Il nostro è il primo Paese in Europa per cittadini ucraini. L’80% è composto da donne. Giovani, anziane, per lo più tra i 15 e i 64 anni. Una realtà stabile sul territorio e con un alto tasso di occupazione. Donne che apprezzano il Paese che le ospita, ma che non dimenticano da dove provengono. Il dramma delle donne ucraine in Italia si gioca tutto qui. Con una guerra in casa propria e una pace in casa d’altri.

La comunità più grande d’Italia

Con 236mila persone presenti, di cui il 77,6% donne, il nostro Paese è il primo in Europa per numero di cittadini ucraini. A livello regionale, chi ne ospita di più è la Lombardia, ma si tratta di una realtà radicata su tutto il territorio italiano. La maggior parte dei cittadini, circa l’80%, ha un’età compresa tra i 15 e i 64, mentre la percentuale di bambini è dell’8% e quella degli anziani dell’11,6%. Di costoro, il 78% ha un permesso di soggiorno di lungo periodo, tale da permettere inclusione tra gli italiani, sinergia con il territorio ospite e aumento del tasso di occupazione. Nonostante solo il 12% dei permessi sia prettamente lavorativo (la maggior parte infatti è dovuta dal ricongiungimento con la famiglia), il numero di lavoratori è alto.

Lavoro e cura: il binomio occupazionale delle donne ucraine in Italia

Il tasso di occupazione delle donne ucraine è superiore sia a quello delle italiane che delle altre straniere. Lavorano infatti 66 donne ucraine su 100. Tasso invece decisamente inferiore per gli uomini. Moltissime le donne occupate in lavori domestici o assistenziali. È un binomio che si ripete, perfetto per chi cerca lavoro e chi lo dà. Sono molte le storie di donne ucraine che da colf o badanti sono diventate veri e propri membri della famiglia, creando un solido legame umano con i propri datori. Maria Grazia Filippi, intervistata da Rai News, ha raccontato:

“Con Marina ci siamo trovate subito molto bene e abbiamo passato molto tempo insieme. Mio padre -ci racconta sorridendo- si è fatto insegnare molte parole della lingua ucraina e, da appassionato di musica, si è fatto raccontare da Marina le opere liriche originali del suo Paese. È nata un’amicizia”.

Donne che amano, che soffrono, che ridono con coloro dei quali si prendono cura. Facendo lo stesso anche con chi è lontano. Con la famiglia rimasta nel proprio Paese. A loro è rivolto in questi giorni il cuore e la paura delle donne ucraine in Italia. Per questo Lorenzo Gasparrini, segretario generale di Domina, l’associazione nazionale famiglie datori di lavoro domestico ha chiesto di fare un piccolo, grande gesto: mettere a disposizione delle lavoratrici wi-fi, telefoni e mezzi di comunicazione per aiutarle a contattare le famiglie.

Temono di essere mandate al fronte

Per la legge ucraina queste donne possono essere chiamate a combattere fino a 60 anni. Ciò porterebbe a ripercussioni da non sottovalutare sui nostri sistemi assistenziali e di welfare. Anche il nostro Paese subirebbe qualche colpo di rimbalzo, ma il vero dramma è il loro, spaventate da quello che la guerra possa fare, in primis a chi si trova in prima linea. C’è chi teme per il proprio figlio, chi per il nipote, chi per i genitori. Ogni donna porta nel cuore il nome di qualcuno per cui pregare la sera, per cui piangere in silenzio, per cui sperare. In confronto alla guerra, i piccoli drammi quotidiani delle famiglie da assistere sembrano poca cosa.

Una rabbia straziante si respira a Trieste, nella manifestazione in Largo Bandiera, con l’inno ucraino cantato tra le lacrime. C’è determinazione nelle bandiere gialle e blu cucite a Foligno. C’è tutta la voglia di resistere anche a distanza per non cedere la libertà per cui si sta duramente combattendo.

Sara Rossi