Dieci anni senza Lucio Dalla, dieci brani per riempirli

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Di Redazione Metropolitan

Lucio Dalla ci ha salutati il 1° marzo 2012, esattamente dieci anni fa. Ecco a voi, allora, dieci brani per ricordarlo. Leggerezza, leggerezza, leggerezza contro le avversità: questa è la parola chiave dei suoi testi e della sua musica, che hanno segnato un’epoca che è stata e che continua ad essere fitta di guerre e violenza.

Per celebrare l’enorme e splendida eredità che ci ha lasciato uno dei cantautori italiani più fondamentali, ecco a voi una lista di dieci brani da non ignorare, che riportano alcune frasi e considerazioni sul mondo che sono sempre incredibilmente attuali.

“Caruso”, Lucio Dalla

Sarebbe stato impossibile escludere dalla lista il brano di punta della discografia del cantautore bolognese. Caruso è stata incisa nel 1986 e presentata per la prima volta alla Rassegna San Martino Arte di San Martino Valle Caudina..Tratta dall’album dal vivo DallAmeriCaruso, il testo della canzone è stato ispirato da un incidente, come spesso succede con le cose straordinarie. In seguito a un guasto alla sua imbarcazione, Lucio Dalla fu costretto a soggiornare in un albergo di Sorrento, nella stanza che pochi anni prima fu del tenore Enrico Caruso, che passò lì i suoi ultimi giorni. I proprietari raccontarono a Dalla la storia, e lui la rese musica.

Sentì il dolore nella musica,

si alzò dal pianoforte

ma quando vide la luna uscire da una nuvola

gli sembrò più dolce anche la morte.

“Come è profondo il mare”, Lucio Dalla

Era il 1977 quando Lucio Dalla pubblicò “Com’è profondo il mare”, il suo settimo album e il primo in cui l’artista mise davvero tutto se stesso all’interno dei suoi testi, come si vede bene dalle parole di Come è profondo il mare, canzone figlia di un periodo turbolento per l’Italia colpita dal terrorismo. Lotta di classe e lotta di tutti, che stiamo sul mondo a sopravvivere e a non capirci niente.

È inutile, non c’è più lavoro

non c’è più decoro

Dio o chi per lui

sta cercando di dividerci

di farci del male, di farci annegare

com’è profondo il mare

com’è profondo il mare.

“Disperato Erotico Stomp”, Lucio Dalla

Sempre dello stesso album, Disperato erotico stop è un brano decisamente punk. La noia, la frivolezza, il grottesco delle nostre vite nella cornice di Bologna, in cui un uomo non trova la sua donna, ma si imbatte in una puttana di sinistra; un turista di Berlino non trova la sua strada, ma a Bologna la troverebbe anche un bambino. Un quadretto di personaggi disastrati, a partire da Dalla stesso, ironico e preso a male.

Girando ancora un poco ho incontrato 

uno che si era perduto

gli ho detto che nel centro di Bologna 

non si perde neanche un bambino

mi guarda con la faccia un po’ stravolta 

e mi dice “Sono di Berlino”

“L’anno che verrà”, Lucio Dalla

Il brano, cantato per la prima volta nel 1978, fu inizialmente dedicato all’amico Giuseppe Rossetti, che per motivi politici si ritrovò in prigione alla Dozza, e si racconta che Dalla passò con lui in prigione la notte di Capodanno. Il testo della canzone venne scritto proprio a casa di Rossetti, per poi essere revisionato con l’aiuto di padre Michele Casali, un frate domenicano di Bologna, a cui la canzone potrebbe essere dedicata.

Vedi caro amico cosa ti scrivo e ti dico 
e come sono contento di essere qui in questo momento
vedi, vedi, vedi, vedi
vedi caro amico cosa si deve inventare 
per poter riderci sopra 
per continuare a sperare

“La sera dei miracoli”, Lucio Dalla

Siamo nel 1980: Roma di notte è una foresta. Il brano racconta la Capitale, i suoi vizi e le sue avventure, nel corso della notte, con il buio che sapientemente racchiude tutti i segreti di ciò che non accade mai alla luce del sole. Roma è una giungla in cui perdersi e ritrovarsi e ovviamente, la strada del ritorno si aprirà solo con l’aiuto di una stella.

Si muove la città
con le piazze e i giardini e la gente nei bar
galleggia e se ne va
anche senza corrente camminerà
ma questa sera vola
le sue vele sulle case sono mille lenzuola

“Quale allegria”, Lucio Dalla

Il 1977 è l’anno di questa canzone e di un Lucio Dalla in lotta con l’amore, che in questo testo racconta la monotona routine di una relazione che forse ha raggiunto la sua data di scadenza ma, come succede a tutti, entrambe le parti sono ormai troppo legate a questa routine da pensare di lasciarla andare. Quale allegria, allora? Dov’è l’allegria in tutto ciò? Non esiste, e Dalla sconfina nel suo letto, disilluso.

Senza allegria

a letto insieme senza pace

senza più niente da inventare

esser costretti a farsi anche del male

per potersi con dolcezza perdonare

e continuare

“Futura”, Lucio Dalla

Immancabile anche lei, Futura ha segnato una generazione e anche quelle avvenire, dato che tante madri hanno omaggiato questa canzone dando questo nome alle proprie figlie, con Dalla che fa loro da padrino, anche se non lo sa. La canzone si trova nell’album Dalla, del 1980. Il brano fu scritto otto anni prima della caduta del Muro di Berlino, il luogo che lo ha ispirato, e racconta di una speranza futura che possa unire due innamorati separati da una storia più grande della loro: la guerra. I due appartengono rispettivamente a Berlino Est e Berlino Ovest, ma in un futuro ci credono ancora.

I russi, i russi, gli americani

no lacrime, non fermarti fino a domani

sarà stato forse un tuono

non mi meraviglio

è una notte di fuoco

dove sono le tue mani

nascerà e non avrà paura nostro figlio

e chissà come sarà lui domani

su quali strade camminerà

cosa avrà nelle sue mani, le sue mani

si muoverà e potrà volare

nuoterà su una stella

come sei bella

e se è una femmina si chiamerà

Futura

“Piazza Grande”, Lucio Dalla

Uno dei grandi classici della storia di Sanremo, fate attenzione: come Dalla ha ribadito, parliamo di Piazza Cavour, non di Piazza Maggiore. Un po’ come in Disperato erotico stomp, anche il protagonista di Piazza Grande è un bohémien, un po’ perdigiorno un po’ poeta, che si muove per le strade e ci porta assieme a lui.

Una famiglia vera e propria non ce l’ho

e la mia casa è Piazza Grande

a chi mi crede prendo amore e amore do, quanto ne ho

con me di donne generose non ce n’è

rubo l’amore in Piazza Grande

“Cosa sarà”, Lucio Dalla

Il meraviglioso brano ironico e leggero, il brano delle grandi domande, di una in particolare, che ci facciamo sempre tutti: cosa sarà? Se lo chiedono anche Lucio Dalla e Francesco De Gregori, che duetta con lui. Scritta nel 1978 e interpretata da entrambi, che si danno il cambio tra una questione e l’altra, gli artisti conversano e si interrogano sulle sorti del mondo, come faremmo al bar con un amico dal terzo gin tonic in poi.

Cosa sarà?

Che ti spinge a picchiare il tuo re

che ti porta a cercare il giusto

dove giustizia non c’è

Cosa sarà?

Che ti fa comprare di tutto

anche se è di niente che hai bisogno

Cosa sarà?

Che ti strappa dal sogno

Oh cosa sarà?

“L’ultima luna”, Lucio Dalla

L’ultima canzone non poteva che essere questa. Un ultimo brano e un’ultima luna, anzi, sette. Qui Dalla da una grandissima prova di talento nella composizione dei brani e nel narrare delle storie universali: una vera e propria poesia, che segue un climax discendente. La gente guarda il cielo per sette notti, e per sette notti la luna porta disgrazie, favori, personaggi assurdi. Poi, alla fine, un bambino. La salvezza.

Non possiamo resistere, questa ve la lasciamo per intero.

Ciao Lucio.

La 7a luna
Era quella del luna-park
Lo scimmione si aggirava
Dalla giostra al bar
Mentre l’angelo di Dio bestemmiava
Facendo sforzi di petto
Grandi muscoli e poca carne
Povero angelo benedetto.La 6a luna
Era il cuore di un disgraziato
Che, maledetto il giorno che era nato,
Ma rideva sempre
Da anni non vedeva le lenzuola
Con le mani sporche di carbone
Toccava il culo a una signora
E rideva e toccava
Sembrava lui il padrone.La 5a luna
Fece paura a tutti
Era la testa di un signore
Che con la morte vicino giocava a biliardino
Era grande ed elegante
Né giovane né vecchio
Forse malato
Sicuramente era malato
Perché perdeva sangue da un orecchio.La 4a luna
Era una fila di prigionieri
Che camminando
Seguivano le rotaie del treno
Avevano i piedi insanguinati
E le mani senza guanti
Ma non preoccupatevi
Il cielo è sereno
Oggi non ce ne sono più tanti.La 3a luna uscirono tutti per guardarla
Era così grande
Che più di uno pensò al Padre Eterno
Sospesero i giochi e si spensero le luci
Cominciò l’inferno
La gente corse a casa perché per quella notte
Ritornò l’inverno.La 2a luna
Portò la disperazione tra gli zingari
Qualcuno addirittura si amputò un dito
Andarono in banca a fare qualche operazione
Ma che confusione
La maggior parte prese cani e figli
E corse alla stazione.L’ultima luna
La vide solo un bimbo appena nato,
Aveva occhi tondi e neri e fondi
E non piangeva
Con grandi ali prese la luna tra le mani, tra le mani
E volò via e volò via
Era l’uomo di domani l’uomo di domani
E volò via e volò via
Era l’uomo di domani l’uomo di domani

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