“Da ogni pendice risuoni la libertà”: il sogno di Martin Luther King

Foto dell'autore

Di Joelle Cotza

È il 28 agosto del 1963, a Washington ha appena avuto luogo una manifestazione per i diritti civili. Si tratta della Marcia su Washington per il lavoro e la libertà, in seguito alla quale, davanti al Lincoln Memorial, Martin Luther King espone il suo monologo “I have a dream“. Il discorso in questione è stato ripreso e modificato diverse volte e in diversi periodi. Il testo finale è quindi il risultato dell’unione di varie bozze e prendeva il nome di “Normalcy, Never Again“.

Durante il discorso, Mahalia Jackson, che tra la folla gridava “Parla del sogno, Martin!“, lo sprona e incita a parla del sogno condiviso di libertà. Ed è così che ha inizio il monologo, in parte improvvisato, spontaneo e sentito.

Il sogno non ancora realizzato di Martin Luther King

Martin Luther King
Credits: ninjamarketing.it
Martin Luther King durante il discorso “I have a dream”

Martin Luther King parla di sogni nei suoi discorsi sin dal 1960, quando ne tenne uno per la National Association for the Advancement of Colored People (NAACP) denominato The Negro and the American Dream. Qui si sottolinea il divario presente fra il cosiddetto sogno americano e la realtà, evidenziando quanto la supremazia bianca abbia violato questo sogno. L’attivista politico asserisce: “potrebbe benissimo essere che questo negro sia lo strumento di Dio per salvare l’anima dell’America“.

[…] Io ho un sogno, che i miei quattro figli piccoli vivranno un giorno in una nazione dove non saranno giudicati per il colore della loro pelle, ma per il contenuto del loro carattere. Io ho un sogno oggi! […]

James Reston, giornalista del New York Times, scrisse: “King ha toccato tutti i temi del giorno, ma meglio di chiunque altro. Era un discorso pieno di rimandi a Lincoln e Gandhi, con la cadenza della Bibbia. Lui era sia militante che triste, e ha dato alla folla l’impressione che fare quel lungo viaggio sia stato utile“. Reston ha inoltre affermato: “è stato l’evento più coperto dalla televisione e dalla stampa sin dall’arrivo del presidente Kennedy“, sottolineando “ci vorrà molto affinché Washington dimentichi la melodiosa e melanconica voce del Reverendo Dr. M.L.K. gridare i propri sogni alla folla“.

Diverse furono le reazioni dell’FBI: dopo aver ascoltato la dichiarazione interviene il COINTELPRO, acronimo di Counter Intelligence Program, che identifica King come “il nemico principale degli Stati Uniti”. “Alla luce dell’intenso discorso demagogico di King tenuto ieri, lui si distingue da tutti gli altri leader neri per quanto concerne l’influenzamento della popolazione nera. Lo dobbiamo marcare ora, se non lo abbiamo fatto prima, come il negro più pericoloso di questa Nazione dal punto di vista del comunismo […] e della sicurezza nazionale“.

Dal 28 agosto 1963 l’espressione “I have a dream” è diventata un’icona universale. In un discorso di 17 minuti, il reverendo King ha condensato la potenza del suo messaggio, affidandolo ai posteri. Da quel giorno la lotta contro il razzismo non è stata più la stessa e, anche se non è tutt’ora sufficiente, ha trovato nuova forza e radici.

Joelle Cotza

Seguici su: Google News