Death Stranding Director’s Cut Recensione, il dito medio di Kojima

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Di Lorenzo Mango

Di Death Stranding, il bimbo del leggendario (ormai) Hideo Kojima, abbiamo letto in ogni recensione possibile, per ogni console e piattaforma attuale, assai prima della Director’s Cut di cui parliamo oggi. Tanto che ormai, 2 anni dopo la prima release su PS4, non è più nemmeno tanto neonato, e si appresta a divenire superato una volta che “il maestro” ci avrà resi edotti riguardo la natura della sua prossima produzione geniale. 

Eppure, Death Stranding è ancora lo stesso, inguaribile, e per certi versi immaturo, videogioco che era allora. E come tale, anche su PS5, anche con i contenuti aggiunti in termini di Gameplay e narrativa, il pubblico che lo toccherà con mano ne resterà ammaliato, rapito, coinvolto come mai in un altro videogioco. Oppure, lo odierà, al punto di sbarazzarsene dopo nemmeno un’ora nel gioco. Death Stranding Director’s Cut è così: un filo sottile sospeso su un canyon altissimo, che non ammette squilibri. O si è abbastanza bravi da arrivare da un capo all’altro, o si precipita nel baratro.

Death Stranding Director's Cut Recensione
“Signora, dove glielo sparo il pacco?”

Death Stranding Director’s Cut Recensione, stessa spiaggia stesso mare

Come funziona Death Stranding lo sappiamo più o meno tutti, ormai. Lo hanno chiamato e canzonato con i più svariati epiteti, tra cui Walking Simulator, o Bartolini/Amazon Experience. E non è, come dicono alcuni, solo questione di sensibilità al “tocco” di Kojima. Il maestro sarà anche un visionario, capace di trasformare un concetto semplice come “trasporta questo da A a B” in un viaggio mistico dentro le menti riunite in collettivo dell’umanità; nessuno glielo nega. E Death Stranding sarà pure un capolavoro di scrittura che ridefinisce il confine tra cinema e videogiochi; nonchè un esponente del genere fantasy tanto complesso da necessitare più di una singola run per venirne a capo completamente.

Ma contemporaneamente, Death Stranding è davvero un Walking SImulator. Anche senza iper analizzarlo per smembrarlo nelle sue componenti fondamentali, il cuore del gioco resta pur sempre quello. E nessuno può farne al gioco una colpa, tanto quanto nessuno può fare “le pulci”, come si suol dire, ai giocatori che non sono entusiasmati all’idea di pianificare una camminata lunga mezz’ora solo per godere di una pur ottima trama. O di un panorama mozzafiato. 

Death Stranding Director's Cut Recensione
No comment.

Ma ora potete “perdere” ancora più tempo!

C’è da dire che, realisticamente, Death Stranding Director’s Cut taglia, appunto, molti tempi morti specialmente all’inizio dell’avventura. I tutorial sono più spediti, e gli strumenti che ci giungono in ausilio alle esplorazioni/viaggi di consegna si sbloccano in un ordine diverso da quello originale. Questo per garantire una curva di difficoltà a tratti meno punitiva (quando ci viene sbloccato un oggetto che facilita di molto gli spostamenti) e a tratti più stimolante (quando è posticipato l’ottenimento di uno strumento rispetto al gioco vanilla). 

Pensate che Kojima ha addirittura tentato, con la Director’s Cut, di modificare le Boss fight; che, a detta di tutti i giocatori e della critica (persino quella più osannante come la nostra) i momenti più sottotono di tutta l’esperienza. In realtà, però, c’era poco da fare fin dal principio. Purtroppo, Death Stranding anche in Director’s Cut pecca di Ubris esattamente come il gioco base. E volutamente, autorialmente, rende il focus di tutto il gioco NON gli scontri con gli avamposti nemici; NON le battaglie contro i Boss di zona. Ma sempre e comunque l’attenta pianificazione degli spostamenti nella mappa, e soprattutto la ricostruzione della rete di comunicazione che l’attraversa. Anche e soprattutto incentivando la collaborazione asincrona tra giocatori, che possono ancora aiutarsi edificando autostrade, teleferiche e via dicendo. 

In aggiunta, poi, quasi come elemento di “sfida” lanciata ai giocatori che additavano Death Stranding di eccessiva lentezza, e di peccare nella ludicità pura, Kojima ha dato di matto completamente. In senso buono. E in Death Stranding Director’s Cut potete, quindi, costruire una pista per macchine da corsa; e su di essa correre con Sam, per sfidare i tempi degli altri giocatori online sul medesimo tracciato. Chi è che è poco arcade adesso, eh internet? 

Death Stranding Director's Cut Recensione
Le sessioni di shooting restano deboli e poco organiche con il resto del gioco

Death Stranding Director’s Cut Recensione, però il bimbo scalcia ancora

Però, oh, non vorrei che ora pensaste male di questa recensione di Death Stranding Director’s Cut, O PEGGIO, che pensiate male del gioco. Lungi da me affermare che Death Stranding non è un capolavoro, un masterpiece che intercetta i tempi moderni e, volutamente, li spiazza andando completamente fuori ritmo. Solo, mi premeva avvisarvi che non state per giocare a un titolo fondamentalmente differente da quello che avete amato o odiato alla release su PS4. O che avete preso in sconto su PC, per vedere se la grafica migliorata potesse salvare quello che, a vostro avviso (e ci sta), non era un gioco vero e proprio. Ma quasi un’esperienza interattiva del tutto diversa da un “videogioco”. 

Proprio perché non siete andati troppo lontani dalla definizione corretta per Death Stranding, però, questa Director’s Cut prende tutto quello che il gioco è stato fino ad ora, e ci aggiunge delle rifiniture atte NON a stravolgerlo, ma a confermare tutto quelllo che ho scritto fino a questo momento. E che voi avete provato giocando su qualsivoglia piattaforma fino ad oggi. Death Stranding è ancora e sempre un dito medio ben alzato da Hideo Kojima nei confronti del videogioco moderno, e delle sue regole non scritte. “Io faccio quello che voglio” dice Kojima, con fare alla Zlatan. Non senza tutte le ragioni per farlo.

La vastità del… che importa a Kojima se Death STranding non vi piace

In conclusione: “il tocco del maestro” lo senti, o non lo senti 

Il mercato non è più pronto a Death Stranding oggi, di quanto lo fosse alla release su PS4. E i giocatori che la Director’s Cut incontrerà sul suo cammino non saranno meno indulgenti, o più indulgenti, con il titolo solo perchè ora ha un paio di sessioni stealth (sbilanciate) in più, la corsa delle macchinine o un tuning delle Boss fight. Ma a Sam non importa; a Kojima non importa. Alla Sony, dulcis in fundo, non importa (finchè se ne parla, che sia bene o male). E allora, perchè diamine dovrebbe importare a voi? 

Che comprate Death Stranding nella sua versione Director’s Cut per l’uso sapiente del feedback aptico del Dualsense; perchè la grafica su PS5 è quasi a livello PC, e l’ottimizzazione è tecnicamente ineccepibile. Compratelo perchè ne avete sentito parlare e non ne potete più, volete scoprire se siete tra “gli haters” o tra “i simp(atizzanti)”. Oppure prendetelo perchè avete un tavolo che traballa, e volete una zeppetta da mettere sotto alla zampa. Non importa. Death Stranding Director’s Cut è semplicemente la miglior versione di sé stesso. Nonché, il taglio sulla tela che nessuno si aspettava, e dal quale ora riusciamo a scorgere, guardandoci attraverso, un modo di videogiocare diverso. Del quale ci eravamo dimenticati.

DEATH STRANDING DIRECTOR’S CUT RECENSIONE | TESTATO SU PS5

+La stessa esperienza vissuta nel vanilla, anche al netto delle aggiunte
+Le Boss fight sono un po’ migliorate…
+Le prime fasi di gioco sono meno caotiche
+Ottimo uso del Dualsense
+Il tocco di Kojima c’è: nella trama, nel gameplay, ovunque; e si sente ancora ben caldo…

-La stessa esperienza vissuta nel vanilla, anche al netto delle aggiunte
-…ma restano fin troppo semplici e semplicistiche
-…ma bisogna amarlo, e lasciarsi “toccare”

VOTO: 9.5