Diphylleia: l’intervista a Elia Bonci

Foto dell'autore

Di Redazione Metropolitan

Elia Bonci, scrittore transgender, racconta la sua ricerca di un’identità e dell’amore in Diphylleia, un romanzo per combattere l’omofobia.

Amore, dolore, ricerca dell’identità. Diphylleia, il romanzo di Elia Bonci usa queste tre dimensioni per raccontarci l’esperienza dell’autore, un ragazzo trans-gender che combatte ogni giorno con l’omofobia.

La sua opera parte proprio da lui, dalla sua vita e dalle sue emozioni, dal percorso che affronta ogni giorno per esprimere la sua identità maschile e riprendersi a poco a poco un corpo che prima non gli apparteneva. Per questo non è possibile presentare il suo libro senza presentarvi Elia, l’uomo dietro le pagine.

La prima domanda che gli rivolgo è quella che faccio sempre a chi scrive e che può avere anche una sfumatura esistenziale: perché? Da dove nasce il desiderio di scrivere? E quando?

“Ho iniziato a scrivere questo libro (Diphylleia ndr) a diciassette anni. Ora ne ho ventitré. L’ho scritto soprattutto perché ero molto chiuso, avevo difficoltà ad ‘uscire dall’armadio’. Scrivere era l’unico modo che avevo di esprimermi. In più ciò che avevo intorno non era bello. Ho pensato che forse anche per altri era così, ed ho pensato di scriverne.

Diphylleia racconta la storia di Alyana, una ragazza che si risveglia in una stanza d’ospedale, senza memoria. Deve lottare per ricostruire la sua identità, mi viene spontaneo chiedere se Elia, non riveda un po’ sé stesso in lei.

“Sì riflette appieno quella che può essere la vita di un ragazzo trans. In Alyana rivedo una parte di me. Quella che deve ricostruire la sua vita e ricominciare rispetto al passato. A differenza sua però io non posso cancellare tutto ciò che sono stato.”

Intorno ad Alyana ruotano vari personaggi, la nonna, che sa come la ragazza ha perso i suoi ricordi, ma non ha il coraggio di raccontarle nulla, e Ben, un infermiere che si innamora della ragazza mentre lei è ancora in coma. Il suo è un personaggio che colpisce, perciò gli chiedo: “A chi ti sei ispirato per il personaggio di Ben? Cosa volevi raccontare?”

Con Ben volevo rappresentare l’amore. Semplicemente l’amore, sincero, incondizionato, anche se non ricambiato. Ognuno dei personaggi rappresenta un pezzo di me, non ce n’è uno che mi rappresenta in maniera completa. In Ben rivedo me, ragazzo trans, che magari ho difficoltà a farmi accettare o a far innamorare di me una ragazza. Così anche Ben, non può fare innamorare Alyana, ma il suo amore è vero e sincero.

Un racconto che lascia di sasso, con estrema semplicità Elia racconta una realtà che può spiazzare chi non la conosce. Rimango stupito dalla forza e dalla profonda umanità di questo ragazzo, di qualche anno più giovane di me. La domanda successiva sembra quasi superflua, ma gliela faccio comunque: “Quanto di ciò che scrivi viene dal tuo vissuto?”

Tutto ciò che scrivo l’ho vissuto in qualche modo. Non so scrivere di cose che non esistono. Ogni racconto viene da qualcosa che mi ha toccato.”

Nel libro, così come nel racconto beve Il distruttore di felicità, troviamo anche il tema della violenza omofoba. Gli chiedo se anche quella parte è biografica.

Ho sempre subito omofobia e transfobia senza denunciare. Di recente ho pubblicato su Instagram una vecchia foto di una scritta sulla mia macchina ‘trans di merda sei morto’. Allora non ho denunciato, ero troppo spaventato. Scriverlo nei libri mi ha aiutato a farlo uscire da me e mi ha fatto trovare il coraggio di pubblicare quelle foto e di capire che bisogna denunciare sempre, non solo sui libri come ho fatto finora.

Scrivere quindi ti ha dato coraggio.” considero con lui, ed Elia me lo conferma.

“Sì, se ripenso a com’ero quando ho iniziato a scrivere e a come sono oggi, capisco di aver preso molto coraggio. Tutto questo lo devo alla scrittura.

Il coraggio di Elia non passa solo per le pagine del suo libro, ma attraverso tutto il suo progetto personale contro l’omofobia e la transfobia, che lo vede attivo sui social, specialmente Instagram, dove offre sostegno e conforto a chi subisce situazioni di rifiuto e di violenza.

Non posso fare a meno di chiedergli: “Cosa serve per distruggere l’omofobia?”

“Secondo me c’è bisogno di informazione su questi argomenti. C’è troppa disinformazione e ignoranza sul mondo trans, perciò l’informazione è un elemento chiave. Un altro elemento basilare, che infatti ho messo nel sottotitolo del libro, è l’amore. C’è bisogno d’amore per combattere l’omofobia. E’ troppo facile gettare odio su odio. Informazione e amore. Non credo serva altro.

Parole semplici eppure forti, che parlano ad ognuno di noi. Gli chiedo dei suoi progetti futuri e la mia curiosità viene più che saziata: Elia ha appena cominciato.

Sto lavorando ad un nuovo romanzo, oltre a curare già da adesso un marchio di magliette, il cui scopo è sensibilizzare le persone e far capire che chi è gay o è trans non è un alieno. In più sono molto attivo sui social, specialmente Instagram, dove sono a disposizione di chiunque abbia bisogno di un consiglio o di parlare della sua situazione.

Insomma Diphylleia è più di un libro, è un progetto organico contro l’omofobia e la transfobia, che si spera aiuti molte persone a vivere più serenamente la loro identità. A sbocciare, come il fiore da cui prende il titolo.