Ok, non sarà stato proprio Jean Paul Gautier a inventare l’abbigliamento genderless, ma suonava bene, e comunque ci si avvicina. Ecco Et Dieu Créa l’Homme, la collezione del 1985 che fu tra le prime a celebrare la moda al di là del binarismo.
Innanzitutto, che vuol dire abbigliamento genderless? Capi realizzati per chiunque, a prescindere dalla propria preferenza di genere. Non esiste il maschile o il femminile, esiste sono il corpo umano. La valorizzazione dell’essere umano nella sua totalità è già anticipata dal titolo della collezione, Et Dieu Créa l’Homme, ovvero E Dio creò l’Uomo. Ci troviamo alla sua sfilata del 1985, che presenta la collezione Primavera/Estate. I capi che compaiono in passerella hanno qualcosa di insolito, di rivoluzionario per gli anni ’80. Ora è il 2022 eppure alcuni ancora si scandalizzano per un uomo vestito di rosa, o con la gonna, figuratevi al tempo che impatto che deve aver avuto.
Chiunque può indossare ogni pezzo della nuova collezione di Jean Paul Gautier senza dover fare una selezione basata sul proprio genere. Tutto è di tutti, sia ben chiaro. I modelli fluidi, eleganti, adattabili a persone differenti. Dio ha creato l’uomo e questo ha creato la moda, non è la moda che fa l’uomo. Il messaggio di Gautier è chiaro e profetico: le regole le facciamo noi. Profetico nel senso che la voglia di non porsi limiti di categorizzazione è cosa del nostro secolo, in particolare dell’ultimo decennio, ma Gautier ci era già arrivato quaranta anni fa. Audace com’è sempre stato, anche in questa collezione sperimenta e gioca con stili differenti: capi oversize che si alternano a minigonne, camicie in contrapposizione a stampe eccentriche e volant, con l’unico comunque denominatore: i modelli in passerella sfilano indossando qualsiasi cosa, a prescindere dal genere.
Gautier aveva già smosso le acque con L’Homme Objet (Toy Boy) due anni prima, nel 1983. In questa collezione si concentrava principalmente sulla figura dell’uomo e di come egli viene costantemente immerso nel concetto tradizionale di mascolinità, che Gautier ribalta senza pensarci troppo. La figura del giovane marinaio, una delle sue icone da sempre, viene esplorata nella sua carica più omoerotica, sconvolgendo tutti, chi nel bene chi nel male. Stessa cosa avviene, poi, per la sfilata del 1985, che produce lo stesso effetto di shock tra gli spettatori e la critica.
A volte non si sa manco se indignarsi per qualcosa o gridare al genio, si resta, neutralmente, senza parole. L’importante è stupire, l’importante è provocare, per cercare di tirar fuori, in seguito, un messaggio dalla provocazione. Entusiasti furono quelli del New York Times, che descrissero il fashion show come “La cosa più importante che sia accaduta nella moda negli ultimi 20 anni”. E probabilmente avevano ragione. Era l’inizio di una nuova epoca, e qualcuno già se ne stava rendendo conto. Grazie a Gautier e al suo modo, fresco e imprevedibile, di prendere per mano il mondo della moda e accompagnarlo in un dedalo di novità, l’industria ha cominciato a riflettere su come poter essere più inclusiva. Ora, dopo quarant’anni, forse stiamo andando lentini, ma meglio procedere a piccoli passi che restare bloccati.
Non ci sono più i ruoli di una volta, non ci sono proprio più ruoli. Perlomeno, non prestabiliti. Se è vero che come abbiamo detto, l’Uomo ha creato la Moda, ora lasciamo che la moda, come una figlia che ormai è cresciuta e parla per sé, ci insegni qualcosa.
Serena Baiocco
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