Il mondo videoludico è positivamente scosso dall’arrivo di un titolo d’altissima qualità, un videogioco d’altri tempi che riesce benissimo a far parlare di se: Cuphead. Esso potrebbe erroneamente sembrare un titolo “semplice e banale”, un Platform come tanti non degno della nomea che s’è fatto, tuttavia questo Run & Gun (categoria più affine al gioco della quale stiam discutendo) è davvero sorprendente e meritevole della sua fama.

Cuphead è una favola, la sua ambientazione, la sua trama, i suoi disegni, quel filtro un po’ sporco e delle volte graffiato in grado di rovinare in un tocco perfettamente artistico le immagini di gioco, visivamente molto accattivante, al punto da non poter fare a meno di esprimere profondo apprezzamento per la qualità grafica di quest’opera che vuole risultare retrò, riportandoci agli anni ’30 alla quale il gioco stesso è ispirato. Tuttavia questo titolo non è una favola solo per disegni e trama ma anche per ciò che sta dietro alla scena, ciò che un giocatore nel muovere il nostro eroe nello schermo non potrà mai notare, la favola che Cuphead ha dovuto vivere per giungere sul suo monitor.

C’era una volta, in una cittadina canadese di nome Regina, una giovane coppia di fratelli nati e cresciuti fra console e cartoni animati dell’epoca d’oro dell’animazione americana, il loro nome? Chad e Jared Moldenhauer. Il loro amore per i videogiochi porta il loro cuore ad appassionarsi per titoli quali Thunder Force e Mega Man, arrivando a sognare come tanti ragazzini una carriera nel mondo videoludico, la possibilità di realizzare un giorno il gioco custodito nei meandri della propria mente, pronto ad emergere e farsi vedere al mondo, ai tempi Cuphead non era che un fiume di idee ancor privo di forma propria, ma già ricco della volontà dei suoi creatori. I primi progetti presero piede già in quegli anni, con le Silly Symphonies di Walt Disney archiviate da appena un decennio ed un Topolino che spopola fra i più giovani, seguito da un Paperino ancora deforme e ben diverso da quello che conosciamo oggi, Betty BoopBraccio di Ferro (Popeye) e altri grandi capolavori del tempo, i disegni di un prematuro Cuphead non potevano che ispirarsi a questa fantastica era videoludica.

Ma si sa, i sogni dei bambini si schiantano sempre contro il muro della realtà, un incontro violento e sanguinario che spezza il più delle volte la “vita” di fantasie infantili che non potranno mai più raggiungere il nostro mondo, soppresse da un sistema costruito da noi stessi dove la produttività è al primo posto dinnanzi ogni altra cosa nel creato. Questo, per nostra fortuna, non è del tutto vero nel caso di Cuphead.

Sebbene Jared rimanga a Regina per portare avanti l’attività di famiglia, Chad è costretto a trasferirsi in Ontario per dedicarsi alla grafica ed al marketing, ma in questo “schianto” Cuphead riesce a sopravvivere, ancor privo della sua forma, sino a quando la fatidica scintilla non torna ad accendere il fuoco del desiderio e della volontà dei due fratelli. Questa “scintilla” porta il nome dello splendido Indie Game: The Movie , un documentario premiato al Sundance Festival nel 2012, incentrato sullo sviluppo di Frez, Braid e Super Meat Boy.

 

Al team dei due fratelli si aggiunge Maja, moglie di Chad con grandi capacità illustrative ed insieme si dedicano, in ogni attimo del loro tempo libero, alla sperimentazione e la creazione del loro gioco, formando quello che oggi conosciamo come Studio MDHR. Da un cortometraggio di propaganda giapponese del 1936 nasce l’idea di Cuphead che, per la prima volta sin dall’infanzia del due fratelli, prende realmente forma dal fiume di idee della loro gioventù, dai loro primi disegni e prime sperimentazioni. Il 2014 è un anno fondamentale per questo team, bastano cinque secondi netto di montaggio all’interno della clip con i titoli indie in arrivo su Xbox One a scatenare il fervore del pubblico durante l’E3 di Microsoft.

Il fantomatico treno che passa una sola volta nella vita era li, il team MDHR vede la loro possibilità, il momento in cui agire a far proprio il loro sogno d’infanzia, per tanto ognuno dei membri del gruppo abbandona il proprio lavoro per dedicarsi a tempo pieno alla loro creazione, al loro personaggio, avatar ed incarnazione di tutti quei sogni infantili costretti a spezzarsi prima ancora di nascere, ed è per questo che Cuphead è una vera e propria favola a lieto fine. Il resto non è che storia: l’espandersi del team sino a giungere a circa venti elementi, l’esclusività assoluta PC/Xbox One rivendicata da Microsoft ed i continui ritardi che han reso Cuphead fra realtà e leggenda, quel titolo nella quale si spera ma che sembra non giungere mai, cavalcando un’onda per certi versi simili a quella di Kingdom Heart 3, idilliaca a pari merito.

Ma qual è il risultato di questo duro lavoro?
La storia di quest’opera è semplice e lineare: Cuphead e Mugman vivono spensierati sulla loro isola, concedendosi di tanto in tanto delle seratine al casinò nella speranza di vincere un po’ di soldi. Essendo molto fortunati ai dadi vengono invitati dal padrone della struttura a scommettere contro di lui, in caso di vittoria avrebbero ricevuto l’intera baracca. Ma ahimè a capo di tutto vi è nientemeno che il diavolo in persona, la scommessa vien persa ed i due son debitori della propria anima al signore degli inferi. Hanno tuttavia un modo di riscattarsi: prender l’anima di tutti i debitori del diavolo, ed è così che i due partiranno all’avventura.

Beh certo la storia è molto semplice e lineare, non è di certo questa il suo asso nella manica, bensì la sua grafica di cui abbiam già parlato, semplicemente perfetta, e la sua giocabilità, ritenuta fra le più difficili esistenti, tanto da poter competere con il famigerato Dark Soul.

Entriamo nello spietato mondo dei Run’n’Gun, il cui gioco più famoso che potremmo citare è Metal Slug, estremamente popolare nell’epoca delle Sala Giochi a gettoni. I nostri eroi saranno dotati della capacità di saltare sui nemici, raccoglier “vite” in giro per la mappa e sparare (in diverse modalità di fuoco sbloccabili durante l’avventura) ai propri nemici al fine di abbatterli, superando il livello, il tutto accompagnato da effetti scenici pieni di particolari perfettamente curati in ogni loro aspetto.

Un gioco così “semplice” nelle meccaniche risulta tuttavia davvero difficile da vincere, specialmente nella nostra “era videoludica”, dove i giochi possiedono una semplicità disarmante rispetto i grandi colossi del passato. Nonostante ciò ritengo che la “famigerata” difficoltà di Cuphead sia davvero sopravvalutata, senza nulla escludere al gioco che sicuramente rappresenterà un “grado sfida” piuttosto elevato, tuttavia in questo genere di videogiochi le difficoltà alla quale gli appassionati son spesso sottoposti sono nettamente superiori a quelle di Cuphead, sebbene si tratti di opere che raramente risultino altrettanto famosi. Volendo citare qualcosa dalla fama e difficoltà nettamente superiori, dovremmo traslare leggermente di genere per andare nella categoria dei Vertical Shooter, la dove la serie di giochi Touhou regna incontrastata da decenni.

Capolavori come Cuphead sono davvero una piacevolissima sorpresa, pertanto lo consigliamo a chiunque, grandi e piccini, sperando vivamente che lo Studio MDHR ci riveli nuovi giochi di questo genere in tempi più brevi! Anche perché altrimenti ci giocheranno i nostri nipoti…