Dino Risi, chi è il padre di Marco Risi: “Ha avuto tante donne, ma amava mia madre”

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Di Redazione Gossip

Dino Risi è uno dei registi e sceneggiatori italiani più conosciuti, nonché uno dei massimi esponenti della comicità all’italiana soprattutto negli anni ’60. Nato a Milano il 23 dicembre 1916, si distacca nettamente dall’ideale di percorso professionale che aveva in mente la madre, che lo voleva psichiatra, e si avvicina sin da subito al mondo del grande schermo. La sua carriera cinematografica ha inizio come aiuto regista per Mario Soldati e Alberto Lattuada, per poi intraprendere da sé questa strada e raggiungere il grande successo alla direzione di Pane, amore e… del 1955. Nel 1959, inoltre, diresse la cinica satira di costume Il vedovo con Alberto Sordi e Franca Valeri. Ma furono soprattutto gli anni ’60 a consacrare Dino Risi come uno dei massimi registi del cinema italiano. Nel 1960 diresse Vittorio Gassman ne Il mattatore, per poi rivoluzionare nettamente la classica commedia all’italiana con uno dei suoi più celebri capolavori: Il sorpasso, del 1962. La sua attività proseguì anche negli anni ’70. Nel 1977, infatti, diresse I nuovi mostri affiancato da Mario Monicelli e Ettore Scola.

Il papà di Marco, Dino, andava sempre al cinema. Non era così scontato: per quanto assurdo possa sembrare, molti cineasti non vanno al cinema. Snobismo? Pigrizia? Invidia? Insicurezza? Dino Risi, invece, ci andava quasi ogni giorno. Camminava con un amico, con il figlio, con un’amante e improvvisamente sgattaiolava all’interno di una sala. In una sala, peraltro, Dino narrava di aver conosciuto la moglie, la bellissima Claudia Mosca, durante una proiezione di Accadde una notte nel 1944, nel periodo in cui il futuro regista era sfollato con Franco Brusati, Livio Garzanti, Giorgio Strehler. Dei grandi registi della commedia all’italiana – ma diciamo del cinema italiano tout court – Risi è quello generalmente descritto come il più cinico. È una mitologia che per certi versi si è costruito da solo, complice l’immagine ieratica (somigliava a Gianni Agnelli e ne approfittava per prendere in giro qualche sprovveduto), il tono tranchant, la laurea in Medicina.

Forte respiro rapido – tre parole che rappresentano un po’ la Rosebud del maestro, con il figlio chiamato ad aprirci al mistero di un uomo costantemente impegnato a nascondersi per svelarsi secondo il suo volere – sembra avere come missione quella di restituire la complessità di Dino. È un obiettivo che si affranca dall’autonarrazione contenuta non solo nel memoir redatto dall’ormai anziano e depresso regista (I miei mostri, splendida antologia di ricordi pubblicata nel 2004) ma anche nei film, specialmente quelli interpretati dall’alter ego Vittorio Gassman (Il tigre su tutti: «Con Vittorio sono morto anch’io» disse al decesso dell’amico).