Per la rubrica Dantedì, oggi ci troviamo nel canto 23 del Purgatorio. Dante e Virgilio, sono ancora nella VI cornice e qui incontrano le anime penitenti dei golosi. I dannati che interagiscono con Dante e Virgilio, in questo canto sono vari, tra cui Forese Donati. Dopo una digressione critica, sulle donne fiorentine dell’epoca, il canto 23 del Purgatorio, si conclude con l’incontro tra Virgilio e Stazio, presentanti dal poeta fiorentino.
Dante e Virgilio, stanno proseguendo il loro cammino, quando nel canto 23 del Purgatorio, si imbattono nelle anime penitenti dei golosi. Virgilio esorta Dante a procedere, perché il tempo a loro disposizione, scorre veloce ed inesorabile. Ma il poeta fiorentino, non può fare a meno di fissare i golosi. Procedono in processione, trascinando i loro corpi, estremamente magri, ridotti a pelle ed ossa. Intanto intonano, il Salmo Labia Mea, Domine. In segno di penenitenza, si rivolgono a Dio, implorando il perdono del loro peccato mortale. E questa situazione estrema, spinge Dante incuriosito, a chiedere dettagli sulla pena inferta ai golosi.
La penitenza dei golosi
La curiosità, di Dante, viene accolta da uno dei penitenti, che interrompe il suo pellegrinare e fissa il sommo poeta. Dante stenta a riconoscerlo, ma quell’anima dannata, è un suo amico: Forese Donati. La magrezza del suo corpo e del suo volto, impressionano il poeta, tanto da farlo quasi piangere. Forese Donati, esorta l’amico, a non badare al suo aspetto gracile, ma piuttosto gli chiede di parlargli e di raccontargli il perché fosse in Purgatorio, nonostante vivo. Dante, prima di soddisfare la domanda dell’amico, lo convince a chiarirgli tutti gli aspetti della pena che sta scontando.
Così Forese Donati, svela a Dante il perché dell’impressionante magrezza delle anime golose. Questa precaria condizione fisica, è data dai frutti degli alberi che sono attorno e dalle fresche acque che sgorgano dalle rocce. Ogni qual volta un penitente, viene tentato dal profumo dei frutti e dalla sete dell’acqua, il loro cedimento, provoca per contrappasso, non un incremento, bensì un’ulteriore perdita di peso. Quindi più la gola aveva la meglio, sul loro intelletto e più patiscono la penitenza nel ridursi pelle ed ossa. Senza avere nemmeno le energie, per camminare o sorreggersi in piedi.
a cura di Chiara Bonacquisti
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