”Dalla Stessa Parte” vuole imprimere una nuova energia al femminismo italiano ripartendo dalla forza con cui le donne che hanno dato vita al movimento si sono imposte nel panorama politico e sociale nel dopoguerra per ottenere uguaglianza e dal valore della differenza.

Il movimento ”Dalla Stessa Parte” nasce con l’obbiettivo di ”costruire una forza delle donne grande, che sia visibile, che conti nelle decisioni e nelle scelte di chi governa questo paese”. Il progetto nasce dall’appello di Livia Turco a dar vita ad una piattaforma che unisca tutte le donne e le guidi verso la rivendicazione di obbiettivi comuni. Ma, leggendo il manifesto del gruppo, viene da chiedersi: siamo di fronte ad una rinascita del femminismo o ad un tentativo di riaccendere un fuoco ormai spento?

Il pensiero della differenza sessuale

Anche in Italia, così come nel resto del mondo occidentale, durante gli anni 70 il femminismo divenne pratica diffusa che portò a importanti miglioramenti nella vita delle donne. Dall’introduzione di una legge per il divorzio (1970) e per la liberalizzazione dell’aborto (1978) fino all’abrogazione del delitto d’onore (1981), gli anni della lotta femminista in Italia ebbero grande risonanza non solo culturale ma anche politica. Sono questi gli anni dell’autocoscienza e del dissenso esplicito verso le forme tradizionali della politica.

Alla fine degli anni Settanta l’entusiasmo diminuisce e si apre una fase di elaborazione teorica. Sulla scia dell’opera della psicanalista e filosofa francese Luce Irigaray anche in Italia prende piede il pensiero della differenza sessuale. Le teoriche della differenza credono che la specificità femminile sia legata al sesso. Rispetto al vecchio femminismo liberale, le teoriche della differenza vedono nella politica dell’uguaglianza l’annullamento della ricerca di voci,di identità che partono dal sé di ogni donna. A mettere in guardia sui rischi dell’uguaglianza è Carla Lonzi nel suo libro manifesto Sputiamo su Hegel: il pericolo è quello di cancellare le differenza su cui si fonda la forza potenziale e irriducibile del sesso femminile.

Se le femministe italiane fino a quel momento avevano messo al centro della loro riflessione l’impegno politico, le cose cambiano nei decennio successivo. Nel 1984 viene fondata la comunità filosofica femminile Diatoma. Luisa Muraro – cofondatrice insieme a Adriana Cavarero – teorizza il concetto di affidamento che presuppone l’esistenza di un legame simbolico madre-figlia. Riconoscendo l’autorità (madre – mentrice) si può realizzare il principio di thiassos (circolo femminile fondato per venerare la dea Afrodite) con l’aggiunta dell’affetto e della cura. Al centro della proposta di Muraro c’è l’utopia delle donne che si amano e trasmetto saperi, e significa anche un’esclusione dalla partecipazione politica e sociale. 

Uguaglianza e intersezionalità

Il panorama sociale italiano è profondamente cambiato con l’avvento del XXI secolo. La diffusione di internet ha avvicinato realtà differenti e creato nuovi spunti di riflessione. La globalizzazione ha portato alla nascita di nuovi scenari teorici. Le diverse battaglie per le rivendicazioni civili si sono unite, gli obbiettivi si sono fatti comuni. Ne è un esempio la proposta di rinnovare la bandiera del Pride per includere le persone di colore e le tematiche ambientaliste all’interno della lotta della comunità LGBTQI+. La parola chiave per comprendere i movimenti degli ultimi tempi è intersezionale. Le piazze cambiano e diventano più inclusive. I luoghi di discussione si spostano dai circoli ai social network.

”Dalla Stessa Parte”: uno sguardo al passato

Attenzione, cura, compassione: questi termini tornano nel manifesto del gruppo come pilastri su cui rifondare la società. Questi principi rispecchiano le doti che, secondo le firmatarie del documento, sono proprie delle donne. L’impegno politico dovrebbe puntare al sostituire questi principi ordinatori a quelli dominanti (propri degli uomini), ovvero forza, potere e denaro.

Per rifondare l’ordine sociale è indubbio che vadano ripensati i valori sui cui esso si regge, tuttavia la lettura del manifesto fa sorgere delle perplessità. I richiami al passato femminista italiano sono evidenti, ed è evidente come questi si scontrino con l’attualità. Il pensiero postmoderno ha rivoluzionato il modo di concepire il genere e la sessualità. Ne è derivata una definizione in termini di fluidità, di impossibilità di chiudere l’identità in compartimenti stagni.

Tra uguaglianza e differenza

La dialettica differenza-uguaglianza è stata da sempre centrale nel dibattito femminista. Se da una parte il femminismo vuole liberarsi dalla costrizione del genere (rimandiamo all’opera di Judith Butler) dall’altra c’è chi si batte per raggiungere l’uguaglianza tenendosi alla larga dall’assimilare gli uomini alle donne. Entrambe le direzioni sono valide, hanno i loro punti di forza e di debolezza. Tuttavia la strada della valorizzazione della differenza, nonostante sia la più facile, non è la più innovativa.

L’esperienza di vita di una donna è diversa da quella di uomo, e su questo non si discute. E appunto per via di questa diversa esperienza uomini e donne tendono a sviluppare sensibilità diverse. Attenzione, cura e compassione sono virtù domestiche, rimandano ad uno scenario in cui è la donna l’addetta alla crescita e all’educazione dei figli, nonché alla tutela del benessere familiare.

Affermare che determinate qualità siano più spiccate nelle donne significa legare indissolubilmente il genere al sesso biologico. Eppure esistono infiniti modi di essere donna, così come esistono infiniti modi di essere uomo. L’educazione esercita un’enorme influenza nella costruzione del sé. La maggior parte delle differenze che riteniamo intrinseche al sesso biologico sono frutto di un lungo percorso educativo.

Il valore della diversità

Il grande contributo che le donne – così come tutte le minoranze confinate ai margini della società – possono apportare alla politica risiede nella diversa visione che hanno del mondo, nelle difficoltà derivate dalla loro posizione di subordinazione, non in doti innate proprie del sé femminile.

La diversità è ricchezza, si sente dire spesso. Ma la diversità non è fatta da gruppi omogenei che creano panorami eterogenei, ma da individui liberi di essere ciò che vogliono e non si lasciano definire, anzi, si autodefiniscono. ”Dalla Stessa Parte” sembra voler ricreare un movimento femminista che non ha più ragione d’esistere, che ha avuto la sua importanza un tempo ma ora deve crescere e per affrontare le nuove sfide che la contemporaneità ci pone. Con nuovi mezzi e, sopratutto, con nuovi alleati.

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