In un mondo senza peli, la nuova ondata femminista torna a far parlare di depilazione come simbolo di dominio degli uomini sull’idea di bellezza femminile.
Eliminare i peli dal proprio corpo è quindi segno di passività e sottomissione al patriarcato?
Un liscio passato
I peli vengono estirpati da tempi remoti e i motivi sono dei più disparati, da igienici a pratici per le civiltà preistoriche, per lo status sociale in quelle più moderne.
Infatti Egitto, Grecia e Roma condividono lo stesso senso estetico per cui liscio è bello. Una donna greca era derisa se non depilata ed etichettata come appartenente al ceto basso, ma anche gladiatori e sacerdoti si radevano e liberavano dei peli superflui.
In Oriente era addirittura la legge a obbligare la depilazione e, tramite calce o un prodotto dell’arsenico, si imponeva la riduzione della crescita dei peli.
La cura del viso nel 1500 divenne spartiacque tra civiltà e inciviltà, uomini e donne condividevano l’obbligo sociale di rispettare canoni estetici con baffi ordinati e sopracciglia delineate. Gambe e ascelle invece erano al sicuro sotto lunghe vesti.
Harper’s Bazar
La rivista Harper’s Bazar nata nel 1867 fu tra le prime a pubblicizzare creme depilatorie per donne. L’annuncio era stagionale, in previsione dell’estate e denotava l’eventualità della depilazione. Comportamento che invece nel 1940 era diventato la norma.
Tra il 1939 e il 1940 infatti le pubblicità proponevano gambe lisce con slogan come: “Se noi fossimo il preside delle donne, imporremmo una tassa su ogni gamba pelosa del campus”.
La moda aveva accorciato le gonne e scoperto le braccia, facendo riemergere il problema estetico del pelo.
La pressione sociale, dimostrata anche attraverso queste pubblicità, rivendica un certo modello di donna, lo stesso ideale sottomesso degli anni Cinquanta.
Il ventennio seguente vide invece un diffuso attivismo del movimento femminista, accompagnato negli anni dalla rivoluzione sessuale e di liberazione del corpo.
Nel 1968, durante l’evento di Miss America, 200 attiviste gettarono prodotti femminili nel simbolico “cestino della libertà”, tra cui reggiseni, trucchi e rasoi. La protesta fu un successo, in un bagno di folla femminile e visibilità mediatica.
La depilazione oggi
La JAMA Dermatology ha condotto un sondaggio (2016) sulla cura dei peli pubici. I risultati parlano chiaro: le donne si rasano per motivi igienici e a seguire per ragioni estetiche; le donne sposate o fidanzate si depilano in percentuale maggiore rispetto alle single, il motivo pare essere il gusto del proprio partner.
Uno studio che mette però in luce la maggiore libertà di scelta rispetto alle precedenti indagini.
Nel 2020 su Instagram e Twitter spopolano i post in cui vengono mostrati i peli con orgoglio. Una protesta che apre le porte a un nuovo canone estetico affiancato al precedente modello di bellezza.
Pink tax
La tassa rosa è una mossa di marketing che distribuisce prodotti femminili a un prezzo più alto rispetto agli stessi identici prodotti per uomini. La pagina Tumblr Woman Tax ne documenta la differenza discriminatoria.
Ecco alcune foto:
Non possiamo non citare la tassa sugli assorbenti che è ferma al 22%, contro il 4% per i beni di prima necessità. Una legge che andrebbe cambiata, come del resto hanno già fatto altri paesi.
Scegliere
Si può essere donne emancipate con o senza peli, ma i commenti negativi verso la scelta di non radersi sono spesso motivo di imbarazzo.
È scelta se ci depiliamo per non ricevere commenti sgraditi?
Dobbiamo solo riconoscere che è impossibili vivere liberi da qualsiasi tipo di condizionamento, ma possiamo imparare a superare il disagio di non sentirci sempre perfettamente allineante a un ideale di bellezza. Un po’ di ricrescita non ci renderà meno femminili secondo il nostro standard e depilarsi non vuol dire annullare un secolo di lotta femminista.
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