Non “proteggi tua figlia”, quanto “educa tuo figlio”. Il messaggio di questo articolo è tutto qui, riassunto in una sola, semplicissima frase. Tanto semplice che l’educazione sessuale nelle scuole è una grande assente. Eppure sarebbe necessaria. Per conoscere il proprio corpo e quello con cui ci si rapporta, per approcciarsi nel modo corretto a un mondo delicato nel quale è facile perdersi e per combattere la violenza di genere.

L’Italia e l’educazione sessuale

Inutile girarci intorno: viviamo in un Paese in cui religione e politica incidono e hanno inciso sul rapporto con la sessualità. A farne le spese è anche l’educazione sessuale. Emblematico il caso del preside di un liceo classico di Roma che vietò un corso sull’aborto convinto che potesse istigare alla pratica. Insomma, il rapporto dell’Italia con il tema non è dei migliori. E lo dimostra il fatto che ad oggi non esista alcuna legge a riguardo. Eppure nel 2018 l’agenzia delle Nazioni Unite, nell’International technical guidance on sexuality education, ne sottolineava l’importanza, chiedendo alle autorità scolastiche e sanitarie dei Paesi membri di stilare programmi di educazione sessuale nelle scuole. Non solo per mettere in guardia dalle malattie sessualmente trasmissibili, ma anche per crescere adolescenti, e quindi futuri adulti, consapevoli e rispettosi. Per lo stesso motivo figura nell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile.

Non ci si preoccupi: il nostro Paese è il buona compagnia. Tra coloro che non hanno inserito l’educazione sessuale nei programmi scolastici ci sono: Bulgaria, Cipro, Lituania, Polonia e Romania. Nei Paesi in cui è stato fatto, invece, i dati ne hanno dimostrato l’efficacia. In Germania il 92% degli adolescenti nel 2010 ha dichiarato di aver usato un contraccettivo durante il primo rapporto, contro l’80% delle ragazze e il 71% dei ragazzi nel 1980. In Estonia si è registrato un calo delle infezioni sessualmente trasmissibili tra i giovani dai 15 ai 24 anni.

Educare al sesso per limitare la violenza

Essere consapevoli però non significa solo sapersi proteggere ma anche rispettare. Sé stessi, imparando a conoscere i meccanismi che regolano il proprio corpo, e gli altri. Scoprendo insieme concetti importantissimi come quello di consenso e di uguaglianza, nei rapporti sentimentali e non. Oltre al valore della comunicazione come forma non violenta di risoluzione dei conflitti. Non c’è qualcosa di sbagliato o di scabroso nel lasciare che i bambini conoscano, anche se si tratta di qualcosa legato all’ancora taciuto mondo della sessualità. Forse, invece, è sbagliato lasciare che crescano ignorando.

E che lo imparino dopo, e a modo loro. Dai compagni di classe, che non sono meno confusi. O dai film porno, dove spesso e volentieri si sorvola sul consenso come sulle scene non funzionali al piacere dello spettatore. L’educazione sessuale colma proprio questa lacuna, insistendo sui diritti sessuali degli individui e sulla decostruzione degli stereotipi di genere. E quindi anche della gerarchia uomo-donna che, scorretta e banalizzante, è all’origine della violenza. Che esista un percorso tale anche in Italia, e che sia completo e trasparente, è un dovere civico e morale, ma prima ancora un diritto. Che non è mai troppo presto per rispettare.

Sara Rossi