Duende: nel nuovo appuntamento della rubrica Parole dal Mondo, un concetto che implica magia; quella che si sprigiona a contatto con un qualsiasi tipo di arte.
Duende: arte, passione, magia
Un concetto astratto ed intraducibile che, spesso, si identifica con una forza profonda e misteriosa sprigionata a contatto con qualsivoglia forma d’arte. La musica, i dipinti, la danza, tutto può provocare il Duende. Gli spagnoli chiamano Duende un qualcosa di misterioso, che fa trepidare. Uno stato di intensa emozione, talmente potente da perdere i sensi. Etimologicamente, il vocabolo, deriva dall’apocope dell’espressione dueño de una casa (duen de casa: duende) ovvero, padrone di casa. Molte storie tramandate, in seguito, individuarono questo ”padrone” in un folletto, altre in un anziano signore, altre ancora in un’entità impalpabile.
Tuttavia, non è un qualcosa di immortale: la sua parvenza è organica, ha sede nei fluidi dell’individuo, nelle sue viscere e nel suo sangue, per poi perire con esso. Una forza che fa bollire il sangue dal sacro fuoco dell’arte: il sangue e la passione, diventano fondamentali per la produzione di qualsiasi forma artistica. Questo modo di intendere la forza imponente è, soprattutto, riferita al flamenco o al canto: comunque, a tutte quelle arti che richiedono una movenza drammaturgica corporea. D’altronde, tale spinta artistica dimora nel corpo, ed attraverso il corpo si manifesta.
”Gioco e Teoria del duende”: la potenza misteriosa spiegata da Federico Garcìa Lorca
Lo scrittore Federico Garcìa Lorca cercò di definire la concezione descritta dal termine qui in analisi. Uno spirito ruggente che gorgoglia nel sangue, posseduto specialmente dagli artisti, seppur, non da tutti. Una forza misteriosa che si percepisce, ma è inspiegabile.
”Il duende non sta nella gola; il duende monta dentro, dalla pianta dei piedi. Vale a dire, non è questione di capacità ma di autentico stile vivo; vale a dire, di sangue; di antichissima cultura, e, al contempo, di creazione in atto.”
Lo scrittore parla di un fluido, una possanza, un qualcosa che parte da dentro come un demone che si impossessa del corpo dell’artista. Un’analogia evidente con il noto dáimon greco, a metà strada tra ciò che è divino e ciò che è umano. Una disposizione con cui si nasce, non si acquisisce, né si impara.