
Diablo IV Recensione | Il biglietto che mi ha riportato a Sanctuary in Diablo IV è come il Golden Ticket della Fabbrica di Cioccolato: un’opportunità irripetibile di vivere un’esperienza meravigliosa dove nei letti dei fiumi non scorre nè acqua, nè cioccolato, ma sangue. La rinascita di un Brand, quello di Diablo, che dopo l’evoluzione del terzo capitolo e il piuttosto deludente Immortals sembrava cambiato irrimediabilmente. Invece no.
Non si può però nemmeno dire che Diablo IV sia del tutto diverso dall’episodio che l’ha preceduto, come se questo non fosse mai esistito. Prendendo come punto di partenza la canonica, ma messa da parte, oscurità decadente e medievale, quasi struggente nella sua violenza così carnale (che abbiamo da poco ri-vissuto in Diablo II Remake, di cui potete leggere QUI la nostra recensione!) gli sviluppatori non hanno rinunciato allo stratosferico senso di soddisfazione che, nel bene e nel male, permea Diablo III. Lo hanno isolato, modificato in virtù della ritrovata direzione ludica e artistica “demoniaca” e poi iniettato in Diablo IV. Il risultato è un videogioco dotato della parte migliore di ogni sfaccettatura assunta dalla serie fino a oggi.
DIABLO IV RECENSIONE | TESTATO SU PC

(Disponibile anche su: Xbox Series X|S, PS5)
VOTO: 9.5
+E’ tornata la direzione artistica oscura, decadente e gotica di Diablo II
+La trama è longeva e macabra quanto basta
+Gameplay tecnico ma non complicato, la progressione del PG è eccitante
+Perfetta ibridazione di meccaniche multigiocatore e singleplayer
-Il futuro del gioco è ancora tutto da scrivere, un DLC alla volta
Diablo IV Recensione, Una Diabolica Commedia… RPG

Diablo è sempre stato un RPG con una storia importante, complessa e oscura, ispirata ai grandi classici della letteratura “infernale”, quindi con la narrazione al primo posto su tutto il resto… giusto? Beh, non proprio. Diablo ha, in effetti, una lore imponente e basata sulla mitologia, sulla religione, su angeli e demoni contrapposti in un’eterna lotta per il dominio del mondo. Sanctuary, il luogo dove da sempre sono ambientati i capitoli della saga, brulicante di esseri umani ma che non era pensata per loro, bensì per le creature ultraterrene che se la contendono dal 31 dicembre 1996, data di pubblicazione del primo Diablo.
Una lore così importante che per promuovere il lancio di Diablo IV è stata prodotta una “Diabolica Commedia” in esclusiva per selezionatissimi Content Creator. Un prontuario con immagini e testi ispirati a Dante Alighieri e alla sua Divina Commedia, che al posto di cerchi infernali e vicende di peccati e peccatori racconta il “Diabloverso”.

Pensandoci bene, però, ci si accorge presto di quanto sia sempre contato di più il gameplay vero e proprio che la storia del mondo tutto intorno, che diventava e diventa alla lunga un pretesto, quasi, per convincere i giocatori che avevano di fronte un ruolo da interpretare. Un personaggio le cui gesta contavano davvero nel contesto di Sanctuary, come se fosse sbagliato pensare ciò che invece era pura e semplice verità.
Diablo è prima di tutto un Hack and Slash Dungeon Crawler, una forma di intrattenimento squisitamente ludica, la cui godibilità dipende dalla voglia del giocatore di immergersi in statistiche, build con armi e armature da droppare, forgiare, migliorare. Un’esperienza che non è resa possibile e non dipende dagli elementi RPG, casomai il contrario. Infatti, questi sono presenti in forma obiettivamente minima rispetto ad altri esponenti del genere puro, precedenti, passati o coevi che siano. Baldur’s Gate, Dragon Age e Path of Exile, allora, con le loro meccaniche direttamente collegate ai vari D&D e giochi carta e penna, cosa dovrebbero essere?
Un discorso a parte: la modalità hardcore
“Non v’aregge” diremmo a Roma, nel senso che “non ne avete il coraggio”. Ma se “v’areggesse”, un modo per giocare di ruolo davvero in Diablo esiste da un po’: la modalità Hardcore. Al Diavolo, letteralmente, tutti i discorsi qui sopra e quelli subito sotto, basati su un normale playthrough in cui la campagna è solo l’inizio di un’avventura fatta di Raid, multigiocatore PVP e PVE, stagioni e stagioni e stagioni di contenuti costantemente aggiornati (si spera, Blizzard, vedi che devi fare). Se giocate in Hardcore allora sì che diventate il vostro personaggio, che proprio come voi condividerà l’ebrezza dell’effimero soffio vitale che ci muove. In breve e più semplicemente, se i suoi HP scendono a zero e muore, viene cancellato per sempre. Brutale.
Protagonisti in crescita costante

Ieri era Diablo, oggi è Lilith, ritratta in meravigliose cut scene pre-renderizzate, il fiore all’occhiello di Blizzard negli ultimi anni per qualsivoglia produzione. Vedasi Overwatch, con i suoi spettacolari filmati, non da meno di un qualunque film d’animazione da grande schermo, o lo stesso Diablo 3. Eppure, in fondo in fondo, sappiamo che ci importa fino a un certo punto. Sentiamo che quando scorriamo le opzioni nell’editor del personaggio, ricco quanto basta senza esagerare, o leggendo i dialoghi con l’NPC di turno, doppiato o meno che sia, la nostra mente è già tre metri sotto terra. O anche qualcosa in più, dai: sepolta in una grotta decorata con formazioni naturali e resti antichissimi, invasa da scheletri? Da Goblin? Da mucche (non è impossibile, se conoscete la storia di Diablo che conta davvero…)?
Diamine, anche durante una battaglia con il World Boss di turno, una creatura enorme da affrontare rigorosamente in multigiocatore online, in fondo in fondo è sul vorticare di abilità del nostro PG che ci concentriamo. Un feeling ereditato da Diablo III senza dubbio, ma con una nobilitazione ludica importante, di cui modifiche quali la schivata non più infinita e altre si fanno portabandiera. Soprattutto, molto meno “pop” nell’effettistica, nelle sonorità e nei colori.

Basta anche solo osservare le animazioni, i movimenti delle classi pronte a rivendicare lo scettro di “migliore” per la nuova installazione. L’albero delle abilità semplice semplice, riempibile e svuotabile senza costi per non soffocare i giocatori con l’inutile cementificazione di un personaggio. Dagli equipaggiamenti alla costituzione e fino all’aspetto estetico, di permanente in Diablo IV c’è solo la pettinatura (non è vero, si può cambiare, era per fare una battuta da parrucchieri). Proprio nella costante evoluzione delle capacità e della tostaggine del o della nostr* combattent* risiede la maggior fonte di gioia del titolo.
Falcerete sempre e comunque orde di terribili esseri, ma ogni volta sentirete di farlo meglio di prima. Che non necessariamente significa in modo totalmente diverso, perché il barbaro fa sempre il beyblade con la sua ascia, il druido fa colazione trasformato in orso e il tagliagole… taglia le gole. Si percepisce proprio un “level up” costante del moveset, delle passive, delle armature e delle armi, una crescita. Starci dietro a dovere non è facilissimo. Non a caso la maggior parte degli articoli pubblicati su Diablo IV è “tutorial” o “cosa scegliere quando…” e “la build dei sogni per il Negromante”. Attenti però a investirci troppo tempo per la modalità online e l’end game, che tanto ve lo nerfano: è troppo forte.
Un succoso End Game, aspettando i DLC…

Pur avendo avuto parecchio tempo a disposizione con Diablo IV, non posso dire di aver provato ogni attività dell’End Game: sono tantissime e tutte diverse. Alcune sono il frutto della limatura effettuata su quelle di Diablo III, altre invece hanno un sapore più da Immortals, ma senza la componente “pay to”. Tutte, comunque, beneficiano anzitutto dell’attuale struttura e del cospicuo numero delle missioni della campagna, che sono più di 120. Specie se consideriamo che ciascuna di esse può fare da trampolino per una “spedizione da incubo”.
E’ un’esperienza paragonabile alle mitiche+ di World of Warcraft, dove il livello di difficoltà e sfida di una quest già affrontata in precedenza è moltiplicato per un numero di fattori casuali e non, in modo da rappresentare nuovamente un ostacolo anche per player con livello ed equipaggiamento super ottimizzato. Tra modificatori e sigilli da apporre (ecco qui la struttura che vi dicevo presa da Immortals) voi e i vostri compagni d’arme avrete carne da cuocere in quantità. Attenti solo a non scottarvi.
Ma non di sole istanze vive un guerriero, almeno non in Diablo IV. Il mondo aperto che Blizzard ha confezionato con cura certosina brulica di overworld activities. Che siano i giganteschi Boss Mondiali citati qualche paragrafo più su, NPC quest giver come l’Albero dei Sussurri, che vi chiede di accoppare tot nemici nel tal posto, o Maree Infernali randomiche, che si manifestano con tornadi e ondate di avversari che vi piombano addosso mentre state andando a comprare il latte. Cosa dire poi del PVP? Del tutto opzionale, da temere solo in determinate zone ben precise dalle quali, volendo evitarlo, si può stare alla larga senza perdersi nulla di rilevante (a parte il PVP stesso, ovvio).

Va da sé che tutte queste attività forniscono premi golosi solo per chi è riuscito a fuggire dalla mentalità puramente ruolistica. Chi ha iniziato il percorso di miglioramento progressivo del proprio eroe, in modo completamente fine a sè stesso. Come si faceva nei giochi di una volta insomma. Si compravano equip migliori per abbattere mostri più grossi, che fornivano più soldi per acquistare armi ancora più performanti. Che poi tagliavano facilmente la testa di opponenti progressivamente più imponenti. Il ciclo di Dragon Ball, insomma, e non c’è nulla di sbagliato: è rilassante e divertente, una volta presa la mano con il meccanismo.
Non voglio dire, specialmente in fase di recensione di Diablo IV, che sia così per tutti. Assolutamente no. Lo sa anche Blizzard stessa, terrorizzata dalla routine come una coppia sposata da tanti anni. Per questo ha già programmato, a suo dire, due DLC pregni di contenuti narrativi, altre missioni, nuove porzioni di mappa e dungeon procedurali. Perciò esiste un Season Pass. Pronto a dimostrare se la casa di sviluppo ha davvero imparato a non essere troppo “avida” dopo l’esperienza di Diablo Immortals. Incognite che non possono e non devono influenzare la valutazione di un capolavoro come Diablo IV. CHe è una risurrezione insperata e dunque ancor più rinfrancante della saga. Non raccontarle o dire che non siano nei miei pensieri, affermare che “con o senza DLC Diablo IV sarà identicamente bello” sarebbe però una menzogna.
Diablo IV Recensione: Il migliore di sempre?

Diablo IV è bellissimo, o come ho già scritto senza timore di detrattori “è un capolavoro”. Una gemma dall’altissimo valore ludico, prima ancora che narrativo, con tutte le carte in regola per tenere incollati giocatori di ritorno e nuove leve. Lilith è affascinante e tenebrosa. I filmati in cui appare mi resteranno impressi a vita. Nonostante abbia cercato di convincervi per tutta la recensione che in Diablo IV la storia conta poco. In realtà mi sono dissetato con ogni dialogo aspettando con ansia il prossimo sorso, il successivo sviluppo.
Siamo d’accordo: anche senza contenuti futuri a supporto, questo Diablo segna la resurrezione del franchise nel modo migliore possibile. Ma dato che anche senza fantasticare sappiamo già che diventerà ancora più enorme, la consapevolezza che c’è solo margine di miglioramento finisce per essere un punto a favore, piuttosto che un’incertezza “alla Damocle”. Perchè è tutto così bello che, per una volta, ritengo non ci sia alcun modo di rovinare il quadro sanguinario di cui siamo tutti testimoni. Amen.
Lorenzo Mango
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