De Monarchia, analisi del trattato politico dantesco

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Di Redazione Metropolitan

Nella forma del trattato latino, Dante spiega nel De Monarchia, per quale motivo è da preferirsi la Monarchia universale alle altre forme istituzionali. È invero una scelta che risente delle particolari contingenze storiche, ovvero la discesa in Italia di Enrico VII di Lussemburgo e la necessità per Dante di tentare suo personale riscatto. In quegli anni Dante si trovava infatti in esilio da Firenze. Attraverso una velata opera apologetica del nuovo sovrano di Germania, il Poeta sperava forse in suo personalissimo ritorno sulla scena politica.

Il soggetto del De Monarchia

Nell’epistola a Can Grande della Scala, dice Dante che nel principio di qualsiasi opera dottrinale occorre cercare sei elementi: il soggetto, l’agente, la forma, il fine, il titolo e il genere di filosofia.

Nel trattato politico dantesco il soggetto è la Monarchia universale da preferirsi alle altre forme istituzionali. Le motivazioni che Dante adduce sono principalmente esposte nel primo trattato, egli si appella finanche appella alla fisica medievale: l’uno è il bene, dunque da preferire, il molteplice è il male, quindi da evitare. Da qui il sillogismo che la Monarchia è necessaria al mondo.

Ritratto di Dante - Photo Credits: wikipedia.org
Ritratto di Dante – Photo Credits: wikipedia.org

Dante uomo politico

La scelta del soggetto del trattato dantesco, datato con certezza subito dopo gli anni della discesa di Enrico VII in Italia (13121313), matura nell’ambito delle vicende personali ma anche nel clima delle acrimonie tra Guelfi e Ghibellini che caratterizzavano la vita politica dei comuni italiani del XIV secolo.

Si ricordi che Dante era un Guelfo Bianco ovvero un filopapale sostenente però la famiglia dei Cerchi in opposizione i Donati.

Questa specificità fiorentina, entro cui si può leggere il pensiero politico di Dante, permette di capire come è possibile che un filopapale auspichi per una Monarchia universale. Oltre ai già citati motivi personali, Dante in quanto Guelfo Bianco parteggiava per il Papato ma non precludeva la possibilità di un ritorno del potere imperiale. Egli infatti riteneva che la sfera di influenza del potere ecclesiastico sarebbe dovuta essere circoscritta alle sole questioni religiose e non doveva varcare le soglie della politica.

Ritratto di Can Grande Della Scala - Photo Credits: Wikipedia.org
Ritratto di Can Grande Della Scala – Photo Credits: Wikipedia.org

Analisi del secondo trattato del De Monarchia

Avendo già sufficientemente investigato, secondo quanto la materia il consentiva, sulla verità della prima questione, è uopo ora investigare sulla verità della seconda, cioè se il popolo romano a buon diritto si sia assunto la dignità dell’Impero

Dante esordisce nel secondo trattato con l’intento di voler indagare se l’Impero Romano è stato il prodotto di una volontà universale del popolo romano e se come tale ha regnato a buon diritto.

È giusto che il popolo più nobile sia preposto a tutti gli altri; il popolo romano fu nobilissimo; dunque fu giusto che si preponesse a tutti gli altri”

Edizione italiana del De Monarchia - Photo Credits: tramedoro.eu
Edizione italiana del De Monarchia – Photo Credits: tramedoro.eu

Il ruolo di Monarca non fu usurpato dai Romani nel Mondo Antico; questi furono il popolo più nobile tra gli altri quindi fu giusto che essi rivestirono una funzione di guida.

Mirare al bene dello Stato significa mirare al diritto. I migliori scrittori romani hanno riportato le intenzioni migliori del popolo romano, Dante cita Cicerone e i singoli eroi che hanno fatto grande Roma, ovvero Cincinnato, Fabrizio, Camillo, Bruto, Muzio Scevola, Catone.

Nell’VIII capitolo Dante propone una lettura cristiana dell’Impero Romano affermando che la sua egemonia sul mondo fu possibile solo grazie al favore di Dio.

Affresco con ritratto di Dante - Photo Credits: wikipedia.org
Affresco con ritratto di Dante – Photo Credits: wikipedia.org

Dico dunque che, se il Romano Impero, non fosse stato a buon diritto, Cristo, col nascere sotto di esso, avrebbe fatto una cosa ingiusta; ma questa proposizione conseguente è falsa

Dante rende legittima la Monarchia assoluta del Mondo Antico poiché proprio sotto il primo Imperatore è nato secondo la tradizione occidentale, Cristo.

Tutto il secondo trattato è un grande espediente letterario che viene impiegato per irrobustire la tesi secondo cui la Monarchia universale è da preferire a singole monarchie o altre forme istituzionali. Questa si sarebbe già presentata nella Storia nella forma dell’Impero Romano e sarebbe già stata legittimata da Dio. In questa lettura cristiana della Storia è interessante scrutare la logica dell’uomo medievale che analizza gli eventi sempre in relazione alla religione cristiana e mancando quindi di una reale forma di contestualizzazione.

La tomba dell'autore del De Monarchia - Photo Credits: wikipedia.org
La tomba dell’autore del De Monarchia – Photo Credits: wikipedia.org