d’opposizione convincente che potesse risollevarle dalla situazione catastrofica in cui si trovano.

L’annuncio di Salvini

Il momento propizio sembra essere arrivato: come un fulmine nel cielo sereno di metà agosto, a Parlamento chiuso per la pausa estiva, Salvini, in una nota ufficiale, ha dichiarato:

“Inutile andare avanti a colpi di NO e di litigi, come nelle ultime settimane, gli Italiani hanno bisogno di certezze e di un governo che faccia, non di “Signor No”. Non vogliamo poltrone o ministri in più, non vogliamo rimpasti o governi tecnici: dopo questo governo (che ha fatto tante cose buone) ci sono solo le elezioni. L’ho ribadito oggi al Presidente Conte: andiamo subito in Parlamento per prendere atto che non c’è più una maggioranza, come evidente dal voto sulla Tav e dai ripetuti insulti a me e alla Lega da parte degli “alleati” e restituiamo velocemente la parola agli elettori. Le vacanze non possono essere una scusa per perdere tempo e i parlamentari (a meno che non vogliano a tutti i costi salvare la poltrona) possono tornare a lavorare la settimana prossima, come fanno milioni di Italiani”.

Il premier Conte ed i Presidenti delle Camere a colloquio da Mattarella

Il premier Conte, persona intelligente e ragionevole, ma sprovvisto di caratura politica e legittimazione popolare, non ha potuto fare altro che prendere atto della crisi voluta da Salvini, comunicatagli in un colloquio durato un’ora, ed è salito al Colle per un incontro con il Capo di Stato Mattarella al fine di calendarizzare la crisi e chiedere il voto del Parlamento.

Il premier ha rifiutato di dimettersi, preferendo affrontare un voto parlamentare che, con la quasi certezza, porterà alla sua sfiducia.

 La scelta è coraggiosa: prima di lui soltanto Romano Prodi, nelle sue esperienze da Presidente del Consiglio del 1996 e 2006, aveva affrontato il voto parlamentare anziché dimettersi.

L’obiettivo di Conte è quello di porre un ostacolo al piano di Salvini, che era intenzionato a sciogliere le camere prima di ferragosto ed andare a votare il prima possibile, probabilmente una domenica tra il 13, 20 o 27 ottobre.

In serata, dopo i colloqui, Conte ha dichiarato:

“Ieri e questo pomeriggio è venuto a parlarmi Salvini il quale mi ha anticipato l’intenzione di interrompere questa esperienza di governo e di andare a votare per capitalizzare il consenso di cui il partito attualmente gode”.

Anche Roberto Fico, Presidente della Camera, è salito al Quirinale ed ha avuto un colloquio con Mattarella per verificare i tempi e i modi per la convocazione della Camera. Al colloquio non era presente, invece, Maria Elisabetta Alberti Casellati, Presidente del Senato, fuori Roma ma in costante contatto con il Quirinale.

Verosimilmente, le nuove elezioni si terranno dopo la metà ottobre, un lasso di tempo adeguato per Salvini per consolidare la sua leadership, ma assolutamente insufficiente per il M5S, Pd e Forza Italia per rientrare dalla crisi che ognuno di questi partiti sta vivendo e affrontare una campagna elettorale che si preannuncia tra le più infuocate dell’ultimo decennio.

La conferenza stampa del Premier Conte sulla crisi di governo – Credit: Agenzia Vista

Le preoccupazioni di Mattarella

Se da un punto di vista squisitamente politico, indire le elezioni il prima possibile consentirebbe a Salvini di capitalizzare tutto il consenso conquistato negli ultimi 14 mesi, dal punto di vista strettamente governativo i prossimi mesi saranno cruciali per la stabilità del paese.

Mentre lo spread, a seguito dell’apertura della crisi, raggiunge quota 240 punti, il Capo di Stato Mattarella è preoccupato per le prossime e cruciali questioni istituzionali già segnate in agenda.

La crisi di governo renderebbe arduo il tentativo di bloccare i 23 miliardi di aumenti Iva che scatterebbero dal primo gennaio, mentre si ipotizza un anticipo della legge di bilancio, elaborata in versione ridotta, che potrebbe essere predisposta da un governo tecnico o di transizione, oppure dallo stesso governo sfiduciato, che si troverebbe ad avere poteri molto minori e limitati all’ordinaria amministrazione.

La prima scadenza, in concomitanza con le ultime settimane di campagna elettorale, è quella del 27 settembre, termine entro il quale il governo dovrà presentare la nota di aggiornamento del Documento di Economia e Finanza (NADEF), che dovrà rivedere le previsioni economiche pubblicate ad aprile.

Entro le due settimane successive dovrà essere presentato il documento programmatico di bilancio all’Unione Europea, che ha riscontrato l’inosservanza del governo italiano circa le raccomandazioni in materia che il Consiglio aveva rivolto al paese il 13 luglio 2018.

Infine, il 20 ottobre inizierà in Parlamento la discussione sulla legge di bilancio, che, nei programmi iniziali, avrebbe dovuto contenere le misure proposte dalle due compagini governative, la flat tax, fortemente voluta da Salvini, e la riduzione del cuneo fiscale proposta dal M5S.

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Il Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, e il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella – Photo Credit: Openpolis

La reazione di Di Maio

Che il M5S non viva un periodo particolarmente favorevole è evidente. Dopo la batosta delle elezioni Europee, il movimento grillino ha iniziato un’inarrestabile discesa nei sondaggi che, ad oggi, si attestano ad una percentuale tra il 15 ed il 18%, ben lontana dal 32% delle scorse elezioni politiche.

Di Maio ha reagito alla crisi aperta da Salvini sfoderando i temi cari ai 5 stelle: da un lato, il leader pentastellato ha dichiarato che i parlamentari del M5S non sono legati alla poltrona, dall’altro ha chiesto di anticipare il voto sul taglio dei parlamentari, ipotesi esclusa da Salvini, e ha ricordato che, con le prossime elezioni e con il nuovo governo che si insedierà probabilmente a dicembre, sarà impossibile evitare l’aumento dell’Iva.

Quello di Di Maio suona come il canto del cigno, un ultimo tentativo in vista della campagna elettorale di richiamare alla base tutti gli elettori che hanno abbandonato il partito.

Non è l’unico problema: Di Maio dovrà risolvere la questione del limite del doppio mandato che, se dovesse essere applicato, decimerebbe la classe dirigente pentastellata e gli impedirebbe di affrontare la campagna elettorale come leader del movimento.

Lo scorso mese Di Maio ha annunciato il “mandato zero” che consente ai politici locali dei 5 stelle di non calcolare l’esperienza nei consigli comunali e regionali nel computo dei due mandati. La regola, però, non vale per i parlamentari; l’unica possibilità è una deroga al regolamento interno che consentirebbe di non valutare come un mandato i 14 mesi trascorsi dall’insediamento del governo giallo-verde, rischiando, però, di inciampare nell’ennesima incoerenza tra i valori dichiarati e le azioni intraprese.

Le dichiarazioni di Di Maio al TG1 in merito alla crisi di governo – Credit: TG1

Lo spettro di Di Battista

Di Maio dovrà fare i conti con un’ulteriore questione: la candidatura di Alessandro Di Battista, annunciata più volte nell’ultimo anno, potrebbe eclissare la sua leadership.

Benché sarà il tempo a mostrare le mosse di Di Battista, non appare campata in aria l’ipotesi secondo la quale il pasionario di Roma potrebbe prendere le redini del partito nei prossimi mesi per contrapporre alla retorica salviniana una dialettica popolare e antisistema.

È noto che tra Salvini e Di Battista non corra buon sangue ed il militante grillino ha tenuto a rimarcare la sua avversità nei confronti del leader del carroccio con un post su Facebook dai contenuti durissimi:

“Questo politicante di professione manda tutto all’aria per pagare cambiali a parlamentari terrorizzati dal taglio delle poltrone o agli amici del “suocero” Verdini che se la fanno sotto per la riforma della prescrizione che entrerebbe a breve in vigore. Il bello è che dirà in Parlamento che non si possono fare queste cose perché quelli del 5 Stelle lo trattano male poro amore. Spettacolo da vomito di chi si è mascherato da protettore del Popolo ma che è schiavo del sistema”.

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Alessandro Di Battista con alle spalle una foto di Matteo Salvini – Photo Credit: Open

Cosa succede in casa PD

Il segretario del Partito Democratico, Nicola Zingaretti, ha dichiarato:

“Siamo pronti alla sfida. Nelle prossime elezioni non si deciderà solo quale Governo ma anche del destino della nostra democrazia, della collocazione internazionale del nostro Paese. Il PD chiama a raccolta tutte le forze che intendono fermare idee e personaggi pericolosi. Da subito tutti al lavoro, insieme, per far vincere l’Italia migliore”.

Al netto dell’ottimismo di Zingaretti, il PD deve affrontare le dispute interne che affliggono il partito ormai da diversi anni.

L’ultima è pubblicazione di due distinte raccolte firme contro Salvini, la prima ad opera di Renzi e la seconda a nome del partito. In quell’occasione l’ex segretario ha deciso di ritirare la propria raccolta firme, ma l’episodio ha manifestato, una volta in più, la confusione e la divisione interna al PD.

Roberto Giachetti, renziano ed esponente di spicco della minoranza PD, in un’intervista rilasciata a Repubblica ha messo in guardia il partito dal tentare una possibile alleanza con il M5S, che, secondo i retroscena, pare essere avallata da alcune figure del partito come Dario Franceschini e Giuseppe Sala:

“In caso di un eventuale accordo strutturale con i 5S, prima ancora che si parli di una fuoriuscita dei renziani, il problema è la fine del Pd. Il M5S rimane l’altra faccia della stessa medaglia della Lega”.

Crisi di governo
Il segretario PD, Nicola Zingaretti – Photo Credit: Notizie Oggi 24

Le intenzioni di Matteo Renzi

La preoccupazione maggiore di Zingaretti, quindi, è dovuta alla presenza ingombrante dell’ex segretario, Matteo Renzi, che non si è lasciato sfuggire l’occasione e, in nel suo discorso tenuto alla Festa dell’Unità a Santomato (Pistoia), ha lanciato la sua candidatura per le prossime elezioni:

 “È arrivato il momento di una battaglia che riguarda ognuno di noi: se c’è un motivo per cui mi rimetto in campo è che non riuscirei a guardarmi allo specchio se lasciassi un Paese nelle mani di chi istiga ad avere paura degli altri. […] Salvini pensa di aver fatto il colpo geniale oggi mandandoci a votare, vedremo i tempi, decide Mattarella: noi però leviamoci di dosso il vestito da fighetti, c’è bisogno di indossare la maglietta da battaglia. […] Noi dobbiamo essere pronti ad andare a votare e spiegare come questi hanno fallito, è fondamentale mettere in sicurezza i conti degli italiani, non possiamo far aumentare l’Iva per lo sghiribizzo di Salvini”.

Non sono ancora chiare le modalità con le quali Renzi scenderà in campo.

Si vocifera da tempo della possibilità che Renzi fondi un suo partito; le prime ipotesi, oramai smentite dai fatti, riguardavano la possibilità che si andasse a votare in primavera.

Renzi aveva fissato la data della Leopolda per fine ottobre; in molti aspettavano quell’occasione per capire se Renzi avesse intenzione di rimanere nel Partito Democratico o fondare un suo movimento.

È evidente che Renzi, appoggiato apertamente dalla maggioranza dei parlamentari PD eletti nelle liste di partito quando era ancora segretario, accetterebbe di far parte del nuovo progetto solo se gli dovesse essere garantita una posizione di rilievo e la possibilità di candidare i suoi fedelissimi.

A tal proposito Zingaretti, in un’intervista a Radio Capital, ha chiesto ai suoi di mettere da parte gli scontri interni ed ha invitato Renzi a partecipare alla nuova fase Dem:

“Il Pd è ricco di tante personalità, divise sono un disastro, se si uniscono sono imbattibili. Renzi sia parte di una bella squadra per cambiare il Paese. Lo scontro alle elezioni sarà tra Lega e Pd e possiamo vincere”.

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Matteo Renzi – Photo Credit: ANSA/Angelo Carconi

La situazione in Forza Italia

Che Berlusconi non goda più del consenso che ha caratterizzato tutta la sua esperienza politica è fuor di dubbio.

Forza Italia sta vivendo una nuova e turbolenta fase. Dopo aver annunciato un congresso che avrebbe portato alle primarie, con Giovanni Toti, Mara Carfagna e Mariastella Gelmini come candidati di spicco, a sorpresa il governatore della regione Liguria è fuoriuscito dal partito e ha fondato l’associazione “Cambiamo”, fase embrionale del nuovo soggetto politico di centro-destra più vicino alle posizioni della Lega e che ha già visto adesioni importanti tra storici esponenti di Forza Italia, come il senatore Paolo Romani, Gaetano Quagliariello e altri.

Berlusconi continua a sostenere l’ipotesi di una coalizione ampia di centro-destra che contempli Lega, Fratelli d’Italia e Forza Italia, ma al momento Salvini è intenzionato a correre da solo, lasciando al momento post elezioni la fase della costruzione delle alleanze, sperando, nella peggiore delle ipotesi, di stringere un accordo con Giorgia Meloni, escludendo Forza Italia dalla prossima maggioranza.

La soddisfazione di Fratelli d’Italia

L’unico partito che al momento ha accolto favorevolmente l’annuncio delle prossime elezioni è Fratelli d’Italia.

La Presidente del partito, Giorgia Meloni, ha dichiarato:

“Abbiamo sempre saputo che sarebbe stato difficile dare all’Italia le riforme di cui aveva bisogno con Di Maio, Fico e Toninelli. È un bene che anche la Lega se ne sia resa conto. Ora l’unica possibilità è il ritorno alle urne, consentire agli italiani di esprimersi e saremo certi che daranno vita ad un governo capace di difendere i confini italiani, l’economia, le imprese e chi crea lavoro”.

Con una percentuale che oscilla tra il 7 e l’8%, l’adesione di Fratelli d’Italia alla maggioranza che si andrebbe a formare nel prossimo autunno potrebbe permettere la formazione di un governo di stampo sovranista che godrebbe di un appoggio parlamentare superiore al 40%, esclusi i seggi che verranno determinati dai collegi uninominali, come prevede l’attuale legge elettorale, il “Rosatellum”.

Nell’ipotesi di centro-destra unito, si calcola che i 5 stelle e il PD potrebbero aggiudicarsi soltanto sei seggi a testa, lasciando il resto alla coalizione Lega-FdI-FI.

Le dichiarazioni di Giorgia Meloni – Credit: Agenzia Vista

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