Un giorno siete “Heroes” e l’altro vi cancellano

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Di Redazione Metropolitan

Il titolo di questo articolo è il centro di questo discorso. “Heroes” è un album fondamentale per la musica contemporanea internazionale. David Bowie era nel suo periodo di apice del successo. E non è finita qui. Infatti, il disco “Heroes” contiene l’omonimo singolo che è considerato la pietra miliare del rock. Basti pensare che in questo progetto discografico hanno partecipato con la loro professionalità musicisti come Brian Eno alle tastiere e sintetizzatori, con Robert Fripp alla chitarra. Il testo del brano è una classica storia d’amore contrastato, in cui due amanti si incontrano sotto il muro di Berlino.

Tony Visconti racconta “Heroes” e il muro di Berlino

L’album era caratterizzato dalle influenze tedesche del krautrock. Oltre al sound innovativo e avveneristico. Il dodicesimo album di David Bowie, è stato registrato a Berlino ovest nel 1977. Il secondo, se vogliamo pensarlo come appartenente alla trilogia berlinese insieme a Low e Lodger. Agli Hansa-Tonstudio, il co-produttore Tony Visconti è stato testimone della nascita di questo capolavoro importante anche storicamente. Stiamo parlando di un periodo storico molto complicato e delicato, ovvero la Guerra Fredda in cui Berlino si trovava divisa e separata in due parti. Tony Visconti considera l’album una delle sue ultime grandi avventure nel fare album. “Lo studio di registrazione era a circa 500 metri dal muro. Le guardie rosse ci osservavano con un binocolo potente attraverso la finestra della nostra sala di controllo“.

La copertina di “Heroes”, l’album di David Bowie

La foto di copertina è del fotografo giapponese Misayoshi Sukita con cui David Bowie ha strascorso molto tempo in Giappone per motivi lavorativi e per una grande amicizia. L’immagine è ispirata ai lavori dell’artista tedesco Erich Heckel, in particolare all’opera Roquairol. Tra le cento fotografie, alcune sono esposte in anteprima nazionale. Masayoshi Sukita è stato probabilmente il più importante fotografo di Bowie, che ne ha documentato la vita e la carriera. Il rapporto di collaborazione tra i due nacque nel 1972 quando Sukita si recò a Londra, senza neppur conoscere Bowie e la sua musica.

Attratto da un manifesto che ritraeva il cantante con una gamba alzata su fondo nero, il fotografo andò al suo concerto. Sarà poi il manager di Bowie a organizzare uno shooting. Nonostante la barriera linguistica che impedì loro di comunicare, Bowie ebbe comunque modo di restare folgorato dallo stile di Sukita. Tra il fotografo e il cantante scattò un’intesa che durò sino alla morte del cantante nel 2016.

Alla mostra Bowie by Sukita a Salerno, Palazzo Fruscione il 14 Febbraio 2020. Photo credits: Miryam Di Nardo
Alla mostra Bowie by Sukita a Salerno, Palazzo Fruscione il 14 Febbraio 2020. Photo credits: Miryam Di Nardo

“Heroes” si posizionò alla posizione numero 3 in classifica in Gran Bretagna rimanendo in classifica per 26 settimane, ma ebbe meno successo negli Stati Uniti dove si fermò alla posizione numero 35. In Italia raggiunse la posizione numero 11. In Europa riscosse un notevole successo, grazie soprattutto alla title-track, di cui furono pubblicate una versione in francese ed una in tedesco. Oltre alla grande importanza sociale e artistica, ricordiamo che Bowie proveniva da un periodo allucinante e scosso dall’assunzione di droghe. Si disintossica, riprende a dipingere e a scrivere, e il brano Heroes, che compose proprio in quegli anni, divenne “inno” della città berlinese stessa. Bowie descrive l’oppressione per mano delle forze dell’ordine, la difficoltà di vivere la quotidianità sotto il regime, il sogno di poter essere liberi e la consapevolezza che tutti possono essere “eroi”, anche solo per un giorno.

“Heroes” e “The Next Day”: Le due copertine e il loro significato

Ma è di questo discorso che vorremmo parlarvi. Abbiamo visto la copertina con la foto di Sukita. Il fotografo giapponese aveva un rapporto di stima e di scambio culturale con l’artista inglese David Bowie. Ma confrontiamola con la copertina dell’album più recente di David Bowie: The Next Day. L’immagine di copertina dell’album è una versione riadattata della cover di Heroes, del 1977.

L’oscuramento della fotografia, cioè un grande riquadro bianco riposto sulla faccia di Bowie, vuole indicare una “dimenticanza o cancellazione del passato”. La fotografia originale in cui viene coperto il volto di Bowie, era la stessa scattata da Masayoshi Sukita. Le parole con cui Jonathan Barnbrook, ideatore di questa cover per l’album datato 2013, sono state: “Se l’intenzione è quella di sovvertire un album di David Bowie, allora gli album fra cui scegliere sono davvero molti, ma Heroes è il più venerato. E se si trattava di sovvertire qualcosa, doveva essere un’immagine che scuotesse veramente, ed è lì che abbiamo pensato che Heroes fosse la scelta migliore sotto tutti i punti di vista“.

Le due copertine a confronto: A destra David Bowie by Sukitan per "Heroes", a sinistra la copertina per The Next Day di BarnBrook.
Le due copertine a confronto: A destra David Bowie by Sukitan per “Heroes”, a sinistra la copertina per The Next Day di BarnBrook.

Il significato metaforico, derivato dal ragionamento di Barnbrook e dalla intuizione di David Bowie, è quello di una evidente cancellazione di un passato. Meglio, di quel che poteva rappresentare quella determinata fotografia usata per quello specifico album. Come scritto in precedenza, quel determinato album conteneva il singolo tanto discusso, “Heroes”. Il ritornello di quel singolo recitava “We can be Heroes, just for one day (Noi possiamo essere eroi, almeno per un giorno)”.

Con la modifica apportata su quella iconica fotografia, si pongono le basi per un altrettanto ragionamento metaforico. Quel quadrato bianco conteneva appunto il nome di quell’album: The Next Day, il giorno dopo. Messe da vicino, mostrando quella del 1977 e poi subito dopo quella del 2013, la metafora diventa più chiara. Un giorno sei un eroe, e l’altro ti cancellano. Ennesimo messaggio in codice di un artista che tanto ha rivoluzionato il mondo non solo nella musica, ma anche nella letteratura della filosofia del pianeta.

Articolo a cura di Gianrenzo Orbassano

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