Cultura dello stupro, come un iceberg

Foto dell'autore

Di Redazione Metropolitan

Secondo l’autrice e sociologa Graziella Priullo, lo stupro è solo la punta di un iceberg che cela discorsi, comportamenti e una mentalità figlia di una cultura che cerca sempre di sminuire o giustificare la gravità dello stupro e del femminicidio. E’ quasi sempre l’uomo l’autore di violenze nei confronti di donne. Negli ultimi anni stanno emergendo i casi di violenza subita da uomini. Casi quasi mai rivelati per colpa della stessa cultura che vede gli uomini come virili e di conseguenza vergognoso il fatto di subire qualsiasi tipo di violenza da parte dell’altro genere.

Cultura dello stupro è il termine usato a partire dagli studi di genere dalla letteratura femminista e postmoderna, per analizzare e descrivere una cultura nella quale lo stupro e altre forme di violenza sessuale sono comuni, e in cui gli atteggiamenti prevalenti, le norme, le pratiche e atteggiamenti dei media, normalizzano, giustificano, o incoraggiano lo stupro e altre violenze sulle donne” (fonte: Wikipedia).

Catcalling e dickpic

Se immaginiamo la cultura dello stupro come un iceberg sotto il quale ci sono tantissimi altri tipi di violenza, potremmo inserire alla base il catcalling. Il catcalling è quella comunissima pratica per cui molti uomini fischiano o fanno apprezzamenti, spesso anche volgari alle sconosciute, per strada o urlando dall’auto. Penserete che siano solo apprezzamenti, ma se vi capitasse di parlarne con qualsiasi donna o ragazza non la penserà allo stesso modo.

Nessuna ragazza, che abbia ricevuto foto delle parti intime di terzi sulle chat dei social network, senza che lo abbia mai chiesto, confermerà che quella del “dickpic” è un altro modo volgare e non richiesto molto comune. Come se uno sconosciuto per strada si tirasse giù i pantaloni davanti una sconosciuta. Il concetto è lo stesso, ma traslato sul digitale.

Slutshaming, victim blaming e rape jokes

Percorrendo l’iceberg dal basso, troviamo lo slutshaming, cioè l’insultare con epiteti volgari una donna, anche in circostanze e in contesti che non riguardano la sfera sessuale. E’ quasi impossibile trovare una donna che non sia stata, almeno una volta nella vita, insultata con l’epiteto “troia”. Lo stesso insulto non esiste al maschile. Mentre la sessualità femminile è stata sempre demonizzata o addirittura ignorata, quella maschile è sempre stata fonte di orgoglio.

Al di sopra dello slutshaming, un’altra forma verbale di violenza è quella del victim blaming. Il colpevolizzare la vittima di stupro o di molestie sessuali con frasi come: “vestita così, te la sei cercata”, “se ti comporti in quel modo, non lamentarti se ti stuprano”. Affermazioni che non solo colpevolizzano la vittima, ma giustificano e deresponsabilizzano gli autori di violenze. Affianco a questi comportamenti troviamo i rape jokes: fare ironia sullo stupro. Sebbene sia molto in voga il black humour, quindi il fare umorismo su argomenti delicati come razzismo, omofobia, religione, così facendo si tende a normalizzare un comportamento sbagliato.

Il revenge porn e la coercizione sessuale

credit: dal web

Salendo verso la superficie dell’iceberg di questa cultura maschilista e a tratti misogina, c’è il revenge porn, traducibile in italiano come “vendetta porno”, è quella pratica per cui viene condiviso materiale intimo senza il consenso del soggetto. Le vittime anche in questo caso sono per la maggior parte donne. Donne soggette ad un vero e proprio stigma sociale, che in molti casi influisce anche sulla sfera lavorativa. Sarebbe troppo lungimirante forse dire che ogni donna dovrebbe vivere la sessualità in modo libero. E’ quasi incomprensibile la ragione per cui le conseguenze dello stesso evento proiettato sulla vita di un uomo non sarebbero mai le stesse.

La coercizione sessuale al di sotto dello stupro è una forma di stupro in quanto prevede che il consenso da parte del soggetto sia stato dato sotto una qualche pressione psicologica; per esempio un ricatto, quindi equivale ad una molestia.

In cima, sulla punta dell’iceberg ci sono lo stupro e il femminicidio, molte volte connessi tra loro, che sonno la manifestazione maggiore della violenza di genere.

Tutti questi tipi di violenze sono figli di una società patriarcale e una cultura dello stupro, molto difficile da sradicare. Il sesso è ancora visto come una forma di potere e di sottomissione, qualcosa di cui non parlare per una donna e qualcosa di cui vantarsi per un uomo. Sarà cambiato qualcosa quando le donne che vivranno liberamente la loro sessualità non saranno più definite con epiteti volgari o “emancipate”, perché non si tratta di emancipazione ma di normalità.

Seguici su Facebook e Instagram