Uno aveva i capelli argento e frequentava i locali più cool del momento insieme ad Elizabeth Taylor. L’altro era una rock star di fama internazionale. C’è un filo rosso che unisce Andy Warhol e David Bowie.

“Bisogna fare la propria vita come si fa un’opera d’arte”

dichiarava Gabriele D’Annunzio. Il poeta decadente, grazie al suo carisma e al raffinato gusto estetico, diventa emblema del panorama culturale italiano di fine Ottocento, tanto da guadagnarsi l’appellativo di Vate.

La storia però non tarda a fare il suo ingresso trionfale nella contemporaneità, in seguito al fenomeno che, nel mondo occidentale, trasformò radicalmente cultura e società: la rivoluzione elettronica. Radio e telefono irrompono nelle case del cittadino comune. Il benessere aumenta e tutti guardano la tv.

Andy Warhol – “Liz Taylor”
(Foto dal web)

In questo contesto, è facile intuire che la figura di Vate-Esteta si presenta anacronistica. Tuttavia, il desiderio dell’artista di immedesimarsi con il proprio lavoro persiste e, sfruttando le possibilità offerte dal nuovo scenario massmediatico, si viene ad imporre una nuova figura: quella della star.

Il secondo Novecento pullula di questo tipo di personaggi: attori hollywoodiani, modelle dal fascino etereo, rock star. A questo punto, vale la pena nominare almeno due dei pilastri portanti: il guru della pop art, Andy Warhol, ed uno dei suoi più fedeli ammiratori, il Duca Bianco, David Bowie.

David Bowie nei panni del Duca Bianco (Foto dal web)

Da una parte Warhol. Rappresentante di un’arte in grado di riflettere l’uomo comune, che ama Marylin Monroe, beve Coca Cola e mangia zuppa Campbell. Ritratti di vita quotidiana immortalati nelle serigrafie più celebri della storia. Warhol frequentava lo Studio 54 e le sue muse erano le modelle più ricche e affascinanti di New York. Indossava sempre occhiali da sole scuri e un outfit rigorosamente nero.

Andy Warhol (Foto dal web)

Dall’altra parte, la rock star. David Bowie, inventore del glam rock e protagonista del palcoscenico per circa 50 anni, durante i quali ha saputo reinventarsi continuamente, cambiando il proprio stile e dando vita a numerosi alter-ego, da Ziggy Stardust ad Halloween Jack. Varia il colore dei capelli, il trucco, mette una benda sull’occhio.

David Bowie nei panni di Halloween Jack (Foto dal web)

Entrambi attratti dallo stile newyorkese, mix perfetto tra glamour e strada. Alternativi, eccentrici. Condotta sessuale trasgressiva. Poliedrici: Warhol, oltre che artista, è fotografo, attore e registra. David Bowie, allo stesso modo, è pittore e attore (ha perfino interpretato il ruolo di Andy Warhol nel film Basquiat). Entrambi ossessionati per il proprio look, entrambi star di livello mondiale.

Warhol, di circa 20 anni più grande del cantante, non poteva, dunque, non rappresentare una sorta di mito per Bowie. L’incontro tra i due, nel 1971, rappresenta il punto di svolta nella carriera del Duca Bianco, che intuisce il potenziale di una fusione tra arte e artista. La sua immedesimazione sul palco crescerà a livelli esponenziali, fino a raggiungere il massimo della scenografia con il personaggio di Ziggy Stardust. Brano e cantante, tela e pittore. Non c’è più differenza. L’artista stesso diventa il prodotto meglio riuscito.

David Bowie nei panni di Ziggy Stardust (Foto dal web)

È sempre il 1971, quando David Bowie decide di omaggiare pubblicamente l’artista pop con il brano Andy Warhol, ottava traccia dell’album Hunky Dory. Tra le parole del testo, troviamo riferimenti palesi all’immedesimazione tra arte e vita, portata avanti da Warhol: “Be a standing cinema / Dress my friends up just for show”. E ancora “I’d like to be a gallery / Put you all inside my show”.

Per poi sottolineare ulteriormente come Andy Warhol fosse, egli stesso, un’opera d’arte eccezionale: “Andy Warhol looks a scream / Hang him on my wall / Andy Warhol, Silver Screen / Can’t tell them apart at all.”

Andy Warhol – Self Portrait (Foto dal web)

Warhol era un capolavoro artistico. Allo stesso modo, David Bowie ha rappresentato un pilastro nel modo della moda, del design, del cinema e della musica, diventando a sua volta fonte di ispirazione per le generazioni future.

In termini diversi rispetto a D’Annunzio, anche gli artisti più eclettici del secondo Novecento, dunque, hanno fatto della loro vita un’opera d’arte.

(Per l’articolo sulla mostra di Andy Warhol al Complesso del Vittoriano, link qui)

Laura Bartolini