Angelo Correnti, dalla Sicilia alla Germania, da precario a ostetrico

Angelo Correnti, da precario originario di Vittoria, nel 2010 si trasferisce a Novara per studiare da ostetrico. Nel 2014 si laurea ma non riesce a trovare lavoro nelle strutture piemontesi. Decide così, di frequentare una scuola in Spagna, che organizza corsi intensivi di tedesco rivolti a infermieri, ostetrici, tecnici di radiologia, fisioterapisti spagnoli e italiani. Il corso lo mette in contatto con strutture ospedaliere in tutta la Germania. A luglio 2017 si è trasferisce in Germania e  diventa uno dei pochi ostetrici maschi di tutto il Paese. La notizia viene rilanciata dai media:

” Eh sì, ci sono pochi ragazzi tedeschi che scelgono questa strada. Spesso noi uomini siamo visti con diffidenza, non solo per motivi religiosi”

racconta in un intervista. Le difficoltà sono state tante ma Angelo Correnti, dopo una vita da lavoratore precario, ha ottenuto un contratto a tempo indeterminato come ostetrico.

Quanti sono gli ostetrici uomini e che rapporto hanno con le pazienti?

In Italia si parla di poco più di trecento. Una cifra minuscola se paragonata a quella delle colleghe del gentil sesso. Le donne iscritte ai vari ordini provinciali della Penisola sono ben 22 mila.

Nel rapporto con le pazienti, invece, qualche differenza di genere c’è, ma per entrambi è solo “una questione di approccio”. La difficoltà di superare il primo impatto, quasi entrando nella stanza in punta di piedi, chiedendo il permesso…

Molto spesso però,  trascorsi i primi minuti, la diffidenza cade. Quasi tutti gli ostetrici raccontano che poco dopo hanno la sensazione di riuscire a far dimenticare alle pazienti di essere maschi.

Come racconta Angelo Lopresti, ostetrico con molti anni di esperienza sulle spalle, entrato nel mondo del lavoro quando gli uomini erano probabilmente molto meno di 300, non ci sono state particolari diffidenze da superare:

«nessuna donna ha mai manifestato un malcontento vedendomi. L’importante è avvicinarsi nel modo giusto, con rispetto, senza invadere l’intimità».

Un mestiere da sempre al femminile…

È rilevante il fatto che, sebbene la nascita fosse ormai socializzata da migliaia di anni, le donne abbiano sempre voluto proteggere il luogo del parto dalla presenza degli uomini, soprattutto medici.

Erano molte e forti le obiezioni alla presenza maschile; durante il sedicesimo secolo, ad Amburgo un dottore fu condannato e bruciato vivo dopo essersi travestito da donna per poter assistere a un parto. All’epoca, si dice, le donne erano pronte a morire piuttosto che consentire a un uomo di entrare nella stanza del parto.

Questo non vuol dire che medici uomini si interessassero di rado alla nascita, ma la loro influenza era discreta e indiretta. Il loro ruolo era confinato a due sfere di competenza. Una riguardava gli interventi in casi disperati, su richiesta della levatrice soprattutto in alcuni particolari contesti culturali in cui l’effetto inibitorio di un ambiente maschile era più forte che altrove. Potrebbe, per esempio, essere questa la causa per cui nel sud d’Italia, una regione influenzata dalla cultura araba, il tasso dei cesarei è alle stelle.

Una questione di ossitocina?

Tuttavia, la questione principale resta: possiamo affermare che esista una relazione di causa-effetto in grado di spiegare questa relazione?

Possiamo sostenere che le difficoltà del parto siano legate al grado di mascolinizzazione dell’ambiente?

Possiamo confidare nella doula esperta quando sostiene che l’ossitocina, l’”ormone timido”, diventa ancor più timido quando l’ambiente è soprattutto maschile anziché femminile?

Eva Milella @Milavagante

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