Filosofa e docente statunitense, Donna Haraway è la madre del cyberfemminismo, approccio femminista che studia il rapporto fra scienza e identità di genere: un movimento che si colloca nel femminismo della terza ondata e post-strutturalista. L’approccio che si prepone di descrivere e sottolineare l’emarginazione della donna in ambiti riguardanti la tecnologia rivendicandone la centralità.
Donna Haraway, la cultura occidentale imperniata sui dualismi
Gli studi di Donna Haraway si fondano, principalmente, sull’impatto che tecnologia e scienza hanno sulla vita degli esseri umani. Da qui, Donna Haraway, riflette su una caratterizzazione della cultura occidentale che, da sempre, si basa su una struttura binaria che ruota attorno a coppie di elementi. Questo dualismo di fondo crea categorie come corpo/mente, naturale/artificiale, ma si riflette anche sulla dicotomia uomo/donna. Tuttavia, sottolinea Haraway, si tratta di una forma di dualismo non egualitario ma che determina delle asimmetrie interne basate sul predominio di un elemento sull’altro. Da questa forma di dualismo asimmetrico nascono quelle realtà dominanti che, nella tradizione occidentale, hanno da sempre attuati forme di prevaricazione verso categorie più deboli: gli animali, i lavoratori, le donne, la gente di colore.
Haraway, a tal proposito, introduce figura del cyborg che in questo caso non possiede una funzione che rimanda a una invenzione fantascientifica, ma diventa una vera e propria metafora dell’esistenza e della condizione umana. Il cyborg è un ibrido perché, al contempo, possiede caratteristiche dell’uomo e della macchina; appartiene sì alla realtà sociale ma anche alla finzione. Una creatura fluttuante, sospesa, e divisa in due.
Teoria cyborg e tecnologia
La teoria cyborg postulata da Haraway sostiene che la presunta naturalità di ogni uomo sia una mera finzione imposta dalla cultura dominante, in quanto chiunque essere umano appartiene in qualche modo all’universo cyborg. La tecnologia, ormai onnipresente nella vita di ognuno, si spinge anche a influenzare la concezione del corpo prima visto come tempio intoccabile e, adesso, come area di sperimentazione. Ma se anche il corpo può subire trasformazioni ne consegue un’invalidazione automatica del pensiero occidentale il quale, invece, si concentra sul dualismo e le contrapposizioni. Secondo queste ipotesi, quindi, non si può più pensare all’uomo solo in termini biologici. Nel saggio Manifesto cyborg. Donne, tecnologie e biopolitiche del corpo (1985) Donna Haraway afferma:
“La tecnologia non è neutrale. Siamo dentro ciò che facciamo ed è dentro di noi. Viviamo in un mondo di connessioni – e importa quali vengono create e non realizzate. “
Haraway pone un’aspra critica alle posizioni del femminismo tradizionale e si concentra, più che sulla differenze, sulle affinità. Il cyborg è la figura simbolo che supera e mette in crisi i limiti del pensiero occidentale basato sui dualismi. A tal proposito, il Manifesto cyborg è considerato influente nello sviluppo della teoria femminista post-umanista.
Donna Haraway, una nuova prospettiva rivoluzionaria e di riscatto
Il cyborg sancisce una nuova prospettiva volta alla concezione del superamento del genere. Se la razionalità occidentale ha basato il suo pensiero sulle realtà dicotomiche legandosi, indissolubilmente, a pratiche di dominio, il cyborg diventa il prodotto diretto delle nuove tecnologie e dell’effetto che quest’ultime riflettono sulla ridefinizione dell’identità umana.
Haraway designa il cyborg come un costrutto femminista in quanto fautore di nuove possibilità; la tecnologia e le sue potenzialità, secondo la filosofa statunitense, sono la chiave del cambiamento per la donna. Il cyborg è, quindi, una creatura non condizionata dalla riproduzione sessuale biologica; è proprio questo senso di non appartenenza che pone questa creatura come capace di nuove forme di comunicazione. Questa visione lungimirante di Donna Haraway riscopre nella teoria cyborg quella possibilità di stravolgere e mutare il concetto di genere; teorizzazione che può estendersi anche ai concetti di classe o razza. Una ideologia necessaria e impellente poiché apre nuovi percorsi da percorrere e nuove possibilità di riscatto anche, e sopratutto, per le minoranze.
Stella Grillo
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