Damiano Damiani, la purezza della verità

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Di Federica De Candia

Uno “stile naturale, scritto male apposta, senza ornamenti” secondo Ennio Flaiano. “Amaro moralista assetato di vecchia purezza” per Pier Paolo Pasolini. Damiano Damiani è stato per tutti regista, autore di 38 film, uno scrittore, un pittore e, non ultimo, un poeta. Come chiunque abbia un mondo interiore, profondo, da raccontare. Tra morale e purezza era il suo cinema.

La generazione di Damiani, era la stessa di Lattuada, Olmi, Comencini, Rosi, Lizzani, Pietro Germi suo amico e maestro. Ma il suo stile, abilissimo nel mescolare spunti civili a forme popolari, lo ha reso unico. Ma con la critica il rapporto è stato difficile, spesso diffidente. Senza aver saputo cogliere l’originalità e l’importanza di un cinema fatto sulla realtà.

Vietato ai minori di 18 anni

Il giorno della civetta di Damiano Damiani - con Franco Nero e Claudia Cardinale - Foto web
Il giorno della civetta di Damiano Damiani – con Franco Nero e Claudia Cardinale – Foto web

È incomprensibile la decisione di vietare Il giorno della civetta, mentre si tratta di uno dei pochi film educativi espressi in quegli anni. Quando Damiani decise di fare un film sul romanzo di Leonardo Sciascia, partì per Palermo per conoscerlo. E si trovò davanti un uomo minuto, gentile, silenzioso, profondamente civile. Era anche lui un volto della Sicilia, quella terra che aveva amato fin dal primo momento. “Che nella giovinezza, apparve subito degna di felicità”. 

Claudia Cardinale doppiata, e Franco Nero

Un film di sincero e doloroso interesse umano, il primo dei suoi sulla mafia. Non si avvertirà mai il peso della finzione. E il dramma resterà sempre cronaca quotidiana, mai spettacolo. Claudia Cardinale bellissima, e Franco Nero capitano nordista a disagio con la diffidenza degli isolani. Esprimevano passioni autentiche, come autentici erano i travagli. Così, nel 1968 un’immagine inedita buca gli schermi italiani. Ma, ci volle ancora del tempo perché la coscienza collettiva acquisisse l’amara consapevolezza, che la mafia fosse ben più che un racconto dell’orrore per cinema e televisione.

Un grido al paese

Di fronte al silenzio, c’è stato qualcuno che ha levato un inno rumoroso: lo scrittore, e il regista, che anticipano profeticamente e, intelligentemente, la vita stessa. Dove la vittoria è la verità. Dalle stesse parole di Damiani, emergeva la protesta contro chi scriveva la storia della mafia. Senza segnalare che era stato il cinema a svelarla come realtà, laddove giornalismo e letteratura avevano taciuto.

Lo schermo non è più lo stesso

Damiano Damiani regista del La Piovra - Foto repertorio
Damiano Damiani regista del La Piovra – Foto repertorio

Nel ’84 il grande, caloroso, successo. È autore della prima stagione del La Piovra. Chi non ricorda la storia infinita, di quel fenomeno che ha sembrato fermare il pianeta. Le innumerevoli puntate con le musiche a ripetizione nell’orecchio, e il commissario Cattani nel cuore. Una novità, un’attrazione, di tensione ad alte dosi. Un continuo trattenere il respiro, tra una sparatoria e lo sguardo fisso di Michele Placido. Che potremmo definire antenato di un altro commissario: il cugino serio di Montalbano.

Realtà messa a fuoco

Con grande senso dello spettacolo popolare, Damiani parla dell’Italia contemporanea. Il pubblico si dimostrò ben disposto anche verso la denuncia sociale, se ben fatta. Erano da poco morti assassinati Gaetano Costa, Cesare Terranova, Emanuele Basile, Pio La Torre, Pier Santi Mattarella, Carlo Alberto Dalla Chiesa, Rocco Chinnici e tanti altri. Senza che un solo colpevole fosse stato arrestato e l’opinione pubblica ancora aspettava giustizia. Il cinema divenne quasi, uno dei momenti di democrazia nel nostro paese.

I film di Damiani come denunce

Diversi i generi che ha affrontato con competenza. Il western, il poliziesco civile, la commedia all’italiana, il giallo, lo storico e il letterario. Per quest’ultimo ambito, non risparmiando lo sfogo a personali interpretazioni, firma L’isola di Arturo, dall’omonimo romanzo di Elsa Morante. E La noia, tratto dall’opera di Alberto Moravia con una giovane Catherine Spaak, una Lolita italiana a quei tempi. Manifesto dell’italia, felice ma già “corrotta”. Passate le urgenze della guerra e dopoguerra, in cui si pensava più alla sopravvivenza e al pezzo di pane quotidiano, è il tempo del boom economico. Che però, non risparmia feroci critiche alla classe sociale.

Sceriffi, marescialli, eroi

Quien Sabe – Di Damiano Damiani – Trailer da YouTube

Damiani interpreta le cattive azioni della mafia, non di rado, nella chiave dei film western. Con sceriffi, predoni o gangster. Ne traeva effetti sicuri di concitazioni, alternati a momenti di riflessione. In un ritmo dinamico. Senza pause. E i suoi personaggi non avevano nulla del folclore o del pittoresco. Ma tratteggiati senza nessuna indulgenza, reali e crudi. Pronti per rappresentare, o smascherare, l’orrore di un male che divora la società.

Dietro un regista, un artista

La passione per la pittura lo ha accompagnato per tutta la vita. E, con il ritiro dalle scene, divenne la sua arte privilegiata. Dipingeva con impeto, memore di aver studiato all’Accademia milanese di Brera. Come il suo cinema ed i suoi personaggi, colorava senza chiaroscuri. Dosando bene freddezza e crudeltà, stemperando con l’intelligenza. Damiani ha dato vita ad eroi antimafia, ed è egli stesso un valoroso, che porta al collo la medaglia per l’impegno civile e il racconto popolare. Davanti un mondo da “raddrizzare”, anche con il sostegno dei suoi film.

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