“Qui a Perugia ho cercato di soccorrere una ragazza che poi è morta”. Sono le parole di Rudy Guede che, per la prima volta dopo 16 anni, è tornato nei pressi della casa in via della Pergola, dove fu uccisa la studentessa inglese Meredith Kercher. Dopo la scelta del rito abbreviato, l’ivoriano è stato condannato a 16 anni per violenza sessuale e concorso in omicidio. Dopo 13 anni in carcere, ora è un uomo libero, vive a Viterbo e continua a professarsi innocente: “La pena che dovevo scontare in nome della legge si è conclusa, ora mi resta quella segnata dal giudizio degli sconosciuti, dalle occhiate sghembe al mio passaggio”.

Rudy continua a dichiararsi innocente. “Se le mie mani sono macchiate di sangue è perché ho tentato di salvare Meredith. La paura ha preso il sopravvento e sono scappato come un vigliacco lasciando Mez forse ancora viva. Di questo non finirò mai di pentirmi”, dice. “Non passa giorno che non le dedichi un pensiero. È un macigno nell’anima, sarà così finché vivrò. Ho scritto ai suoi familiari ma non mi hanno risposto. Vorrei dirgli di perdonarmi se non sono riuscito a fare tutto il possibile per salvarla. Farle visita al cimitero in Inghilterra? Meglio di no”.
Oggi Rudy vive a Viterbo, è fidanzato. Mentre la mattina lavora alla biblioteca del centro studi criminologici, la sera fa il cameriere in un ristorante. “In casa soffoco, mi ricorda il carcere, resto fuori anche se piove”, racconta. Dopo il carcere, si è fatto due tatuaggi: un’ala e un sole, simbolo di libertà, e la scritta buddista Bodhisattva, l’essere vivente che aspira alla reincarnazione attraverso la compassione.